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Processo Rocchelli: la Corte rivela intimidazioni a un’interprete e chiede di indagare

Giacomo Bertoni * il . Giustizia, Informazione, Internazionale

tribunale milanoDisposta la trascrizione integrale di una intercettazione di 59 minuti in cui il condannato in primo grado direbbe fra l’altro “Abbiamo fottuto un reporter” – Il Ministro degli Interni ucraino: Markiv è nostro cittadino – La famiglia Rocchelli: fiducia massima nella magistratura

Milano, 1 ottobre – Fra le prove del processo d’appello ai responsabili della morte del fotoreporter Andrea Rocchelli sarà inserita la frase dell’imputato Vitaly Markiv  registrata in carcere con una intercettazione ambientale nel 2017 durante la sua detenzione, in cui fra l’altro affermerebbe: «Abbiamo fottuto un reporter ma lui era…». La Corte d’assise d’Appello di Milano, presieduta da Giovanna Ichino, ha accolto la richiesta in tal senso formulata dalla pubblica accusa, rappresentata dal sostituto procuratore generale Nunzia Ciaravolo. La frase fu pronunciata dal detenuto il 1° luglio del 2017, mentre si trovava recluso nel carcere di Torre del Gallo, a Pavia. Questa decisione è stata il fatto saliente della seconda udienza tenuta oggi.

I difensori di Vitaly Markiv e il legale rappresentante dello Stato ucraino hanno chiesto e ottenuto che siano trascritti per intero i 59 minuti di intercettazione in cui è inserita questa breve frase. Il resto dell’audio non è stato mai trascritto.

IL COLPO DI SCENA – Su questa mancata trascrizione la Corte ha preso un’altra decisione e l’ha comunicata alle parti in Camera di Consiglio. Ieri fuori dall’udienza, La Corte ha verbalizzato la testimonianza di una donna che ha parlato di una telefonata intimidatoria ricevuta nel 2019 dai familiari dell’interprete incaricata di trascrivere quella intercettazione per il processo di primo grado. Oggi la Corte  ha deciso di trasmettere il verbale alla Procura affinché valuti l’apertura di un’indagine ipotizzando il reato di minacce nei confronti dell’interprete. La telefonata minatoria sarebbe arrivata dopo l’udienza dell’8 febbraio 2019 del processo di primo grado a Pavia. Quel giorno la Corte d’Assise aveva ascoltate le testimonianze di rappresentanti delle più alte cariche della Guardia Nazionale ucraina. Con questa telefonata minatoria l’interprete avrebbe ricevuto pressioni affinché cambiasse la trascrizione fedele delle intercettazioni ambientali.

Questa notizia resa nota oggi in aula giunge a conferma del clima pesante che si respirava durante il processo di primo grado e potrebbe spiegare perché risultava difficoltoso per gli inquirenti trovare interpreti di lingua ucraina disposti ad accettare incarichi. Per tenere alcune udienze fu necessario convocare interpreti da Roma e da Napoli, perché in tutta la Lombardia non si riusciva a trovarne.

Dopo che l’interprete minacciata rinunciò all’incarico fu sostituita da una collega, la quale decise di non tradurre e trascrivere i 59 minuti rimanenti dell’audio. Spiegò che non c’erano dialoghi intellegibili ma solo suoni di sottofondo, musica e rumori vari. La Corte invece ha riscontrato che in quei 59 minuti sono presenti dialoghi in lingua ucraina. Alla nuova interprete, convocata questa mattina, è stata concessa una settimana di tempo per ascoltare, tradurre e trascrivere tutto. L’audio potrebbe essere ascoltato in aula durante le prossime udienze.

Ulteriore colpo di scena è stato l’annuncio della Corte di aver ricevuto ieri, «con una modalità irrituale», da parte del Ministero della Giustizia ucraino, comunicazione della doppia cittadinanza di Vitaly Markiv. La Corte l’ha messa agli atti.

La presenza dello Stato ucraino nel processo oggi si è fatta sentire più di altre volte. In aula, hanno seguito l’intera udienza, seduti in seconda fila, Arsen Avokov, Ministro degli Interni ucraino, e Lyudmila Denisova, Alto Rappresentante per i Diritti Umani dell’Ucraina. Fuori dal Tribunale, il ministro Avakov ha dichiarato a Ossigeno: «La sentenza di Pavia è stata emozionale, non basata su tutte le prove raccolte. Il nostro soldato è stato accusato ingiustamente e l’Ucraina non abbandona i suoi soldati. Chiediamo che il Tribunale valuti tutte le prove, come la distanza e gli ostacoli alla visuale. Chiediamo l’assoluzione di Vitaly Markiv».

Fuori dal Tribunale, rappresentanti della comunità ucraina in Italia hanno esposto striscioni che chiedono l’assoluzione di Markiv. Hanno atteso la fine dell’udienza sulle scale del Palazzo di Giustizia, indossando magliette con la scritta “Markiv innocente”.

LA DIFESA – «Abbiamo appreso solo stamattina in Camera di Consiglio del procedimento che vede l’interprete come parte offesa – ha detto a Ossigeno l’avvocato Rapetti, uno dei difensori di Markiv –, ma non c’è nessuna correlazione fra la rinuncia dell’interprete e la mancata traduzione della sua collega. C’è stato un problema tecnico che ha impedito di tradurre i 59 minuti rimanenti, e siamo noi i primi oggi a chiedere che si faccia la traduzione integrale».

