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9. Usura, Lazio e Roma da primato

Di Alessio Magro il . Altre regioni, Dai territori

Uno su quattro ha il cappio al collo, uno su dieci deve scucire la mazzetta. L’usura e il racket dilagano anche nel Lazio. Con Roma eletta a capitale degli strozzini. Sono le leve che la Quinta mafia laziale utilizza per il controllo del territorio e per la progressiva colonizzazione dell’economia.

LAZIO, RECORD STOZZINI.
Più di 23mila i commercianti indebitati, il 28,7% degli attivi. Il Lazio è la seconda regione italiana nella classifica dell’usura. Addirittura, nel periodo ’99-’03 è la prima regione con 130mila vittime accertate. Nel 2006 il giro d’affari stimato è di due miliardi di euro. Dati che non hanno bisogno di commenti.

SEIMILA MAZZETTE.
Il pizzo non è più roba del Sud. Nel 2006 sono seimila i negozianti che hanno pagato. Dal rapporto di Confesercenti (Sos Impresa 2007) emerge un quadro a tinte fosche. Ma anche Dia, Dna e le altre istituzioni antimafia segnalano l’esplosione del fenomeno estorsioni nel Centro Italia. E non solo.

RIETI NEL MIRINO.
Le nuove frontiere si sono spostate nel Viterbese e nella zona di Rieti, che è subito dietro Latina, Roma e Frosinone base agli indicatori di Confesercenti. Il Basso Lazio e il litorale romano sono zone calde per il racket. Gli addetti ai lavori segnalano nche Civitavecchia (operazione Nerone), Tuscania, Tarquinia e la stessa Rieti come terre di conquista. Così come Fiuggi e la Ciociaria, un tempo oasi felice. Dalla ‘ndrangheta a cosa nostra, dalla camorra alle bande locali, la Quinta mafia si dà da fare.

MENO DENUNCE: PAURA E OMERTA’.
Significativo il calo vorticoso delle denunce per usura. Solo sei su mille hanno il coraggio di rivolgersi alle autorità. Ma aumentano le persone denunciate. Due dati che hanno una sola spiegazione: la pratica è ormai un reato associativo. Luigi De Ficchy (Dna) non è ottimista: se le denunce calano, vuol dire che c’è “omertà, paura e quindi una diminuzione delle denunce”.

UNA LEGGE FA SPERARE.
In controtendenza, il Lazio è al secondo posto per le somme erogate (608mila euro) dal Fondo di solidarietà. Mentre i contatti alle linee telefoniche dedicate sono maggiori che nel resto d’Italia. E poi c’è una legge importante, la legge regionale del 2005 per il contrasto all’usura, una delle poche in Italia. Un primo passo.

LA CRISI STROZZA.
A preparare il terreno ai cravattari è la crisi economica. Anche in questo caso gli indici segnalano una debolezza del sistema: un laziale su venti è stato protestato, mentre la regione è al terzo posto per importi protestati e al primo per protesti lavati (cioè saldati entro un certo lasso di tempo).

I RAGAZZI DI NICOLETTI.
L’usura è stata la prima attività delle mafie laziali, la fonte dell’accumulazione originaria. La banda della Magliana si sostituì agli usurai di borgata, per investire i soldi di cosa nostra. L’andazzo non è affatto mutato: nel 2007 si è concluso l’ennesimo processo a carico di Enrico Nicoletti. Tra gli imputati i figli Antonio e Massimo (arrestati nel 2003 nell’ambito dell’operazione Nuvolari Star Gate) e il braccio destro Enrico Terribile. La banda avrebbe gestito una serie di società e di finanziarie, acquisite con usura e racket. Grandi somme di denaro, da riciclare, hanno inquinato l’economia.

PECUNIA NON OLET.
Come sostiene Tano Grasso, – il presidente della Federazione italiana antiracket è intervenuto al dibattito “Criminalità economica: conoscere per prevenire”, organizzato dal Gruppo Agesci Latina nelle scorse settimane – “c’è un problema di investimenti delle organizzazioni criminali, più difficile da riconoscere perché crea ricchezza, crea benefici per tutti. L’omertà in molti casi non è una scelta obbligata, ma una convenienza”. Un cane che si morde la coda: se gli investimenti illeciti prevalgono le aziende sane sono schiacciate dalla concorrenza sleale.

LA QUINTA MAFIA SI ESPANDE.
Dietro Nicoletti ci sono le mafie storiche. Una pratica che fa di Roma la capitale dell’usura. E addirittura i prestasoldi romani si estendono anche in Umbria, Abruzzo e nelle Marche. La Quinta mafia si espande. Anche in pieno centro storico si pratica il prestito usurario. Ma resistono i cravattari, gli strozzini borgatari, che prestano soldi ai banchi rionali. C’è anche un’altra forma di usura: parecchi bar romani devono sottostare ai tassi imposti dai loro fornitori, che diventano di fatto proprietari di diversi esercizi.

LATINA CRIMINALE.
A Latina, racket e usura non hanno soluzione di continuità rispetto al Casertano. È nel ’96 che per la prima volta un provvedimenti giudiziario individua una famiglia di camorra autonoma, attiva nella provincia laziale, ma legata ai Casalesi di Sandokan Schiavone. Nel luglio scorso stesso copione: il cosiddetto gruppo Mendico è finito nelle maglie della giustizia, dopo l’arresto a Cassino di Nicola del Villano, braccio destro di Michele Zagaria, superlatitante numero uno del
clan dei Casalesi.

IL POLIZIOTTO USURATO.
Accanto alla camorra, ci sono gli usurai di quartiere. Il fenomeno è talmente diffuso che anche cittadini insospettabili finiscono nel baratro: nel dicembre 2006 un poliziotto di Latina ha denunciato i suoi aguzzini, ai quali si era rivolto per un prestito di 5mila euro. E c’è chi da vittima si trasforma in carnefice: lo strozzino propone la cancellazione di metà del debito in cambio di mezz’ora con la figlia, il taglieggiato lo attira in una trappola e lo uccide.

BANCHE CRAVATTARE.
A Latina ci si mettono di mezzo anche le banche che – secondo Confesercenti e Artinancoop – rendono problematico l’accesso al credito e praticano tassi spesso vicini a quelli usurai. È un proliferare di banche e finanziarie, in una economia depressa. L’usuraio è ormai considerato un rispettabile cittadino. Niente denunce e, dice il prefetto, c’è pure il problema di evitare che i contributi antiusura finiscano in mano alle mafie.

FROSINONE, USURA SPA.
A Frosinone sono gli imprenditori a svolgere il ruolo di strozzini (nell’agosto 2006 il via alle indagini). Ma anche alcune famiglie rom sono dedite all’usura. Un caso è emblematico: a fronte di poche migliaia di lire ricevute nel ’97, un commerciante è stato costretto a sborsare 15mila euro. I tassi vanno dal 100% al 500%.

NONNO USURA.
Un altro caso eclatante riguarda Frosinone. È la storia di Nonno usura, un 88enne di Sora che gestiva un giro da 10 milioni nel Frusinate. Prestava soldi, in cambio di un assegno postdatato, ma il contante era decurtato in base a tassi fino al 135%.

IL PIZZO IN SPIAGGIA.
Racket selvaggio sul litorale, tra le attività balneari. Si pagano anche 10mila euro per un’estate senza sorprese. E chi non ce la fa, deve cedere il passo: nel 2004 sono stati individuati diversi lidi transitati nelle mani della banda della Magliana. (NONA PUNTATA)

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ha collaborato Gabriella Valentini

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