Duisburg, una faida nella faida dietro la strage di Ferragosto
Le analisi delle tracce biologiche effettuata dalla polizia tedesca hanno portato a identificare il secondo presunto esecutore dell’agguato mafioso di Duisburg, nella ricca Germania occidentale. Oltre a Giovanni Strangio, quindi, è ricercato suo cognato Giuseppe Nirta. Sulle spalle dei due grava un mandato di cattura internazionale per appartenenza a organizzazioni criminali e traffico di stupefacenti.
LE ANOMALIE ITALIANE.
Si susseguono i colpi alle cosche di San Luca: dopo gli arresti dei mesi scorsi, è arrivato il maxi-sequestro di 150 milioni di euro. Procedono le indagini sul gruppo di fuoco della strage di Ferragosto. Procedono nonostante gli intralci italiani: nei mesi scorsi, il gip di Reggio non diede seguito alla richiesta dei tedeschi, che volevano catturare Nirta. Eppure la foto-identikit distribuita già in agosto – sulla base delle indicazioni del ciclista testimone oculare – sembra raffigurasse proprio Giuseppe Nirta. Eppure il pentito Giorgio Basile disse subito di aver riconosciuto in quel volto un ragazzo di San Luca. Possibile che sia sfuggito agli investigatori italiani? Altro capitolo controverso, quello del movente: la faida di San Luca o una faida nella faida per la supremazia in Germania?
IL PARADISO KAARST.
Nel loro angolo di paradiso tedesco, i Nirta-Strangio coltivano attività lecite e illecite. Le prime a copertura delle seconde. Un gioco di luci e ombre difficile da smascherare proprio per la loro abilità a muoversi nel campo dell’illegalità. Giovanni Strangio è il responsabile della pizzeria da “Toni’s pizza” a Kaarst, a pochi kilometri da Duisburg, e ancora adesso è indicato sul sito della pizzeria come gestore e immortalato in una foto insieme ai suoi amici pizzaioli.
PARLA IL PENTITO.
Bisogna dare ragione al pentito Basile quando afferma che per gli ‘ndranghetisti “la Germania è il nascondiglio preferito, poiché tutti hanno qui amici e parenti che devono sdebitarsi con qualche favore. La zona della Ruhr è una roccaforte della ‘ndrangheta, ma la polizia non ha mai voluto ammetterlo. I tedeschi devono rendersi conto che dove c’è pizza c’è mafia, poiché molti ristoranti vengono finanziati con i suoi soldi”. La Germania da terra di conquista è divenuta il luogo privilegiato per il passaggio di ogni tipo di traffico.
L’INDAGINE: PIZZA E COCA.
A questo proposito l’indagine “Borsalino”del 2002 – che ha visto coinvolte 27 persone tra cui Bruno Giorgi, Francesco Strangio (detto il “Professore”), Sebastiano Strangio, catturato in Olanda nel 2005, e Gianicolo Giuseppe alias “il dottore” proprietario insieme alla moglie del ristorante “Borsalino” a Krefeld, una città strategica a pochi chilometri dalla Germania – è la dimostrazione di come la Westfalia rappresenti un nodo strategico per i passaggi di cocaina, di armi e di soldi sporchi.
Secondo l’indagine, gli Strangio sono i referenti per l’approvvigionamento di cocaina. Gianicolo, originario di Castellammare di Stabia ma dimorante a Krefeld, si rivolgeva agli Strangio per acquistare ingenti quantità di droga via telefono. Da alcune intercettazioni tra “il professore” e il “dottore” si evince il ruolo preciso che hanno i due malavitosi: broker della coca, che arriva dal Sud America e deve essere smistata in Calabria e Sicilia. Gianicolo ed i suoi sono riusciti a spostare ogni mese in media 5 chili, che valgono sulle piazze di spaccio ben 250mila euro. Un affare durato sette anni.
INVASIONE IN GERMANIA.
L’inchiesta Borsalino rappresenta soltanto un piccolo esempio della pervasività della ‘ndrangheta nella Germania occidentale. La propulsione degli affari illeciti sembra non conoscere tregua. Le ‘ndrine dominano l’economia sommersa. Sarà la vicinanza della Westfalia-Renania con l’Olanda, sarà la sua contiguità con il Liechtstein – paradiso fiscale di eccellente frequentazione, come rivela il recente scandalo – sarà la zona est, ai confini con la Polonia e nelle vicinanze della Russia, sta di fatto che i mafiosi calabresi gradiscono investire in Germania. Le ‘ndrine si sono arroccate al centro dell’Europa, quasi volessero dimostrare simbolicamente il loro crescente dominio.
