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Petra Reski: Non mi lascio intimorire

Di Monica Centofante il . Interviste e persone

“Se vuole essere il tentativo di ridurre al silenzio un giornalista allora fallirà”.
Petra Reski, giornalista tedesca, tra le maggiori esperte di mafie
italiane all’estero, è determinata a proseguire la sua battaglia.
In difesa del suo libro, “Mafia. Von Paten, Pizzerien un falschen
Priestern” (Mafia. Di padrini, pizzerie e falsi sacerdoti), censurato
dal Tribunale di Monaco in applicazione di un provvedimento d’urgenza
scattato in seguito alle denunce di Spartaco Pitanti. Italiano
trapiantato in Germania e sospettato dalla Polizia criminale tedesca
(Bka) – già in un rapporto risalente all’anno 2000 – di essere tra i protagonisti della ‘Ndrangheta esportata in Europa.
Dalla fine dello scorso anno il nome di Pitanti è stato cancellato
dalle pagine del libro della Reski. Ed il prossimo 7 aprile inizierà
davanti alla Corte d’Appello di Monaco il dibattimento d’appello contro
la sentenza che il passato 15 dicembre, in primo grado, ha confermato
il provvedimento di censura (temporaneo) ottenuto dai legali del
Pitanti.
Solo uno dei tanti attacchi incassati dalla giornalista, che a causa
delle sue coraggiose inchieste ha subito intimidazioni mentre si vede
costretta a difendersi in cinque differenti processi. “Denunce per
diffamazione”, spiega all’Avvenire, e “anche due denunce penali, di cui
una è stata già archiviata e l’altra è ancora in corso. Per una
giornalista freelance come me, ciò significa essere sempre occupata con
giudici e avvocati”. Una “tattica, soprattutto qui in Germania per
cercare i rovinare i giornalisti che scrivono di mafia, paralizzando le
loro attività, intimidendoli e minacciandoli tramite le denunce”.
L’8 aprile, quasi in contemporanea con quello di Monaco, si terrà a
Düsseldorf l’udienza di un altro processo, seguito invece al ricorso di
Antonio Pelle e Rolf Milser, proprietari dell’hotel Landhaus Milser
(che ospitò gli azzurri ai mondiali del 2006). Nomi già al centro di
diverse polemiche e tremendi sospetti, ma che non vogliono si parli di
loro.
Nel rapporto del Bka Pelle e Milser sarebbero citati più volte. Pelle,
in particolare, perchè sospettato di essere legato ad ambienti di ‘Ndrangheta, accusa
dalla quale si è sempre difeso rivendicando la sua onestà. Mentre il
Tribunale di Düsseldorf ha respinto in primo grado la loro richiesta di
censurare anche i loro nomi nel libro della Reski, motivo per cui hanno
fatto ricorso in appello. Per poi sporgere denuncia al Tribunale di
Monaco nella speranza che venga avviato un processo più serio contro la
giornalista e la casa editrice del suo libro, la Droemer Verlag.
Se l’intento era quello di intimorire giornalista e casa editrice però,
come ha lasciato intendere Petra Reski, è chiaro che non è riuscito.
Sia l’una che l’altra sono infatti intenzionate a non retrocedere di un
passo, sicure di vincere la loro battaglia legale, non da ultimo,
spiegano, perché le inchieste di Petra Reski sono fondate su una serie
di prove estremamente convincenti. E in parte confermate da una recente
inchiesta di Paolo Tessandri, del settimanale l’Espresso.
In un articolo dal titolo “Il padrino parla tedesco” il Tessandri ha
infatti citato due rapporti riservati della polizia federale di
Berlino, “frutto della collaborazione fra polizia tedesca, i Ros dei
Carabinieri e la polizia italiana, che formano la task force creata
dopo Duisburg”. Nei documenti sono segnalate “le attività di 229 clan
ed elencati quasi 900 fra capibastone, affiliati e amici delle cosche”.
Tra questi spunterebbe Spartaco Pitanti. Secondo l’inchiesta a capo di
un clan insieme ad Antonio Mammoliti e Domenico Giorgi.
Lo stesso Pitanti, si legge ancora, “è indicato come il finanziatore di
molti nuovi ristoranti a Dresda e dintorni. Molti dei locali, sempre
secondo la polizia di Berlino, ‘sono stati finanziati con il commercio
della droga’.”
Le accuse sono pesanti e chissà se nel processo contro Petra Reski il Tribunale di Monaco ne terrà conto.

da Antimafiaduemila

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