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“Calabria, subito la legge per le associazioni antiracket”

Giacomo Panizza il . Calabria, Dai territori

Il testo del discorso pronunciato da don Giacomo Panizza al convegno “Racket: basta alibi. Nessuno sarà più solo”, organizzato dall’associazione Ala (Associazione antiracket Lamezia ), 14 dicembre, Lamezia.

In questo intervento io parlerò del significato dell’associazione antiracket Ala nella cultura della nostra città. Questa esperienza fa da spartiacque, da linea di discriminazione tra un prima e un dopo che a Lamezia Terme non è più uguale, e i commercianti e gli imprenditori lo sanno.

Ala: è un acronimo, distorto, per dare l’idea del volare, del volare alto, per dire quell’idea che, con una dozzina di persone, avevamo in testa.

Sul problema del racket e della reazione al racket è nato un gruppetto, piccolo ma di persone di speranza, convinte che potevamo provare a volare, per fare cose nuove, utili a noi e agli altri, e alla città.

Non ci stimavamo di essere bravi noi, o capacissimi.
Pensavamo piuttosto che per volare alto, per pensare e fare scelte coraggiose i tempi fossero maturi. Mi spiego: per volare ci vogliono le ali e l’atmosfera. (Nella metafora della colomba, di Kant, le ali volano soltanto perché c’è l’atmosfera; senza quella non volano. È scientifico).
Noi abbiamo pensato di mettere le prime ali, perché la città di Lamezia Terme aveva e ha l’atmosfera adatta. Ne siamo certi, la città ha un’atmosfera propizia.

Pensiamo che si può volare alto perché Lamezia Terme ha una società civile davvero civile, valoriale, ben disposta, e stufa di mafie e di mafiosi.

Basta alibi, perché a Lamezia Terme qualcosa di nuovo è successo

Con il gruppo Antiracket, Lamezia Terme ha un’associazione nuova; ma si può anche dire che Lamezia Terme è una città nuova? Proviamo a giudicare dai frutti.

Durante questo periodo è accaduto l’episodio criminale e increscioso dell’incendio alla casa e al magazzino della famiglia e Ditta Godino. La città ha espresso tantissima solidarietà, in più modi, non solo quella degli amici e parenti.

La serrata del 4 novembre 2006, la raccolta fondi tramite la Caritas diocesana, le riunioni nelle scuole e nelle parrocchie sul tema del racket, eccetera: tutto ha assunto il sapore della solidarietà.

L’intervento dello Stato per la ricostruzione della struttura, con un contributo equo e in tempi ragionevoli, è da leggere anche come risposta al clima di una città che reclamava segnali nuovi e scelte risolute.

Alcuni presunti criminali del racket sono stati catturati e rinviati a giudizio. Anche qui lo Stato sta dimostrando di fare la sua parte più di ieri.

L’associazione antiracket Ala, iniziata con 13 persone, ora è andata molto avanti coi numeri, (crescita che deriva anche all’impegno profuso dal presidente, Armando Caputo).

Non a caso Ala è stata riconosciuta parte civile in un processo di racket; per la prima volta, qui, tra qualche giorno (il 20 dicembre) ci sarà la sentenza. Noi continueremo su questa scia, dedicando la nostra presenza attiva alla tutela della dignità delle persone che lavorano e della libertà di impresa.

Differentemente dal passato, nel territorio vengono promosse moltissime iniziative sul tema del racket, per la sensibilizzazione e l’educazione alla legalità nelle scuole, nelle parrocchie, nei gruppi e nelle associazioni.

Insomma: i frutti sono rappresentati non più da uno sparuto gruppo di “resistenti”, ma stanno maturando diffusamente in pensiero comune, in sensibilità alta. Ala rappresenta questo spartiacque tra la vecchia rassegnazione e la nuova ribellione al racket. La città partecipa più di ieri. Non vuole rassegnarsi a convivere con la criminalità organizzata; si indigna dell’illegalità; non vuole diventare una città di Serie B. Anche su altri aspetti vuole dire la sua, perché sente di avere capacità e risorse che non vuole vadano espropriate. Lamezia Terme è diventata più capace di far accadere cose nuove e innovative prese in mano dalla società civile (come quando hanno appiccato il fuoco al portone del consiglio comunale, subito dopo le elezioni di Gianni Speranza a sindaco: la società civile arrivò sul posto subito, a manifestare solidarietà alle Istituzioni democratiche, prima di tutti). A Lamezia Terme – è cronaca – si intessono sempre più reti di associazioni e gruppi. Qualcosa di nuovo c’è davvero.

