NEWS

Blitz di polizia e carabinieri a Palermo, colpiti i clan di Brancaccio-Ciaculli

Redazione il . Giustizia, Mafie, Sicilia

Polizia e Carabinieri, su delega della Procura di Palermo, hanno fermato 16 persone accusate di associazione mafiosa ed estorsione aggravata del metodo mafioso nell’ambito di una operazione che chiude due anni di indagini sul mandamento mafioso di Brancaccio-Ciaculli. L’inchiesta ha svelato gli organigrammi delle famiglie mafiose di Roccella e di Brancaccio, individuato gli elementi di vertice dei clan e ricostruito 50 episodi estorsivi.

Il territorio, emerge dagli accertamenti degli inquirenti, è fortemente condizionato dalla presenza di cosa nostra e gli imprenditori e i commercianti, prima di avviare le loro attività, sono soliti chiedere l’autorizzazione al referente mafioso della zona. Nessuna vittima del racket ha presentato denuncia alle forze dell’ordine.

È rimasto alla storica famiglia dei Greco lo scettro sul mandamento di Ciaculli.

Il particolare emerge dall’inchiesta di Polizia e Carabinieri che oggi hanno fermato 16 persone per mafia ed estorsione. In cella, tra gli altri, è finito Giuseppe Greco, 63 anni, cugino di Leandro Greco il giovanissimo referente della commissione provinciale di cosa nostra e capo mandamento di Ciaculli, arrestato due anni fa.

È stato accertato che a seguito dell’arresto di Leandro Greco il mandamento mafioso è stato retto da Giuseppe che si è occupato di tenere i rapporti con le famiglie mafiose di Brancaccio, Roccella e Corso dei Mille. Il presupposto per assicurare nel tempo ai due l’egemonia sugli altri clan assorbiti sotto l’influenza del mandamento mafioso di Ciaculli è stato assicurato dal rapporto di parentela con il noto boss mafioso Michele Greco detto “il papa”. Leandro ne è infatti nipote in linea diretta mentre Giuseppe è figlio di Salvatore greco, detto “Il senatore”, fratello di Michele.

Le indagini hanno accertato anche il ruolo di Ignazio Ingrassia detto “il boiacane”. L’anziano mafioso ha fornito il suo apporto al vertice del mandamento nella gestione degli affari. Il duumvirato Greco Ingrassia si è infatti occupato di gestire le dinamiche legate al sostentamento economico delle famiglie dei carcerati cercando le risorse grazie ad una vasta e complicata rete di attività illecite.

Il vertice imponeva un vero e proprio controllo capillare del territorio intervenendo nella compravendita di terreni e immobili e gestendo il mercato della droga. La sensaleria caratterizza storicamente il modus operandi delle cosche e costituisce un caratteristico strumento di imposizione della loro egemonia sul territorio.

Le indagini hanno accertato che la forza intimidatrice degli uomini d’onore di Ciaculli era in grado di raggiungere dimensioni ancora più invasive rispetto alla mera richiesta del pagamento di una tangente sulla compravendita di immobili e terreni. Greco, con alcuni complici, ha infatti in un’occasione imposto la vendita di un immobile in favore di un uomo d’onore obbligando il legittimo promesso acquirente a rinunciare all’affare.

Il vertice del mandamento si è inoltre occupato dell’amministrazione del circuito dell’approvvigionamento e smercio di sostanze stupefacenti, costringendo alcuni soggetti a versare somme di denaro da destinare alla cassa del mandamento mafioso. Greco è riuscito inoltre ad intessere un delicato rapporto di coordinamento tra i mandamenti palermitani per acquistare all’ingrosso stupefacenti dalla ‘ndrangheta calabrese che, come è noto, è il più grande importatore in Italia di cocaina.

