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Dall’incontro con Buzzi alle cooperative, Pecoraro in Commissione Antimafia

di no.fe. il . Senza categoria

“E’ vero, Buzzi è venuto da me, dopo che il dottor Letta mi aveva chiamato, e io l’ho ricevuto. Mi assumo le mie responsabilità. Lui ha fatto solo una proposta che io ho rifiutato. Tante persone coinvolte nell’inchiesta erano accreditate presso le istituzioni, lo stesso Odevaine, che stimo; non potevo certo immaginare, mai avrei immaginato…”. E’ tarda sera quando a Palazzo San Macuto, a Roma, il prefetto Giuseppe Pecoraro, risponde davanti alla Commissione parlamentare antimafia sull’indagine “Mafia Capitale”, la gestione dell’emergenza migranti, gli appalti alle cooperative che gravitavano intorno a Salvatore Buzzi. Nel pomeriggio, a precederlo, proprio i due procuratori della Dda di Roma, Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino, che hanno illustrato i dettagli dell’inchiesta che ha portato alla luce una nuova mafia, “originaria e originale” – come l’hanno definita i magistrati che hanno coordinato le indagini.

PIGNATONE: IN CORSO NUOVE INDAGINI SU MAFIE E CORRUZIONE 

“Non sapevo”, “non ero stato avvertito dalle forze dell’ordine”, “non avrei mai immaginato”. Queste alcune delle risposte del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, davanti alla Commissione Antimafia. In particolare sul nodo più discusso di questi ultimi giorni: chi doveva controllare la regolarità delle procedure e l’applicazione delle norme delicate sulla gestione dei campi nomadi? Perché il prefetto – su richiesta di Gianni Letta – ha ricevuto nel suo ufficio proprio Salvatore Buzzi, che gestiva questo arcipelago di cooperative e nell’inchiesta, emerge come braccio destro economico di Massimo Carminati? E ancora: perché nessuno si era accorto dell’avanzata di “Mafia capitale” nelle istituzioni? A chiedere di fare chiarezza, su tutti, la presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, che in due ore di audizione ha provato più volte a risalire la catena di responsabilità che gestiva i campi per i migranti. Tre i nodi, in particolare, affrontati nel confronto con il prefetto di Roma.

L’avanzata di “Mafia Capitale”.  In merito alla “nuova mafia, individuata dalle indagini dei Ros coordinate dalla Dda, Pecoraro spiega di aver avuto in passato solo “generiche chiacchierate con il procuratore Pignatone” e di aver letto “il servizio di Lirio Abbate su L’Espresso”. Avevo “conoscenza giornalistica e generale” della situazione ma “non potevo immaginare.”Adesso – spiega Pecoraro – dopo la lettura della carte dell’inchiesta, che ci ha visti impegnati alcuni giorni, come prefettura abbiamo dato vita ad una Commissione d’accesso composta da tre persone, che saranno indicate entro il fine settimana; queste avranno il compito, supportate dal personale delle forze dell’Ordine, di controllare e ci saranno interventi per tutti i dipartimenti e tutti i Municipi”.  “L’auspicio non si trovino infiltrazioni” se si trovassero si dovrebbe sciogliere il Comune” – commenta .  E annuncia l’intervento di Raffaele Cantone, Anac, che potrà predisporre il  “commissariamento degli appalti se lo riterrà opportuno”. Pecoraro, inoltre, fornisce inoltre i  numeri delle interdittive antimafia emesse dalla prefettura nell’ultimo anno: son 19,  7 nel settore dei rifiuti, 5 in quello dell’edilizia, 3 in quello della vigilanza, 1 nella ristorazione, nell’immobiliare e in quello dei giochi d’azzardo. Interdittive che non hanno neppure sfiorato, negli anni, l’arcipelago di cooperative di Salvatore Buzzi su cui si concentra la Commissione antimafia durante l’audizione.

