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A picco il clan dei Madonia nel Nisseno

Di Laura Galesi il . Dai territori, Sicilia

Dal regime di 41 bis il boss  mafioso Giuseppe, in arte, “Piddu”
Madonia continuava a gestire gli affari illeciti, attraverso la sorella
e la moglie. Estorsioni imposte alle imprese di una vasta zona della
Sicilia e affari illegali sono al centro dell’indagine che ha portato
i carabinieri del reparto operativo di Caltanissetta e del raggruppamento
operativo speciale ad eseguire 24 ordini di custodia cautelare. Mentre
non c’è ancora conferma se tra gli indagati risulta anche il presidente
della Provincia di Caltanissetta, Giuseppe Federico del MpA eletto con
9361 voti di preferenza all’ARS e con il 63,50 per cento di voti
alla presidenza della provincia di Caltanissetta, presumibilmente indagato
per voto di scambio. Ancora caute le affermazioni degli esponenti del
PD. “E’ poco opportuno rilasciare dichiarazioni su questo evento-dice
Giuseppe Licata consigliere provinciale del PD- non c’è avviso di
garanzia a carico del presidente Federico che fino ad ora è stata una
figura di spicco della nostra politica. Questi fatti però si ripercuotono
negativamente sulla politica siciliana”. Dalle intercettazioni sarebbe
emerso che i mafiosi facevano campagna elettorale per l’attuale presidente
nelle elezioni regionali del 2006. Il clan, che fa capo a “Cosa Nostra”,
retto da Carmelo Barbieri, arrestato nell’operazione “Atlantide-Mercurio”,
gestiva il patrimonio familiare accumulato illecitamente attraverso
il reinvestimento in due società di Gela e Niscemi che operavano nel
settore delle scommesse sportive, su cui puntava il clan per riciclare
denaro sporco. Il gip, Andrea Fiore, ha ordinato il sequestro preventivo
di un’azienda di calcestruzzi per un valore complessivo di 4 milioni
di euro, il giudice ha invece rigettato la richiesta di sequestro di
un’azienda di Ravenna coinvolta nell’indagine. “Sono soddisfatto-dice
il sindaco di Niscemi Giovanni Di Martino- per l’operazione congiunta
di carabinieri e magistrati. Non si possono fare condanne preventive
alle istituzioni ma è certo che nel suo complesso la politica siciliana
deve porre al centro la questione morale. Dobbiamo impegnarci perché
si diffonda in maniera forte nelle coscienze dei cittadini e degli operatori
economici la cultura dell’antimafia. L’amministrazione che rappresento
in questo senso ha fatto passi importanti. Da subito posso affermare
che, in questo caso e in tutti quelli che riguardano i processi di mafia
a Niscemi ci costituiremo parte civile nel processo. Inoltre, abbiamo
di recente approvato uno schema di regolamento per incentivare la denuncia
contro il pizzo e le estorsioni. ”. Le norme varate di recente dall’amministrazione
comunale di Niscemi sono rivolte alla costituzione di un’associazione
antiracket insieme a tutti gli operatori economici anche attraverso
l’esenzione dei tributi locali in favore di tutte le aziende che decidono
di denunciare. Punizioni più dure a Niscemi per coloro i quali risultano
conniventi, fino alla revoca delle concessioni comunali e applicare
il protocollo di legalità sugli appalti in maniera preventiva. “In
caso di appalti pubblici-continua il sindaco- le società concorrenti
dovranno esibire, prima della gara pubblica, la certificazione antimafia.
Abbiamo deciso di lavorare su due livelli: da un lato le iniziative
di sensibilizzazione con azioni atte a coinvolgere la città e dall’altra
le azioni amministrative perché la politica deve, oggi più di prima,
fare i conti con la questione morale”. Dura la presa di posizione
del PRC regionale. “Qualora-dice Mimmo Casentino del PRC- le accuse
rivolte alle istituzioni trovino attendibilità il nostro partito, a
livello regionale, chiederà le immediate dimissioni dei politici coinvolti”.

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