Le indagini hanno consentito di documentare che il canale di comunicazione con gli esponenti calabresi era tenuto da Ingrassia, influente e anziano esponente del mandamento di Ciaculli, che ha dato prova anche in altre circostanze di possedere un ramificato e ampio circuito relazionale con esponenti di diverse altre organizzazioni criminali. I boss del mandamento di Ciaculli, finiti oggi in cella, avevano, inoltre, costanti rapporti con cosa nostra americana. Un elemento di assoluto rilievo in tal senso è stato acquisito dagli inquirenti in occasione dell’omicidio del mafioso newyorkese Frank Calì, esponente della famiglia Gambino di New York, comunicata tempestivamente all’anziano consigliere del boss Giuseppe Greco, Ignazio Ingrassia.

Fonte: Ansa Sicilia

*****

Mafia: blitz Palermo; Guarino, decapitati vertici di Ciaculli

“L’operazione Stirpe dimostra ancora una volta l’arroccamento di Cosa nostra palermitana intorno ai propri schemi organizzativi e valoriali tradizionali: la struttura del mandamento e delle famiglie, le relazioni con gli Usa, le estorsioni per sostenere i carcerati, il vincolo della discendenza di sangue”.

Lo ha detto il generale Arturo Guarino, comandante provinciale dei carabinieri, sull’operazione che ha portato ai fermi di tre uomini ritenuti al vertice del mandamento di Ciaculli.

“Aver individuato il capo del potente mandamento di Ciaculli-Brancaccio e averne disegnato le relazioni – aggiunge – dimostra ancora una volta la capacita’ investiva dell’Arma e il nostro impegno costante contro la mafia, nel solco dell’esortazione straordinaria che proprio ieri il Capo dello Stato ha rivolto a tutti in occasione della commemorazione del giudice Borsellino e della sua scorta”.

Fonte: Ansa

*****

Mafia e estorsioni: 13 arresti a Palermo

Una porzione di territorio fortemente condizionata dalla presenza di Cosa nostra dove imprenditori e commercianti sentivano la necessità di “essere autorizzati” dal referente mafioso della zona prima di aprire un’attività e dove tutti pagavano il pizzo senza denunciare. Questo è quanto scoperto stamattina a Palermo dalla Squadra mobile durante l’operazione Tentacoli che ha portato all’arresto di 13 persone appartenenti alle famiglie mafiose di Roccella e Brancaccio, accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata, traffico e detenzione di stupefacenti e possesso di armi.

L’operazione giunge al termine di due anni di indagini che hanno riguardato le due famiglie che ricadono nel mandamento di Ciaculli.

Sono una cinquantina gli episodi di estorsione rilevati dai poliziotti ai danni di vari operatori economici. I soldi del racket servivano per mantenere le famiglie dei carcerati.

L’elenco delle attività colpite comprendeva anche supermercati, autodemolitori, macellerie, discoteche, imprese di costruzioni. Di denunce però neanche l’ombra. Chi provava a reagire doveva fare i conti con minacce, rapine o spedizioni punitive.

In alcuni casi i commercianti si sono preoccupati di non figurare nel “libro mastro” delle estorsioni per evitare di essere coinvolti in eventuali retate della polizia. Persino durante l’emergenza epidemiologica e il lockdown, i pochi negozianti rimasti aperti versavano il pizzo ai mafiosi nonostante i volumi di affari si erano ridotti tantissimo. Anche in questa occasione purtroppo nessuna vittima del racket aveva presentato denuncia alle forze dell’ordine.

I poliziotti hanno accertato anche la disponibilità di armi all’interno delle famiglie mafiose; armi perfettamente funzionanti che servivano per compiere rapine o spedizioni punitive.

Durante una delle intercettazioni compiute dagli agenti della Squadra mobile, uno degli indagati sgrida un’amica che ha mandato la figlia a una manifestazione in ricordo della strage di Capaci. “Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino. Non ti permettere. Io mai gliel’ho mandato mio figlio a queste cose… vergogna” queste le parole dell’indagato nei confronti della donna. “Se gli mandi la bambina sei una sbirra. Falcone, minchia che cosa inutile”.

