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Nuovi schiavi nelle campagne delle ‘ndrine
A Rosarno nel purgatorio dei migranti

Di Alessio Magro il . Calabria, Dai territori

C’è la crisi anche
per i migranti di Rosarno. Due anni fa guadagnavano fino a 25 euro per
10 ore di lavoro sui campi. Adesso la paga scende, lo sfruttamento è
più intenso. Sempre più spesso i kapò stranieri e i furbi del paese
non mettono le mani in tasca e risparmiano anche quella miseria. Un
buco nero al confine della provincia di Reggio Calabria, diritti negati
e schiavitù. Come ad Eboli, Castel Volturno e Pachino, come nella Puglia
dei pomodori e delle inchieste dell’Espresso. 

Nulla o quasi sembra
sia cambiato dal dicembre del 2006, due anni fa, quando per la prima
volta sul caso della Cartiera di Rosarno si sono accesi i riflettori
della stampa nazionale e internazionale (il manifesto, The Guardian),
le sono arrivate le inchieste (TerreLibere.it). Come ogni inverno arriva
l’esercito delle arance, tre mesi a spaccarsi la schiena, per poi
andare alla catena nelle altre campagne del Sud Italia, o magari in
cerca di fortuna nelle grandi città. 

In 6-700 si ammassano
nell’ex fabbrica abbandonata. L’amministrazione comunale ha fatto
installare gli infissi, prima di cadere per infiltrazioni mafiose. Ma
i migranti dormono ancora nelle tende di cartone, senza luce e con l’acqua
nel cortile. Si accendono i fuochi tra i pilastri, il fumo intossica
e le lastre di amianto restano lì a due passi. Lavorano come bestie
e s’ammalano. E addirittura adesso arrivano i colpi di pistola, che
due fantasmi dal volto nero si sono beccati da un’auto in corsa, qualche
giorno fa. 

C’è la ‘ndrangheta
a gestire il lavoro nelle campagne. C’è la ‘ndrangheta dietro il
traffico di esseri umani. Ci sono tutte le mafie. A chi vuol vedere,
non sfuggono i legami tra le tante inchieste nelle procure del Sud che
hanno colpito le cellule criminali straniere della tratta. I migranti
arrivano a Lampedusa, passano da Crotone, finiscono nel purgatorio delle
campagne, poi li aspetta l’inferno o il paradiso dell’Italia “civile”
e urbana. Destini comuni e non casuali per le donne che si vendono in
strada e gli uomini che s’ammazzano sulla terra. Assolutamente non
casuali. Perché dove si raccolgono i pomodori o le arance la legge
Bossi-Fini non vale, non conviene.  

Basta una passeggiata
per raccogliere qualche indizio, tre-cinque-dieci conferme, ma sono
voci di paese e non contano. Forse. Perché chi ci ha parlato con quei
fantasmi ha scoperto che qualcuno di loro – tanti – i documenti
li avevano, salvo “perderli” in qualche studio legale campano o
pugliese o siciliano o calabrese che offre consulenza gratuita ai richiedenti
asilo. E poi le storie sono simili, un viaggio della speranza e poi
un posto dove andare, un numero da chiamare, un indirizzo da cercare. 
Ci sono anche strane storie su qualche politico locale con la passione
per la pelle nera, in una zona che conta tre amministrazioni commissariate
per ‘ndrangheta in 15 chilometri. 

Qualcosa però si muove,
ed è l’unica speranza. I volontari di Medici senza frontiere sono
riusciti a far funzionare un presidio permanente. Sostegno materiale,
assistenza medica, beni di prima necessità. Una presenza concreta che
si aggiunge agli sforzi della Caritas e al pasto caldo offerto ogni
giorno a chi non ha nulla. Una presenza italiana diversa dalle camionette
della polizia, fino a poco tempo fa l’unico volto del Paese conosciuto
ai campesinos della Piana di Gioia Tauro. 

Qualcosa si era fatto,
ma sempre dal basso. I ragazzi dei circoli politici si sinistra, quelli
del centro sociale di Reggio, l’amministrazione illuminata dell’ex
sindaco Peppino Lavorato. E ancora le visite dei parlamentari di Rifondazione
comunista e poco altro. Anche l’ultima giunta, guidata da Carlo Martelli,
si è spesa tirando fuori ventimila euro. Pochini: ce ne vogliono 200mila
per rimettere in piedi l’ex Cartiera, fare scorrere l’acqua e accendere
le luci, dare un tetto e una branda a chi manda avanti l’industria
degli agrumi dell’intera provincia. Sarebbe stato un segnale positivo
nella Calabria della ‘ndrangheta e degli omicidi, della droga e degli
scandali. Forse molto più forte della campagna promozionale che la
giunta regionale targata Loiero ha promosso qualche anno fa: sei milioni
di euro per le solite foto di Oliviero Toscani. E invece la Calabria
finisce ancora e ancora sui giornali con il sangue nei titoli. 

Loro sono sempre là,
schierati all’alba sulla via Nazionale per strappare una giornata
di ultrafatica e non tornare sotto i cartoni a mani vuote. Stanno là,
nel paese senza marciapiedi, tra la gente che ha dimenticato chi è
partito con valigie di cartone e non vede chi parte con la laurea in
tasca, chissà per dove e per fare cosa. I migranti sono là e questa
volta si sono ribellati, hanno alzato la voce, finalmente. “Non lasciamoli
soli” dice Peppino Lavorato. Ora tocca a noi.

VAI AL REPORTAGE DEL
MANIFESTO (dicembre 2006)

http://www.meltingpot.org/articolo9417.html 

VAI AL REPORTAGE DEL
GUARDIAN (dicembre 2006

http://www.terrelibere.org/terrediconfine/rosarno-una-mappa-dei-drammi-del-mondo

VAI AL REPORTAGE DI
REPUBBLICA (dicembre 2008)

http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/cronaca/ndrangheta-arresto/rosarno-immigrati-3/rosarno-immigrati-3.html

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