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Caso Mediaset: come e perché il giudice Franco arriva da Berlusconi?

Gian Carlo Caselli il . Giustizia, Istituzioni

parlamento berlusconiIl “caso Palamara” ha disvelato nella magistratura tendenze assai poco edificanti (eufemismo!).

A fronte di una maggioranza certamente per bene, emerge una minoranza che calpestando ogni deontologia e correttezza brandisce senza scrupoli l’arma nefasta dell’appartenenza correntizia. La credibilità e la fiducia verso la magistratura sono ai minimi storici. In questo contesto avvocati e politici assortiti puntano con entusiasmo alla “separazione delle carriere”.

Per ottenere questa “soluzione finale” si sta organizzando un vero e proprio assalto alla giustizia. Ora, va da sé che di tutto si può discutere, anche di questa opzione, ma ad una condizione: che sia sempre verificata quanto meno la plausibilità degli argomenti portati nell’uno o nell’altro senso.

Si sostiene che sul corretto funzionamento del sistema incombe una promiscuità pericolosa fra PM e giudice, riscontrabile nel fatto che spesso prendono il caffè insieme al bar. Di qui la necessità di separare le due carriere. Tesi sostenibile ma fragile, se non altro perché coerenza imporrebbe di rescindere anche i rapporti fra giudici di primo grado e d’appello. Non si vede infatti come i sospetti derivanti dalla “colleganza” fra Pm e giudici non debbano estendersi anche ai giudici dei diversi gradi del processo.

Ma questo richiamo alla coerenza è niente rispetto a quello che sta succedendo proprio in queste ore.

Coloro che inorridiscono e si stracciano le vesti per la tazzina di caffè del Pm e del giudice, poi non hanno nulla da ridire se un giudice (Amedeo Franco) –  avendo fatto parte del collegio che ha condannato un imputato senza che risulti neanche l’ombra di una  “dissenting opinion” – si ritrova poi a colloquio “vis à vis” con l’imputato stesso (Silvio Berlusconi), presenti altre persone, per commentare la sentenza con parole sprezzanti che neanche i difensori dell’imputato si sarebbero mai sognati.

Eccone un florilegio (fonte “il Giornale” del 30 giugno):  mascalzonata; plotone di esecuzione; manovra decisa a tavolino prima ancora dell’udienza per eliminare l’imputato; vicenda guidata dall’alto; grave ingiustizia; porcheria in malafede e via così…

In sostanza, si mena scandalo e si ravvisa materia per invocare la separazione delle carriere nel caffè che Pm e giudice sorbiscono insieme, mentre si accetta come un fatto normale che un magistrato, dopo la condanna pronunziata dal collegio di cui egli stesso faceva parte, la demolisca intrattenendosi amabilmente con l’imputato.

Con una filippica che contiene accuse di gravi reati, commessi per arrivare alla sentenza, dei quali avrebbe prima di tutto dovuto obbligatoriamente riferire all’autorità giudiziaria. Non solo un comportamento siffatto non viene stigmatizzato, ma è addirittura assunto come paradigmatico. In ogni caso esso diventa un’opportunità per insistere sulla separazione delle carriere, che non c’entra niente, ma si sa: tutto fa brodo…

E’ comunque innegabile che si tratta di una vicenda decisamente singolare e anomala, tanto più che la conversazione fra l’imputato ed il suo giudice è stata fonoregistrata (sembra all’insaputa del magistrato, nel frattempo deceduto) e “riesumata” sette anni dopo.

Singolari potrebbero essere anche gli sviluppi della vicenda. In attesa che si pronunzi la giustizia europea investita dai difensori dell’imputato, c’è chi parla di nominare l’imputato senatore a vita o presidente della Repubblica per risarcirlo del danno patito, mentre si chiede a gran voce una commissione d’inchiesta sull’operato della magistratura in genere nel corso degli ultimi decenni.

Non ho nulla da suggerire a nessuno, ma se mai commissione dovesse essere, credo che si dovrebbe cominciare dall’accertamento di un fatto di basilare importanza: come e perché il giudice Franco è arrivato al cospetto dell’imputato Berlusconi dopo la condanna?  Forse per un caffè?

Huffington Post, il blog di Gian Carlo Caselli

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La separazione delle carriere dei magistrati sarebbe la riforma peggiore

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