Basta alibi, perché ora non si sta più da soli davanti al racket

Conveniamo tutti che in città finalmente abbiamo un gruppo antiracket, abbiamo una nuova sensibilità nella cittadinanza, e riscontriamo un più adeguato modo di porsi da parte dello Stato; pertanto: chi viene infastidito dal racket non può più nascondersi dietro al dito, giustificandosi, recitando di sentirsi solo!

Adesso non è più come prima. E non è più come per i noti episodi accaduti, ieri, che hanno visto gente rimasta sola a Filadelfia, a Vibo Valentia, a Reggio Calabria… A Lamezia Terme oggi si sa che la partita si può giocare e si può vincere.

In altri luoghi d’Italia, come ad esempio a Palermo, Gela, Napoli, Catania e altrove, è in atto una concreta e unitaria reazione, dal basso, contro il racket. A Lamezia Terme pare più difficile, perché la nostra è una città “dichiarata” città singola, con territori assemblati, più comuni e frazioni accostati da interessi e motivazioni geo-politiche.Per buona parte della popolazione l’unità cittadina rimane una meta, non è punto di partenza. Eppure, sulla resistenza al racket, tutti, commercianti, imprenditori, professionisti, lavoratori, parroci, giovani, donne, le categorie più varie, concordiamo che è giunto il tempo di una resistenza comune al nemico comune. In questo quadro, plaudiamo alla presa di posizione di Confindustria siciliana quando parla chiaramente coi propri iscritti, condannando chi coltiva legami col racket, posizione ripresa e confermata anche dal presidente nazionale di Confindustria, Montezemolo.

Ala sta in mezzo. Coagula consensi. Non cerca voti. Non è un partito. È un bene comune. Un bene comune non si realizza da singoli, o contro qualcuno, o senza gli altri, ma con tutti. Un bene comune è ricchezza della città, della vita di tutti, e non della ditta di qualcuno di noi, iscritti ad Ala o no.

Basta alibi, perché «io so»!

Io so che pagare il pizzo non è solo una spesa. So che è una fregatura, un legame con nemici ripugnanti, so che è umiliante. Io so che non è una specie di assicurazione. So che è l’illusione di poter porre un equilibrio stabile delle mie economie e della mia serenità con la protezione di un clan mafioso.

Basta alibi, perché ora a Lamezia Terme io non posso non sapere che si può reagire, che si può darsi da fare, muoversi, denunciare, mettere in angolo il racket. Io so che non si deve più restare alla finestra, perché non si è più soli davanti ai prepotenti del racket. Io so che ora si può. E che ora occorre reagire all’impoverimento della vita e dell’economia, della serenità della città. Chi è dentro Ala può dire “Io so”; ma anche chi è fuori lo sa.

Chi è dentro Ala sa molte cose. Sa ad esempio che in consiglio regionale della Calabria giace, ferma, una proposta di legge sulle associazioni antiracket. Che non deve restare ferma. La politica, di qualsiasi colore sia, non può trattenere nel cassetto una legge che può aiutare gli imprenditori, i commercianti, i professionisti e chi si associa per lottare contro il racket. Quel testo è la cucitura di quattro proposte di legge; a noi pare disorganico e inefficace, che sia da modificare in meglio. Qui, pubblicamente, chiediamo che questa legge vada avanti, e proponiamo che l’emendamento predisposto dal relatore venga accettato per intero. La Calabria abbisogna di una legge efficace per le associazioni antiracket. Anche per questo: basta alibi; la politica non può lasciarci rimanere a lottare a mani nude.

Insomma, ci aspettiamo che la politica regionale prenda coscienza della pericolosità pubblica della dimensione del racket. Il racket è una fetta rilevante del disegno criminale della ’ndrangheta, di controllo del territorio, di svuotamento della democrazia. Ci aspettiamo che la politica regionale non ponga questa questione (e altre come l’educazione, il sociale, il lavoro, la salute, eccetera) in agenda “dopo” i tornaconti dei partiti, le poltrone, le formule, le nomine e certi incarichi.

Infine, chi è dentro Ala sa anche cose molto personali, umane, intime. Sa cos’è la paura, conosce la solitudine del dubbio di fronte a certe decisioni, sa cosa sono i ricatti, le notti insonni… Ha provato già tutto questo sulla sua pelle. Chi fa parte di Ala è come un “guaritore ferito”; è come colui che ha già vissuto una situazione difficile, una sofferenza, e l’ha fronteggiata e superata… Ora condivide ad altri i risultati raggiunti. Ora sa capire gli altri che subiscono il racket, perché lui sa, ci è passato.

E, pur avendoci messo tutto sé stesso, sa di aver superato i suoi problemi e le sue preoccupazioni non da solo, ma unicamente perché si è unito in gruppo con altri. Si è fidato di altri come altri di lui. E insieme hanno capito di più, hanno fatto di più, hanno ottenuto di più. Per sé e anche per la città di Lamezia Terme.

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