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Peppino Impastato, un’idea della politica

Di Pino Finocchiaro il . Dai territori, Sicilia

Prima di essere ucciso, trent’anni fa, Peppino Impastato tracciò un’idea della politica libera, pulita, affrancata dai poteri forti e dalle insidie sanguinarie delle mafie d’ogni tipo. Quell’idea era destinata ad ottenere un piccolo ma convinto consenso tra gli elettori del comune mafioso di Cinisi, che lo avrebbero eletto consigliere comunale. Nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, mentre a Roma si allestiva l’assassinio politico di Aldo Moro, e a Cinisi la campagna elettorale ferveva, i mafiosi al servizio del sistema politico locale decisero che Peppino impastato in quell’aula consiliare non sarebbe entrato mai.

In quell’aula avrebbe portato le denunce lanciate da Radio Aut contro la finta opposizione di certi comunisti. Le ansie dei contadini privati dei campi per ampliare l’area dell’aeroporto di Punta Raisi. Le violazioni urbanistiche. Insomma, avrebbe lottato contro le “mani sulla città”. Avrebbe indicato nomi e cognomi di chi allungava quelle mani rubando futuro, prospettive, libertà ai giovani siciliani.

Spiega una nota del centro di documentazione Peppino Impastato, dalla quale traspare la penna di quell’intellettuale raffinato ed incazzato che è Umberto Santino: “Peppino ha attraversato il suo percorso politico in quelle formazioni della ‘sinistra rivoluzionaria’ nate prima e dopo la contestazione del ’68. Dai gruppi marxisti-leninisti alla campagna elettorale per il Manifesto, a Lotta continua, alla candidatura alle elezioni comunali come Democrazia Proletaria”.

Insomma, Peppino Impastato nella “sua scelta del comunismo rifuggiva dalle dittature burocratiche del socialismo reale e si fondava sull’eguaglianza, il soddisfacimento collettivo dei bisogni, la partecipazione dal basso”.

Da qui “la polemica con il Pci nella stagione del compromesso storico, l’impegno a fianco dei contadini espropriati per l’ampliamento dell’aeroporto, degli edili disoccupati, con l’obiettivo di coniugare lotte sociali e impegno culturale e politico fuori e all’interno delle istituzioni”.

Insomma, al di là dell’iconografia mediatica il politico Peppino Impastato non solo non è meno rilevante del giornalista Peppino Impastato ma ne è in qualche modo diretta conseguenza.

Diceva Enzo Biagi, “Denunciare è del giornalismo… proporre soluzioni è già politica”.

Peppino era stufo di denunciare. Voleva sedere in consiglio, essere la voce degli operai sfruttati, dei contadini defraudati, dei giovani affamati di futuro e opportunità rubate dal consociativismo e dalle collusioni tra poteri indicibili. Ma che Peppino chiamava per nome e cognome.

Quella notte tra l’8 e il 9 maggio di trent’anni fa Peppino fu intercettato dai “bravi” del sistema lungo quei cento passi che dividevano la sua scelta di legalità dalle origini mafiose della propria famiglia. I servi della borghesia mafiosa inscenarono il suicidio tecnico di un terrorista. Chi lo conosceva rigettò con sdegno l’ultima calunnia.

La campagna elettorale era ancora in corso. La rivolta delle coscienze avviata con l’esempio di una vita fu raccolta come una sfida da quei cittadini che indicarono ugualmente il nome Impastato sulla scheda elettorale. Nel segreto dell’urna Peppino Impastato, la sua idea di politica al servizio degli ultimi, degli invisibili, aveva trionfato.

Le idee di Peppino in questi trent’anni hanno fatto un lungo cammino. Si son mosse sulle gambe della madre Felicia Bartolotta che ha denunciato il sistema mafioso sino all’ultimo respiro. Si son mosse sulle gambe di Giovanni, il fratello strattonato lungo quei cento passi descritti nel film che ha rivelato al mondo la storia degli Impastato. Si son mosse con la meticolosa opera storiografica ed epistemologica di Umberto Santino che è il più profondo conoscitore dell’opera giornalistica e dell’impegno politico di Peppino Impastato.

Son passati trent’anni da quella notte, a Cinisi giungono da tutta Italia per celebrare il forum sociale dell’antimafia dedicato alla memoria di Felicia e Peppino Impastato.

Niente lacrime ragazzi. Solo politica. Buona politica. E non parole in libertà ma libertà di esprimere pensieri ben ponderati in tutta libertà.

Tanta strada c’è da fare. A Palermo è nata Addio Pizzo, vi hanno aderito quattrocento commercianti… su diecimila. La borghesia mafiosa è ancora preponderante. Ma un uomo può fare la differenza, nel giornalismo, come in politica. Un uomo.

www.pinofinocchiaro.it

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