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Aemilia. L’urgenza di una speranza infestante che si contrapponga alla ‘ndrangheta

Sofia Nardacchione il . Emilia-Romagna

Studenti in aulaCi sono continui passaggi dal vecchio al nuovo, nella lunga dichiarazione spontanea rilasciata dal collaboratore di giustizia Antonio Valerio in una delle ultime udienze del Processo Aemilia prima della sentenza, prevista per la fine di ottobre. Dalla mitologia, al periodo di insediamento della ‘ndrangheta a Reggio Emilia, fino ad oggi: “oggi – afferma in video-collegamento da una località protetta – la ‘ndrangheta si sta combattendo e uno sradicamento ci sarà, ma non illudetevi che sia sconfitta realmente. E’ come la gramigna: finché non la estirpi fino all’ultimo filamento di radice in profondità, ricresce nuovamente. Mitologicamente parlando si potrebbe paragonare all’araba fenice”.

Valerio, imprenditore edile, era tra gli organizzatori del raccordo operativo che facevano da collegamento tra gli appartenenti al sodalizio, insieme a Giuseppe Giglio, Salvatore Cappa, Antonio Silipo e Gaetano Blasco. Il collaboratore di giustizia è anche al centro di Aemilia 1992 ed è stato condannato ad ottobre per l’omicidio di Giuseppe Ruggiero, avvenuto ventisei anni fa a Brescello. L’omicidio, insieme a quello di Nicola Vasapollo avvenuto nello stesso anno a Reggio Emilia, si inserisce all’interno di una faida tra famiglie di ‘ndrangheta: da una parte i Dragone, i Grande Aracri, i Ciampà e gli Arena, dall’altra i Vasapollo e i Ruggiero.

C’è anche il futuro in quello che svela il collaboratore di giustizia, ritenuto attendibile dalla Dda di Bologna: non illudiamoci che la ‘ndrangheta verrà sconfitta con queste sentenze, ci dice, “perché altri ‘ndranghetisti fuori si stanno riorganizzando con mezzi e metodi diversi da quelli odierni: si va oltre, verso il futuro”. E continua: “da qui a quattro o cinque anni vedrete che ci sarà il cambiamento, anche se a passo lento. Ci sarà nella ‘ndrangheta in Calabria e fuori dalla Calabria, anche a Reggio Emilia: è un mondo in continua evoluzione, non credete, non illudetevi che la ‘ndrangheta è finita qui. Non credetelo, non illudetevi che è finita con l’operazione Aemilia. A Reggio Emilia non è finito niente!”.

Ed il futuro è fatto di giovani pronti ad entrare nelle fila della ‘ndrangheta. In una consorteria si verifica un ricambio generazionale ogni 10-15 anni e anche nel caso della consorteria emiliana la situazione non è diversa: Valerio racconta di un incontro avvenuto nel Bar Revolution, in provincia di Reggio Emilia, in cui ha incontrato una ventina di giovani “desiderosi di ricevere ordini”.

Il collaboratore di giustizia ha pronunciato queste parole ascoltato dalla corte, dagli avvocati, dagli altri imputati (che hanno fatto più volte sentire il loro disaccordo, dalle celle dell’aula bunker dove si sta svolgendo il processo), dai giornalisti e dagli studenti che stavano partecipando all’udienza. Sono 3006 in tutto i ragazzi e le ragazze che, grazie a Libera Emilia Romagna, per un giorno hanno fatto lezione in un’aula di tribunale: aule aperte, aule che diventano scuola. Perché le mafie bisogna saperle riconoscere, perché per decidere da che parte stare bisogna conoscere.

“In molti non vogliono ammettere, riconoscere che le mafie ci sono anche a Reggio Emilia – aveva commentato una studentessa dopo un’udienza -, ma questo processo dice il contrario ed è anche compito nostro farlo sapere”. “Leggerò più attentamente le notizie di cronaca, guarderò con altri occhi il mio territorio”, aveva affermato un altro ragazzo.

Ed il punto è proprio questo: cambiare prospettiva, andare oltre quello a cui si presta – o non si presta – attenzione di solito, e, soprattutto, fare le scelte con consapevolezza. Perché tra quei venti ragazzi di cui ha parlato Antonio Valerio potrebbe esserci chiunque noi, chiunque vede nella ‘ndrangheta una possibilità per avere successo, chiunque sia stanco, chiunque fa fatica, chiunque vede poche possibilità nel proprio futuro.

Parlare di speranza non è un discorso inutile, astratto. Parlare di speranza significa costruire un altro futuro, un’altra possibilità, e va fatto con l’urgenza di una pianta infestante che si contrapponga alla gramigna a cui il collaboratore ha paragonato la ‘ndrangheta: sta a noi fare in modo che sia più veloce a radicarsi, in profondità.

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