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La questione sicurezza all’Ilva di Taranto

Di Alessia Miniaci il . Dai territori, Puglia

    Dopo la morte il 22 aprile di Gjoni Arjan, operaio di 47 anni, dipendente dell’impresa d’appalto Pedretti dentro l’Ilva, nel polo siderurgico di Taranto si sono susseguite manifestazioni di protesta. Il 23 aprile c’è stato uno sciopero di 24 ore indetto dai lavoratori delle imprese appaltatrici. Il giorno successivo, invece hanno incrociato le braccia i dipendenti diretti edllo stabilimento. Dal 1993 al 2007 all’Ilva gli incidenti mortali sono stati 41, con Arjan 7 nell’ultimo biennio. Di questi, 5 erano dipendenti di ditte appaltatrici. Le cause sono da ricercare nella diffusa mancanza di procedure di sicurezza adeguate, nell’inesperienza dei giovani operai e nel deperimento degli impianti. Ernesto Palatrasio, rappresentate di SLAI COBAS Taranto, ci ha spiegato meglio qual è la situazione all’interno del polo siderurgico e nelle società appaltatrici.

Qual è il vostro ruolo all’interno dell’ILVA?

    Da anni ci battiamo sui temi della sicurezza e della rappresentanza.
In particolare le nostre proposte sono tre: una sede fissa dell’ispettorato del lavoro all’interno dello stabilimento, che funga da deterrente nei confronti delle violazioni delle norme di sicurezza. Le elezioni di RLS, Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, durante le quali siano tutti elettori ed eleggibili, evitando così lo scontro tra i sindacati. Rinnovamento degli impianti dove si sono avuti gli incidenti e che evidentemente non sono sicuri. Per quanto riguarda la rappresentanza esiste un eccesso di collaborazione tra i sindacati confederali e l’Ilva, addirittura nella gestione del personale.

Qual è la situazione degli operai all’interno dell’ILVA e nelle società appaltatrici? Quali le condizioni?

    La condizione salariale molto favorevole per gli operai dell’Ilva rispetto alla media italiana fa sì che lo spettro della disoccupazione, sempre forte in questa terra, induca a non denunciare i rischi per conservare il posto. Ma i pericoli sono molti: i lavoratori sono costretti a svolgere le proprie attività senza le adeguate procedure di sicurezza, in più si interviene sugli impianti malmessi quando questi sono ancora in funzione. La situazione dei lavoratori in appalto è peggiore: hanno dei contratti precari e non sono addestrati. Nei casi più fortunati alcuni di loro vengono affiancati, per poche settimane, da operai esperti, ma la maggior parte delle volte non accade neanche questo, lasciando che i “nuovi arrivati” imparino da soli.

Quali mancanze denunciate?

    Denunciamo, appunto, la mancanza degli standard di sicurezza, la necessità di rinnovare gli impianti e di formare coerentemente con il lavoro che svolgono i giovani operai.

Si è parlato di operai che usano droghe, fanno tardi, dormono poco, causando in questo modo incidenti sul lavoro. Cosa ne pensa?

    Sono speculazioni. Ed è fortemente ingiusto sostenere che gli incidenti avvenuti all’Ilva siano stati causati dall’abuso di sostanze stupefacenti o dalle mancate ore di sonno degli operai. Mi risulta che nessun incidente mortale sia accaduto di lunedì. Gli incidenti sono stati causati dagli impianti non sicuri e dall’inesperienza.

Qual’è l’atmosfera che si respira dopo questa ennesima morte?

    C’è molta rabbia e rassegnazione, nonostante le tante denunce si continua a morire.

È al corrente dell’allarme inquinamento rappresentato, non solo dalle emissioni di diossina, ma da gran parte delle attività dell’ILVA? Cosa ne pensa?

    A Taranto di sono superati i limiti di tolleranza. La gestione degli impianti col tempo non è migliorata e il diluvio di polveri che si abbatte sulla città rappresenta un rischio per la vita di tutti. Ovviamente pensare alla chiusura dello stabilimento rappresenterebbe una sciagura economica. Bisogna puntare al rinnovamento degli impianti e alle misure anti inquinamento.

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