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Una Mehari insanguinata

Di Stefano Fantino il . Campania, Dai territori

Sei giovane,
intraprendente, curioso. Vuoi fare il giornalista. Il giornalista vero,
quello che fa inchieste, che vuole cogliere la realtà. Hai interesse
per la società e sicuramente hai molto su cui indagare. Napoli e i
suoi dintorni a metà degli anni Ottanta sono delle miniere d’oro
in questo senso. Sì, perché la NCO ha mostrato la corda e la Camorra
vincente, eliminato il nemico comune, è ora allo sbando. I vincitori
una volta si chiamavano Nuova Famiglia, una federazione anti Cutolo,
e ora vedono riesplodere guerre intestine per il controllo del territorio.
Droga, ma anche mercati di carne, pesce, fiori. Della mafia siciliana
molti sono diventati affiliati effettivi, mutuandone codici, capacità
imprenditoriali ed efferatezza. Torre Annunziata, fuori Napoli. È la
tua zona. Il tuo giornale, “Il Mattino” di Napoli. Non sei propriamente
un giornalista, sei un pubblicista abusivo che fa il corrispondente.
Ma lo fai bene. I tuoi lettori leggono, grazie a te, del boss oplontino
Valentino Gionta, delle guerre interne, del reinvestimento dei capitali,
della vita dura nei giorni delle stragi. Ma non solo, anche delle piaghe
sociali della droga, dell’utilizzo di bambini per i traffici, dei
problemi di Napoli e del suo hinterland. Le sostituzioni estive al giornale,
quel sapore di redazione, ti fanno sentire che l’assunzione è vicina.

Ma la tua condanna a morte è già stata emessa. Catturato Gionta, hai
adombrato la possibilità di delazione da parte dei Nuvoletta, per farlo
catturare e sbarazzarsi di un alleato scomodo nel bel mezzo di una guerra
di camorra.

Nella biblioteca
di Palazzo San Macuto, martedì 25 settembre è avvenuta la rievocazione
del lavoro professionale di Giancarlo Siani, a ventidue anni dalla morte.
La memoria di un giornalista ”precario e poliedrico” come ha detto
il giornalista Roberto Morrione, inaugurando la presentazione di 
“Le parole di una vita – Gli scritti giornalistici”, edito da
Phoebus. Due volumi che racchiudono tutta la vita professionale di Siani,
curato da Raffaele Giglio e Francesco Barbagallo. L’attualità delle
inchieste è fortissima, come la capacità di leggere i fenomeni sociali
in contesti difficili come la Campania di allora e di oggi. Alle spalle
del lavoro una grande concretezza, lo studio e il reperimento di fonti
essenziale per denunciare – come ha sottolineato Don Luigi Ciotti
– una denuncia da parte del giornalismo che al giorno d’oggi spesso
manca e di cui si sente un forte bisogno. La memoria di Siani, grazie
al sostegno dei familiari e della associazione che ne porta il nome,
come ha ricordato Orfeo, direttore de “Il Mattino”,  ha ora
la possibilità di rivivere anche sulle pagine da lui scritte. Un’occasione
per rivivere le sue inchieste ma soprattutto per interrogarsi sulla
professione di giornalista. Lo sottolinea anche Francesco Forgione, 
padrone di casa presso Palazzo San Macuto e giornalista. Il presidente
della Commissione Antimafia invoca proprio la necessità del “recupero
di una dimensione sociale e soprattutto di una capacità di analisi
viscerale dei problemi per un lavoro trasparente ed efficace”.

Alla fine
di settembre in Piazza Leonardo non fai nemmeno in tempo ad uscire dalla
tua Mehari. Il tuo capo riverso sul volante, in pieno Vomero, mentre
ritornavi a casa dopo il lavoro. A distanza di ventidue anni dalla tua
prematura fine riemerge la tua penna. Non si è mai spenta la luce della
sua memoria, per una morte tragica e spietata, ma ancora più necessario
è ricordarti per il tuo lavoro e il tuo contributo. E sicuramente per
la tua lucida attualità.
 
 

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