Chi doveva vigilare sulle cooperative di Buzzi?  “La prefettura ha indetto un bando sulla base delle risorse messe a disposizione dal Ministero e ci sono state fatte delle offerte da diverse cooperative; Hanno vinto, come prassi, le proposte più vantaggiose. Fra queste c’erano anche quelle dell’Eriches, arrivata quarta. Dopo aver stipulato il contratto con le prime tre, vista l’emergenza migranti che abbiamo dovuto affrontare, scorrendo in graduatoria siamo arrivati alla Eriches29″. “A quel punto – spiega Pecoraro – ho chiesto come prevede la legge il certificato antimafia per questa cooperativa. Il gruppo interforze che si occupa di fare questa verifica ha dato  il suo ok al certificato: se loro mi danno il via libera io procedo alla stipula del contratto, capite…. Se avessi avuto notizie diverse dalle forze dell’Ordine, o altre notizie in merito, avrei potuto fare altre valutazioni. Ma non sapevo, non avevo notizie, non potevo immaginare”. E’ la presidente Rosy Bindi ad entrare nel merito delle responsabilità che fanno capo alla prefettura, chiedendo: Stipulato il contratto e dati in gestione questi appalti, chi doveva controllare e vigilare sul trattamento che le cooperative riservavano ai migranti? “C’è una Commissione – spiegano –  che per conto della prefettura controlla i Cara e i Cie. Noi ci occupiamo solo di alcuni centri, non di tutti. L’emergenza  degli sbarchi, da gennaio in poi, ci ha costretti ad aprire altri centri. Inizialmente abbiamo avuto il CARA (2500 rifugiati)  poi siamo stati autorizzati ad aprire altre sedi. I 12 centri dentro Roma li controllavamo noi, quelli fuori sono SPRAR e non siamo noi che rendicontiamo la gestione. La SPRAR  è  legata alla rete del Ministero”.  Al momento, in tutto, i centri sono 12 in città e 12 in provincia. “Per i centri non controllati dalla prefettura la responsabilità è dei Comuni – aggiungono dalla prefettura. Nei centri per minori sia prima che seconda accoglienza, il controllo è a carico esclusivo dei comuni”. Ma in cosa consistono questi controlli? Il controllo  “non è giornaliero – spiegano – ma facciamo verifiche periodiche… vengono anche intervistati gli ospiti e chiediamo il registro delle presenze giornaliere” E non avevate visto come venivano trattati nei centri gestiti dalle coop di Buzzi – chiede la presidente Bindi durante l’audizione? “In qualche caso abbiamo fatto delle contestazioni”  – rispondono – siamo disponibili a dare la documentazione relativa a questi controlli alla Commissione”. Sulla speculazione economica e sul trattamento, Pecoraro aggiunge un dato: “siamo penalizzati dal  massimo ribasso negli appalti, che è una situazione obbligata in un momento di crisi economica. Sul bando che riguarda gli immigrati, abbiamo un budget, da 30 a 35 euro a persona, sulla base di quello ci sono le offerte, la graduatoria si forma su questo budget del Ministero. Lei capisce che se falsano i numeri… non potevamo fare molto, di più di prendere le presenze…. “. La presidente Bindi dunque, interrompe e chiede? Ma allora come truffavano? Pecoraro risponde: “Penso sui numeri”. Allora se truffavano sui numeri, il controllo non c’è stato! – ha esclamato la presidente Bindi. Allora quello che si dice nelle intercettazioni “che si aggiungevano i numeri” – allora era vero…”?

LIBERA: PREFETTURA FACCIA CHIAREZZA SU COOPERATIVE 

L’incontro fra Buzzi e Pecoraro. Il 17 marzo scorso gli investigatori  intercettano una telefonata di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati: “Domani c’ho appuntamento co’ Gianni Letta, quindiquanno me ricapita”  commenta Buzzi al telefono.  L’obiettivo dell’incontro, secondo i Ros, è quello di ottenere rapidamente un appuntamento con il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, arrivato nella capitale nel 2008, in piena “emergenza” dei campi Rom. In Commissione antimafia il prefetto Pecoraro conferma l’incontro, si assume le responsabilità e spiega le circostanze che l’hanno portato ad incontrare Buzzi, braccio destro di Carminati, secondo l’inchiesta.  “Letta, persona che stimo e di cui mi fido, mi ha segnalato che una persona  voleva incontrarmi per presentarmi un progetto. Io non potevo sapere. In questa veste l’ho incontrato: mi ha chiamato e  ho detto di no alla sua proposta che consisteva nella disponibilità di cento appartamenti per gli immigrati a Castelnuovo Di Porto. Io gli ho spiegato che li’ ho gia’ il Cara, che gli immigrati in una citta’ cosi’ piccola sarebbero stati troppi: ma se quegli appartamenti fossero serviti? Se gli avessi dovuto dire di si’?”. Nelle carte dell’inchiesta i retroscena dell’incontro raccontati dai diretti interessati. “Allora, col Prefetto è andata molto bene – racconta Buzzi al telefono con Odavaine– gli abbiamo parlato di questo Cara di Castelnuovo di Porto co … no del Cara (…) e lui mi ha detto: “Basta che il Sindaco me dice di si io non c’ho il minimo problema, anzi la cosa è interessante, lasciatemi tutto”. “La verita’ e’ che noi siamo senza paracadute –  commenta il prefetto, in Commissione Antimafia, “nei Comuni, nelle Regioni non c’e’ controllo, l’unico lo tiene lo Stato attraverso la Corte dei Conti: inutile prendersela con il politico, non puo’ chiedere informazioni su chiunque lo avvicini, è il sistema dei controlli che va rivisto e probabilmente anche quello dello spoil system, perché  non si puo’ fare carriera e passare da un’amministrazione ad un’altra solo per appartenenza”. Nel caso specifico, aggiunge: “Mi sono trovato in difficoltà, Buzzi è venuto da me e io l’ho ricevuto. Mi assumo le mie responsabilità. Lui ha fatto solo una proposta che io ho rifiutato. Tante persone coinvolte nell’inchiesta erano accreditate presso le istituzioni, lo stesso Odevaine che stimo; non potevo certo immaginare, mai avrei immaginato…”.

Rosy Bindi: “Chi non ha visto e chi non ha voluto vedere, serve riforma del sistema”. Dopo due ore di domande e risposte, nelle sue conclusioni la presidente Rosy Bindi sottolinea quello che definisce “un paradosso” – rivolgendosi al prefetto commenta “quello che emerge dalla sua deposizione è che chi presiede, in sostanza, il Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico in città non è informato di cosa sta accadendo in città. Converrà con me  – dice  – che un po’ di responsabilità diretta o indiretta ce la prendiamo tutti. Noi politici, sia quelli indagati sia quelli non indagati e che  non hanno “visto” quel che accadeva. Il sistema non s’è accorto o non ha voluto accorgersene, in ogni caso non ha funzionato.  Mi lasci dire che se questo vale per i politici vale anche per la prefettura che si è trovata nella stessa situazione. E ragionamento analogo andrà fatto con il mondo della cooperazione, dentro cui queste coop. operavano. Gli elementi emersi sono inquietanti e chiedono una riforma radicale del sistema”.

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