Fonte: Polizia di Stato

*****

Operazione “Stirpe” Mafia ed estorsioni, blitz di polizia e carabinieri: 16 fermi a Palermo

Inchiesta della Dda sul mandamento Brancaccio/Ciaculli. Al comando c’era Giuseppe Greco, nipote del ‘papa’ di Ciaculli, Michele Greco 

Sedici provvedimenti di fermo per associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata del metodo mafioso.

È il bilancio dell’operazione “Stirpe” condotta da polizia e carabinieri nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. Il blitz, riferisce una nota, è scattato al termine di due anni di indagini che hanno riguardato il mandamento mafioso di Brancaccio/Ciaculli sulla scia delle operazioni “Maredolce” 1 “Maredolce” 2 e “Sperone” concluse tra il 2017 e il 2019. Sono stati individuati capi e gregari delle famiglie mafiose della Roccella e di Brancaccio e ricostruite le loro responsabilità in ordine a più di 50 episodi estorsivi in danno di quasi altrettanti operatori economici.

Al comando c’era Giuseppe Greco, nipote del ‘papa’ di Ciaculli, Michele Greco. La ricostruzione degli investigatori della polizia ha restituito il quadro di una porzione di territorio fortemente condizionata dalla presenza di Cosa Nostra, dove gli stessi imprenditori o commercianti, prima di avviare le loro attività, avvertono la necessità di “essere autorizzati” dal referente mafioso della zona.

Le vicende di pizzo documentate, grazie alla intraprendenza e conoscenza del territorio degli operatori della Squadra Mobile, hanno riguardato supermercati, autodemolitori, macellerie, bar, discoteche, farmacie, panifici, imprese di costruzione, rivendite di auto ed altri ancora per un totale di quasi 50 episodi ricostruiti, e quasi altrettanti esercenti, a fronte di nessuna denuncia pervenuta alle forza dell’ordine. In alcuni casi, i commercianti si sono preoccupati di non figurare nel “libro mastro” delle estorsioni o di offrire all’estortore un escamotage per eludere eventuali controlli di polizia.

Investigatori: i Greco puntano all’egemonia su Palermo

“Le indagini hanno accertato lo spostamento del baricentro di influenza del mandamento di Brancaccio verso la famiglia mafiosa di Ciaculli, governata dai Greco, che, dopo gli eventi della seconda guerra di mafia, forte della propria eredità storica assicurata dalla parentela con il ‘papa’ Michele Greco e della ritrovata autorevolezza dei vertici del mandamento, punta a riacquisire l’egemonia sul territorio palermitano, come evidenziato del tentativo di ricostituzione della commissione provinciale di Cosa nostra fortemente voluto da Leandro Greco. A dirlo sono gli investigatori dell’Arma che all’alba con l’operazione ‘Stirpe’ hanno decapitato il vertice del mandamento.

A Roccella pagavano pizzo senza minacce

Nel territorio della famiglia di Roccella, guidata dai boss Giovanni Di Lisciandro e Stefano Nolano, molti commercianti pagavano il pizzo senza che più nemmeno gli venisse chiesto e le nuove attività che aprivano cercavano il referente mafioso per pagare la cosiddetta “messa a posto”, l’estorsione di inizio attività.

Questo hanno accertato gli investigatori della squadra mobile che questa notte hanno falcidiato la famiglia di Roccella con 8 fermi per mafia ed estorsione aggravata. Dalle indagini è emerso come i due boss abbiano gestito la rete relazionale mafiosa fissando gli incontri con gli altri sodali con la massima riservatezza, hanno gestito i proventi delle estorsioni e del traffico di stupefacenti con particolare attenzione al mantenimento dei familiari dei detenuti.

Fonte: Rainews

*****

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link