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Non solo Mangano ma coincidenze inquietanti che investono il futuro della nostra democrazia

Di Roberto Morrione il . Dai territori

Forse abbiamo tutti sottovalutato o compreso parzialmente. L’
attacco di Silvio Berlusconi all’autonomia della magistratura, con la
richiesta di periodici esami sulla “salute mentale” dei giudici, mentre
Marcello Dell’Utri fa del mafioso Mangano l’ “eroe” di una Resistenza
personale (con la maiuscola), minacciando insieme la revisione storica
della “resistenza” antifascista (scritta e pensata con la minuscola)
non può essere interpretato solo come una cinica mossa elettorale per
avere sotto banco dal potere mafioso qualche manciata di voti. Questo
elemento certamente ha pesato, dopo che Berlusconi era stato costretto
a pronunciare dal palco una sia pure generica promessa di lotta alla
mafia, per rispondere alla chiara e inequivocabile sfida lanciata da
Walter Veltroni con il suo “non votateci, vi distruggeremo”. Vero,
dunque e già di per sé altamente significativo, in regioni dove mafia e
antimafia sono le reali discriminanti trasversali di ogni scelta, di
vita e di comportamenti, civile ed etica, ben oltre la scadenza delle
elezioni, nella quale peraltroil “voto di scambio”, frontalmente
denunciato e rifiutato da Veltroni, ma neppure sfiorato dal Cavaliere,
continua ad avere un peso rilevante.

Ciò confermato, sento la necessità di allargare l’analisi e di porre
interrogativi su coincidenze estremamente inquietanti, di quel tipo di
caratura che impone una riflessione complessiva, perché investe lo
stesso quadro istituzionale e, temo, il futuro della nostra democrazia.

Intanto va sottolineato che lo stesso tipo di “icona” pseudo-eroica
attorno alla figura di Vittorio Mangano, in merito al comportamento
tenuto in carcere, sempre tacendo accuratamente sulle condanne del
capo-mafia per reati che andavano dagli omicidi ai traffici di droga,
alle estorsioni e al riciclaggio, era stata tracciata da Berlusconi in
persona nel mese di Novembre, a Montecatini, di fronte ai Circoli della
Libertà fondati da Dell’Utri. Su quel palco, abbracciato letteralmente
al suo consigliere, il Cavaliere aveva tracciato un ritratto dello
“stalliere” di Arcore – che Paolo Borsellino nell’ultima intervista
televisiva rintracciata e trasmessa nel 2000 da Rai News 24 definiva il
“capo fila” di Cosa Nostra al Nord – come un buon padre di famiglia
coraggioso e fedele, perseguitato dai giudici cattivi, morto per “la
causa”, che era poi il rifiuto di avallare accuse false contro lui
stesso e Dell’Utri. Domanda: a chi si rivolgeva quell’incredibile
ritratto, sul quale l’intera informazione del Paese non scavò
minimamente, con un minimo di senso della notizia e di curiosità
professionale?

C’era già, è vero, un clima rovente ed incertezza attorno alla sorte
del governo Prodi, ma non si parlava certo di scadenze elettorali e le
variabili erano numerose…Mi è venuta in mente una regola elementare dei
mercati finanziari, dei quali il Cavaliere è certo un esperto: per
raccogliere risultati positivi, quando il momento sarà propizio,
occorre prima investire. Sul valore “borsistico” dell’icona del
capo-mafia Vittorio Mangano, presso “mercati” di consenso dominati
dalle organizzazioni mafiose, vorremmo davvero sapere e capire di più,
anche perché prima di compiervi operazioni quei “mercati” occorre
conoscerli in profondità, se non praticarli con continuità…

Altra coincidenza: la nuova guida del PDL nelle elezioni in Sicilia
è nelle abili mani di Raffaele Lombardo, a capo di quella
formazione autonomista che con la Lega Nord è arrivata a sfiorare,
anche se con una subitanea ritirata, l’auspicio di imbracciare i
fucili. Come non ricordare che Forza Italia, su iniziativa soprattutto
di Dell’Utri, ma anche di teorici leghisti come il professor Miglio,
nacque negli anni ’90 nel quadro di un proliferare di progetti
separatisti al Sud, ai quali parteciparono per un periodo – come
attestano atti giudiziari e deposizioni di pentiti – Totò Riina e altri
capi-clan ? Domanda: è rimasto un filo di quei percorsi e quale?

Ancora una coincidenza: i reiterati attacchi ai giudici da parte di
Berlusconi hanno evidenti radici nelle durissime battaglie che ha
condotto, in buona parte vincendole attraverso le “leggi ad personam”
imposte quando governava, a difesa dei suoi interessi e della personale
posizione di imputato, ma è davvero inquietante che riesumi ora,
quasi con le identiche parole, quanto chiedeva il capo della P2 Licio
Gelli nel suo “piano di rinascita democratica” riguardo ai controlli
sulla salute mentale dei magistrati. E che nello stesso tempo rilanci
quella riforma Castelli che dello stesso “piano” P2 coglieva la
riduzione delle prerogative e dei poteri del PM, insieme a una serie di
propositi volti a colpire l’autonomia e la libertà dell’informazione,
come per la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche. Domanda:
perché non analizzare compiutamente questo stillicidio e il quadro che
nasconde, sul piano politico e istituzionale, al di là di quanto fanno
con molti limiti editoriali pochi bravissimi giornalisti giudiziari e
alcuni giudici in prima linea?

Infine, ma non c’è spazio ora per trattare l’argomento
adeguatamente, la coincidenza delle coincidenze: cosa presuppone
l’offensiva lanciata contro il Quirinale e di fatto contro il suo
attuale Presidente, in modi dapprima striscianti, poi sempre più
espliciti? Siamo partiti dai veleni schizzati da “Libero”, per
arrivare ai pesantissimi interrogativi degli ultimi giorni che
comprendono l’arrogarsi il diritto di chiedere le future dimissioni del
Capo dello Stato.

Davvero troppo indizi per non far pensare almeno a una prova, come suggerisce il vecchio detto.

L’allarme, a questo punto, non può non estendersi al di là
dell’importantissimo appuntamento elettorale ed è bene che tanti
giornali e commentatori non si limitino a guardare il dito che indica
la luna.

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