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Sicurezza: niente presidi-spia, si cambia su antiracket

Da ANSA il . Istituzioni

Sul ddl sicurezza il governo è pronto a mettere la fiducia. E’ vero che
la richiesta, avanzata dal presidente della Camera Gianfranco Fini, di
eliminare la norma sui ‘presidi-spia’ é stata accolta, ma le modifiche
decise in un’interminabile riunione di maggioranza per alleggerire il
testo, evidentemente non sono bastate a garantire la compattezza del
centrodestra. E così il ministro dell’Interno Roberto Maroni l’ha
spuntata: sul ddl-bandiera della Lega ci potrebbero essere addirittura
tre voti di fiducia. Anche se le votazioni potrebbero cominciare dalla
prossima settimana. Alla decisione di ricorrere alla fiducia, almeno
ufficialmente, non si è arrivati subito nella riunione di maggioranza,
convocata presso il gruppo del Pdl alla Camera. Ma si è lasciato che la
prendesse il premier, che pure oggi è stato impegnato, a dir la verità,
su altri fronti.

Nell’incontro – al quale hanno preso parte i
ministri Angelino Alfano, Roberto Maroni, Ignazio La Russa ed Elio
Vito; i capigruppo di Lega e Pdl di Camera e Senato; i relatori del
provvedimento Jole Santelli e Francesco Paolo Sisto; più il presidente
della commissione Giustizia della Camera Giulia Bongiorno; il
capogruppo del Pdl in commissione Enrico Costa e i sottosegretari
all’Interno Alfredo Mantovano e alla Giustizia Giacomo Caliendo – si
sono stabilite le modifiche da apportare al testo. Prima tra tutte
quella che riguarda i ‘presidi-spia’.

Il centrodestra ha
raggiunto insomma un compromesso: il reato di clandestinità resta,
perché per la Lega è un punto irrinunciabile, ma per evitare che i
presidi possano denunciare gli studenti irregolari, famiglie comprese,
si è pensato di non chiedere obbligatoriamente il permesso di soggiorno
per l’iscrizione alla scuola dell’obbligo che ormai è fino a 16 anni.
“Del resto – dice Maroni – questo principio”, di dare priorità alla
scolarizzazione dei clandestini, “era già contenuto nella Bossi-Fini”.
Ma non è questa l’unica modifica che sarà apportata al ddl. Una
mediazione si ottiene anche sulla norma anti-racket che aveva diviso
Lega-Pdl e governo. Si ritorna alla versione già approvata al Senato,
ma con una modifica: se l’imprenditore vorrà partecipare ad una gara
d’appalto dovrà sempre denunciare eventuali tentativi di estorsione. Ma
non sarà punibile se verrà ravvisato lo “stato di necessità”. Cioé se
magari era stato minacciato un congiunto. In questo caso, infatti, non
scatta l’obbligo di denuncia. Il capo della Procura Nazionale Antimafia
Pietro Grasso esprime soddisfazione. Ha due ragioni per rallegrarsi:
non solo é cambiata la norma anti-racket nel senso da lui indicato, ma
si è deciso anche di non limitare più i suoi poteri, così come
prevedeva il ddl. E la proposta di cambiare questa norma era stata
avanzata dal ministro Alfano. Infine, non ci sarà più l’obbligo di
avere una casa “igienicamente e sanitariamente” a prova di bomba per
avere l’iscrizione all’anagrafe.

Maroni si dichiara
soddisfatto per la “compattezza raggiunta all’interno della
maggioranza”, ma spiega che “esagera chi dice che ha vinto la linea di
Fini”. Anche Alfano ostenta ottimismo osservando che con il ‘si’ al ddl
“si chiude un cerchio” che si era aperto sul fronte della sicurezza “un
anno fa al Cdm di Napoli”. L’opposizione invece protesta e chiede, come
il segretario Udc Lorenzo Cesa, di rinunciare alla fiducia. Il leader
Pd Dario Franceschini, solidarizzando con le forze di polizia che
manifestano davanti alla Camera, osserva che c’é qualcosa di sbagliato
“in un Paese in cui la polizia manifesta per poter fare il proprio
lavoro”. In particolare, il centrosinistra punta il dito anche contro
la legalizzazione delle ronde e il prolungamento a sei mesi della
permanenza nei Cie: norma già bocciata per due volte in Parlamento.

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