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Don Ciotti ai giovani: le mafie possono strappare fiori ma non impedire alla primavera di ritornare

Di Raffele Sardo il . Campania, Dai territori

“Voglio cominciare ringraziando due persone proprio  in queste ore così difficili, scomode,  in cui  c’è di scena l’ambiguità, la  diffidenza,  e c’è chi mette facili etichette. Io credo che questa comunità debba ringraziare dal profondo del suo cuore, Anna Carrino, (la moglie di Francesco Bidognetti – ndr) e “Mimì” Bidognetti, figlio di Umberto, che è stato ucciso perché “Mimì” ha trovato la forza, il coraggio di collaborare con la giustizia”.

Ha esordito così Don Luigi Ciotti, presidente di Libera,  ieri mattina a Castel Volturno, al Centro Fernandes della Caritas,  in occasione del secondo meeting dei giovani dell’arcidiocesi di Capua, a qualche chilometro dal luogo dov’è stato assassinato da un commando il padre del collaboratore di giustizia Domenico Bidognetti. Alcune centinaia i giovani che, arrivati di prima mattina a bordo di diversi autobus,  hanno ascoltato don Ciotti in un silenzio di tomba. Erano li anche per approfondire le tematiche della cittadinanza attiva e della legalità dopo un percorso educativo di alcuni mesi fatto con i sacerdoti della diocesi. E don Luigi non si è sottratto ad un compito impegnativo a poche ore da uno dei delitti che potrebbe essere solo l’inizio di un’offensiva del clan dei casalesi contro i pentiti e contro i magistrati che li perseguono.

Don Ciotti ha chiamato ripetutamente il collaboratore di giustizia col nomignolo di “Mimì”. Come a sottolineare una sua vicinanza affettiva e di condivisione delle scelte da lui fatte. “Mimì” ha avuto il coraggio di cambiare – ha proseguito don Ciotti – sapendo  preventivamente che quelle scelte non passano inosservate. Disturbano chi sceglie la violenza come forma  di vita. La storia ci insegna che quando in alcuni contesti, delle persone si sono messe in gioco per collaborare alla ricerca della verità e della giustizia, riconoscendo i propri errori, c’è stato sempre qualcuno che ha cercato di fermare tutto questo. Ed è quello che sta accadendo anche qui. Perciò dico a “Mimì” di continuare a collaborare. Il tentativo che gli altri fanno di arrestare le sue testimonianze, il suo contributo per cercare la verità, non venga meno”.

 E ha detto ai ragazzi presenti che seguivano il suo discorso con un’attenzione notevole: “Sentitelo anche vostro. Perché, senza mai negare le responsabilità che hanno certe persone che hanno commesso crimini e violenza, bisogna dargli fiducia quando cercano di cambiare strada e di voltare pagina. Allora  – ha continuato a dire ai giovani don Ciotti – dobbiamo essere vicini ad Anna Carrino e vicino a “Mimì”. Noi dobbiamo mandare un segnale chiaro di sostegno a chi, pur avendo sbagliato e toccato il fondo della propria vita, trova la forza di alzare la testa per guardare avanti. Si comincia da qui perché il cambiamento, ha bisogno del no. Le mafie uccidono negando la speranza e il futuro a tante persone.  Anche in questo nostro territorio bisogna “sporcarsele mani” per il bene comune.

La legalità è la  saldatura tra la nostra responsabilità, il nostro impegno, il nostro metterci in gioco e la giustizia. Che noi chiediamo che cominci dalla giustizia sociale – ha proseguito il presidente di Libera, mentre molti ragazzi annuivano alle sue parole  –  chiediamo allo Stato e alle istituzioni, alle amministrazioni, di fare la loro parte. Ma occorre che noi facciamo anche la nostra parte. E per trovare gli esempi da seguire, non dobbiamo andare lontano. Non dobbiamo scappare e cercare chissà dove la strada da tracciare. Perché ci sono uomini e donne in questa terra stupenda segnata che già l’hanno fatto. Alcuni hanno pagato con la vita. Le più belle parole le hanno  dette e scritte i sacerdoti di questa terra. Mi riferisco a quel documento di don Giuseppe Diana “Per amore del mio popolo”.

Un documento con una capacità di lettura che ci indica la strada che poi ci riporta al vangelo, a quel “fame e sete di giustizia”. Diceva alla “Chiesa di non rinunciare al suo ruolo profetico. Affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza,  nel segno della giustizia, della solidarietà dei valori etici e civili”. Ai preti, diceva: di  parlare chiaro nelle omelie e in tutte quelle occasioni cui si richiede la testimonianza coraggiosa”. Se tutte le nostre parrocchie – ha proseguito don Ciotti –    in tutte le nostre comunità, in tutte le nostre chiese, domani mattina tutti quelli che frequentano prendono coscienza e si mettono di più in gioco; uniscono le forze sul piano della prevenzione, dei percorsi educativi, di una catechesi che ci incarni  a quella terra si capovolgerebbero tante storie”. Infine, don Luigi Ciotti cita il giudice Rosario Livatino. 

“Quando viene ucciso in Sicilia il giudice Livatino, di cui si è aperto il processo di beatificazione, la mamma, cerca tra le sue cose nel comodino e trova un quaderno, dove c’è una frase: “Non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili”. Perciò dico a voi – ha concluso don Luigi – Anche quando c’è sfiducia, non abbattiamoci. Uniamo le forze. Voi siete giovani e so che quando trovate punti di riferimento seri concreti, credibili, la passione scatta. E ricordatevi che  possono strappare anche tutti i fiori, ma non possono impedire che la primavera ritorni. Ditelo alle mafie.”

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