Invisibile agli occhi fino a quando non spara, la ‘ndrangheta fattura nella sola Germania dieci miliardi di euro, senza contare le attività legali attraverso cui vengono riciclati i soldi. Affari che contano, ma che scottano allo stesso tempo. I due “locali” di ‘ndrangheta, in competizione da anni sul versante economico-finanziario e su quello militare, puntano decisi sugli affari, sui pacchetti azionari, le partecipazioni aziendali, i ristoranti e l’edilizia.
Già nel 1989, subito dopo la caduta del muro di Berlino, la Dia intercettò una telefonata in cui un affiliato della ‘ndrangheta diceva a un altro: “Vai di là e compra tutto quello che trovi, tutto, tutto, ti ho detto tutto…”. Del resto, tutto è possibile nel moderno capitalismo dei capitali delocalizzati e virtuali. I soldi viaggiano ormai telematicamente da un capo all’altro del mondo, e su questo le ‘ndrine costruiscono le loro fortune, grazie anche alla specializzazione tecnica dei suoi giovani adepti, che frequentano le università e si infiltrano nei convegni sulla tecniche di lotta alla criminalità organizzata.
LA FAIDA NELLA FAIDA.
Anche il territorio tedesco è diviso in zone di influenza mafiosa: Duisburg è sotto il controllo dei Pelle-Vottari mentre i Nirta Strangio concentrano le loro attività a Kaarst e a Neuss. Non è da sottovalutare la presenza a Erfurt dei Romeo, fuori dalla faida, ma legati ai Pelle-Vottari. In Questo contesto di fragili equilibri e suddivisioni territoriali è possibile leggere l’agguato di Duisburg. Evidentemente qualcosa di grosso bolliva in pentola. Appalti, armi o droga?
Sicuramente i Nirta avevano intenzione di guadagnare terreno nella scalata al potere.
LA STRATEGIA DELLA STRAGE.
Della pizzeria “Toni’s” nessuno ha parlato. I Nirta, quindi, possono ritenersi fortunati. Sono rimasti invisibili a differenza dei loro cari nemici che sono finiti su tutte le prime pagine e che hanno visto il loro locale affiancato al nome “‘ndrangheta”. Un marketing occulto, che ha favorito sicuramente gli affari dei Nirta-Strangio, i quali, nonostante gli investigatori alle calcagna, hanno continuato a riciclare nella loro pizzeria in Germania.
I SEQUESTRI.
L’ultimo colpo della Dda reggina, con la confisca di beni per 150 milioni di euro alle ‘ndrine Nirta-Strangio e Pelle-Vottari di San Luca, ha dimostrato come nella culla della ‘ndrangheta la mano invisibile dei boss spartisce, assegna e costruisce. Tra i beni sequestrati ci sono aziende, attività commerciali, abitazioni, terreni, polizze assicurative e auto di lusso. E ancora palazzi abusivi su terreni di proprietà del comune e dell’Enel. Tra gli immobili anche un appartamento in uso alla parrocchia Santa Maria della Pietà, il cui parroco è don Pino Strangio, priore del santuario di Polsi, luogo di pellegrinaggio spirituale ma anche di comprovati summit ‘ndranghetisti. Un appartamento di proprietà di Giuseppe Nirta, intestato al parente Palma Giorgi. Confiscato anche un supermercato intestato ad Antonia Giorgi, madre di Marco Marmo, ucciso a Duisburg, e di Achille, ora in carcere. Sequestri anche in Lombardia, nelle banche dove le famiglie di San Luca depositano il loro denaro. E ancora titoli azionari e polizze assicurative sottoscritti in Germania e all’estero.
CACCIA AL LATITANTE.
I carabinieri hanno trovato anche un bunker. Si trovava al piano terra dell’abitazione di Giuseppe Pelle, figlio del boss Antonio “Gambazza”, che i militari stanno cercando strenuamente da settimane. Sicuri Si ritiene sia un covo”caldo” come gli altri quattro trovati nella Locride e attribuiti al capbastone. Era dotato di un sistema con telecomando, come molti bunker di boss della ’ndrangheta. Dopo l’arresto a Reggio del Supremo, Pasquale Condello, ‘Ntoni Gambazza è il ricercato numero uno, tra i trenta più pericolosi del listino speciale delle forze dell’ordine. di essere sulla strada giusta, tanto da annunciarne in anticipo l’imminente arresto. Ce la faranno?
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