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Così l’informazione sottovaluta la ‘ndrangheta

Di Alessio Magro il . Calabria, Dai territori

di Alessio Magro

L’attentato eclatante, lo stupore generale, le analisi polverose. E poi il silenzio. Fino alla strage successiva. Un copione che si ripete, mattanza dopo mattanza. Da quando la ‘ndrangheta calabrese ha fatto il grande salto, negli anni 70, con la droga e gli appalti pubblici, l’affiliazione massonica e la colonizzazione della politica.
È tutto scritto, nero su bianco, nelle sentenze e nelle ordinanze degli ultimi 30 anni. La geografia delle cosche, i canali di infiltrazione nella cosa pubblica, le rotte di droga e armi e i meccanismi del riciclaggio del denaro.
Così le ‘ndrine reggine hanno conquistato il monopolio della cocaina in Europa. I numeri impressionano: 36 miliardi di euro (sei tesoretti) di fatturato annuo, una cifra che lievita fino a 55 miliardi (il 5% del Pil) considerando i capitali reinvestiti in attività legali.

Eppure la strage di Duisburg ha rivelato un grave ritardo: la questione ‘ndrangheta non è una priorità in Italia. Lo dicono i nostri rappresentanti, gli osservatori, i magistrati. L’Ue non è da meno. In Germania, ad esempio, il giro d’affari delle cosche italiane sarebbe attorno ai 10 miliardi di euro, pari al contributo tedesco al bilancio dell’Unione. Un flusso di denaro ripulito che feconda l’economia, senza alcun allarme.

Eppure l’informazione continua a privilegiare la spettacolarizzazione. Rileggendo i giornali di agosto appare evidente. C’è chi si lascia andare a spiegazioni pseudoantropologiche, come se davvero la faida di San Luca fosse una questione d’onore, scatenata dal lancio di uova marce. Un’ira funesta che solo le donne sanlucote, quelle chiuse in casa con il lutto perenne, sarebbero chiamate a placare. C’è chi all’inchiesta preferisce rifugiarsi nei codici rituali. C’è addirittura chi non sa scrivere la parola ‘ndrangheta (andrangheta, n’drangheta, ‘drangheta). E ancora titoli e corsivi da far impallidire la storica copertina di Der Spiegel, quella con il revolver sugli spaghetti. Il trionfo del pregiudizio.
Ma l’elemento più fuorviante è il ricorso al meccanismo della paura. Facile dipingere San Luca come una terra in preda a gangster degni della Chicago di Al Capone. Ma chi è stato a Polsi il 16 agosto non ha trovato nulla di strano se non una lunga e tortuosa sterrata lungo un crinale franoso dell’Aspromonte, ancora oggi unica via d’accesso al santuario. E chi è stato a San Luca ha visto la gente tranquilla in piazza, uomini e donne. Le volanti ferme di fronte al bar. Le vie d’accesso al paese non presidiate. Un assedio descritto in dettaglio sui giornali, ma inesistente. In realtà in terra di ‘ndrangheta non c’è alcun pericolo. Non succede nulla.

E soprattutto c’è ancora uno spazio insondato dall’informazione: quello delle responsabilità. L’organico delle procure calabresi è sottodimensionato, i fondi insufficienti, diversi ruoli chiave sono vacanti. Le procure divise, i magistrati spesso isolati e senza mezzi. A volte manca anche la benzina per le auto di scorta. Warum?

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