I FAMILIARI DI ANDREA ROCCHELLI – La vicenda delle intimidazioni all’interprete sono viste dalle parti civili come una conferma delle pressioni di parte Ucraina sul processo, ma neanche queste hanno tolto la fiducia alla famiglia di Andy Rocchelli, che uscendo dall’aula ha dichiarato a Ossigeno: «Abbiamo piena fiducia nella magistratura, a Pavia è stato fatto un lavoro attento e scrupoloso, che è durato anni e non si è fermato neanche di fronte alla mancata collaborazione dell’Ucraina. In uno Stato di diritto le indagini sono svolte dalle istituzioni e le conclusioni tratte da una magistratura indipendente».

Giovedì 15 ottobre la Corte, dopo aver preso visione della nuova traduzione dell’intercettazione,  scioglierà le riserve anche sulle altre richieste della difesa di Markiv, ovvero il sopralluogo in Ucraina, l’esperimento balistico sul fucile di Markiv e l’acquisizione del documentario “The wrong place”.

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La difesa di Markiv chiede di riaprire istruttoria

La Corte decide domani su: sopralluogo in Ucraina, prova balistica, acquisizione di un video, uso di un’intercettazione

Milano, 30 settembre – È stata rinviata a giovedì 1° ottobre la decisione della Corte sulle richieste di appello della difesa di Vitaly Markiv, presentate nella prima udienza che si è svolta ieri al Tribunale di Milano. Gli avvocati Raffaele Della Valle e Donatella Rapetti hanno chiesto il rinnovo dell’istruttoria, un rinnovo corposo, che comprende un sopralluogo in Ucraina della Corte, l’esperimento balistico sulle armi utilizzate da Markiv, e l’acquisizione agli atti di un documentario intitolato “The wrong place”, prodotto da un gruppo di giornalisti italiani e ucraini sulla vicenda.

La prima udienza ha avuto inizio alle ore 9. Poco prima dell’inizio, fuori dal Tribunale, una rappresentanza della comunità ucraina in Italia ha realizzato una manifestazione di protesta statica, esponendo alcuni manifesti sui quali si legge: «Giustizia per Markiv», «Markiv è innocente», «Free Vitaly Markiv». Sotto ai cappotti magliette con l’immagine di Markiv, per tutti i manifestanti un «innocente ingiustamente condannato». La comunità ucraina si è organizzata anche per garantire una forte copertura mediatica del processo: già un mese fa sono state inviate richieste di accredito da parte di testate ucraine. Lo stesso hanno fatto alcune testate russe, che seguono il processo con altrettanta attenzione, seppur da posizioni differenti. I giornalisti in attesa erano molti ma, a causa del covid-19, la presidente Giovanna Ichino ha limitato l’accesso a 12 testate: almeno altrettante sono rimaste fuori dall’aula.

«Abbiamo esposto le nostre richieste – ha spiegato l’avvocato Raffaele Della Valle uscendo dall’aula –, durante il processo di primo grado non sono state considerate alcune prove molto importanti. Ancora oggi manca la certezza, ma per condannare occorre superare ogni ragionevole dubbio». In primis, la difesa insiste sulla richiesta di sopralluogo: «Bisogna andare sul luogo, non si può fare ricostruzioni su schizzi fatti a mano o con solo dati Gps – aggiunge Della Valle –. Cosa è avvenuto alle 17.07 del 24 maggio 2014? Markiv è sempre stato amico dei giornalisti, li ha aiutati più volte. Non ci sono prove perché Markiv possa essere condannato a 24 anni di reclusione, chiediamo l’assoluzione completa». La difesa chiede anche l’acquisizione del documentario “The wrong place”, nel quale sono presenti interviste ad esperti balistici e all’uomo che ha dato un passaggio a William Roguelon, il giornalista francese unico sopravvissuto alla sparatoria. Una testimonianza particolarmente importante per la difesa, poiché andrebbe a confermare la tesi secondo la quale i tre giornalisti si siano trovati al centro di un fuoco incrociato.

L’ACCUSA – Il giorno prima dell’udienza, il sostituto procuratore generale Nunzia Ciaravolo ha chiesto alla Corte di trascrivere una frase pronunciata dall’imputato in un colloquio intercettato in cella. La frase è stata annotata nel brogliaccio dalla polizia giudiziaria ma non trascritta dal perito incaricato, forse per un errore tecnico. Gli avvocati Della Valle e Rapetti si sono opposti.

PARTI CIVILI – Presenti in aula accanto alla famiglia Rocchelli, assistita dagli avvocati Alessandra Ballerini ed Emanuele Tambuscio, anche Beppe Giulietti, presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, e Paolo Perucchini, Associazione lombarda giornalisti, costituitesi parti civili e assistite oggi dall’avvocato Margherita Pisapia. «Per sei anni non si è parlato di questa vicenda – ha detto Giulietti a Ossigeno poco prima di entrare in aula –, singolare il modo in cui era stata cancellata dall’opinione pubblica. Non ci interessano le polemiche, chiediamo alla magistratura di farci sapere cos’è accaduto nel Donbass il 24 maggio del 2014. È nostro dovere esserci».

Domani la Corte scioglierà la riserva su tutte le richieste avanzate. Nel caso in cui le istanze della difesa dovessero essere rifiutate in toto, mercoledì 7 ottobre potrebbe avere già inizio la requisitoria della difesa.

Leggi le notizie di Ossigeno sul processo di primo grado a Pavia

Leggi chi era Andrea Rocchelli

* Fonte: Ossigeno per l’Informazione

Andrea Rocchelli. Inizia a Milano il processo di appello per la sua uccisione nel Donbass

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