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“La Santa” – in viaggio nel regno della ‘ndrangheta

Di al.ma. il . Calabria, Dai territori

di Alessio Magro

Un viaggio nel pianeta ‘ndrangheta. Luoghi ai più sconosciuti, ma anche di capitali europee, narcostati sudamericani, metropoli canadesi e australiane. Per dare conto dello strapotere economico, militare e politico della massomafia calabrese. È “La Santa”, il video realizzato dal giornalista Enrico Fierro (lavora all’Unità) e dal regista Ruben Oliva (è in vendita il cofanetto dvd-libro targato Rcs).
Gli autori vogliono svelare la ‘ndrangheta sconosciuta, o meglio raccontare al grande pubblico la mafia calabrese, da sempre sottovalutata. Un primo merito è un demerito per i media nostrani: quello di Fierro e Oliva è in pratica l’unico lavoro video-giornalistico sulla ‘ndrangheta sul mercato.
Il viaggio inizia in estate, prima della strage di Duisburg, quando l’attenzione è bassa. Eppure è morto Franco Fortugno, la Dda di Reggio con Salvo Boemi è tornata a macinare inchieste, De Magistris tiene in ansia la massoneria e un po’ tutti a turno sparano sull’istituzione più delegittimata del mondo, il consiglio regionale della Calabria (più di 30 consiglieri su 50 indagati, anche per mafia).
Intervista dopo intervista, emerge il vero volto della ‘ndrangheta, una holding da 36 miliardi di euro, che diventano 55 (il 5% del Pil) gli investimenti legali. Ne parlano i magistrati Vincenzo Macrì e Alberto Cisterna (Dna), Nicola Gratteri, poi il presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara e lo storico delle ‘ndrine Enzo Ciconte. Raccontano di come la ‘ndrangheta abbia modificato il proprio codice, trasformandosi in Santa. Un doppio livello tra la base, che ha continuato ad agire secondo i vecchi schemi, e i vertici, liberi di tradire per il bene dell’organizzazione, di avere rapporti con gli “sbirri”, ma soprattutto di mettere il cappuccio e il grembiule della massoneria.
Raccontano di come la ‘ndrangheta sia diventata l’organizzazione più efficiente nella gestione del traffico di cocaina, tanto da ottenerne il monopolio in Europa. Di come luogotenenti ‘ndranghetisti si siano trasferiti in America Latina, dei rapporti tra le ‘ndrine e Salvatore Mancuso, leader del movimento narco-militare delle Auc in Colombia.

Sullo sfondo le immagini di una Calabria arretrata, le donne in nero (forse troppe). E storie, tante storie. Come le madri dei morti-scomparsi di Filadelfia, cinque casi di lupara bianca in un fazzoletto di Calabria, poi il volto amaro di Mario Congiusta, padre di Gianluca, ucciso a Siderno dopo aver subito un taglieggiamento.
Ci sono anche storie positive, storie di donne e uomini che hanno reagito, hanno detto no. Come è avvenuto negli anni 70, nel dopo-Fortugno. È il caso di Lamezia, un comune sciolto due volte per mafia nel giro di dieci anni, una città dilaniata dalla violenza delle cosche. L’attuale sindaco Gianni Speranza (Sd) racconta della rivolta delle ragazze lametine, tutte in piazza contro la mafia nei primi anni 90. E poi la serrata dei commercianti contro il pizzo, il lavoro quotidiano, lontano dai riflettori, ma dai risultati concreti. Un impegno che ha fruttato una stagione di rinascita, la ribellione della città e degli imprenditori

Un elemento di riflessione. A cui si aggiunge l’avvertimento di Ciconte: durante la stagione dei sequestri, tutti guardavano all’Aspromonte, mentre le cosche agivano indisturbate nel porto di Gioia Tauro. Speriamo non si tratti di un oracolo da Cassandra.

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