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Pavia-Milano, viaggio nella speranza civile

Nando dalla Chiesa il . Lombardia

dove sei.Forza ragazzi, che ce la possiamo fare. E come non crederci, dopo avere vissuto una dopo l’altra queste due bellissime esperienze di pubblici incontri? Città, temi e umanità diverse. Ma una stessa sensazione di benessere, la stessa speranza che ti sale dall’anima. Pavia, giovedì sera: la legge Rognoni-La Torre, 35 anni dopo la sua introduzione, e subito dopo l’approvazione del nuovo codice antimafia. Milano, ieri mattina: “Per non stare a guardare”, il ponte Milano-Calabria, il progetto di smascherare la ‘ndrangheta davanti al “suo” popolo e rendere gli onori alla Calabria onesta e coraggiosa.
In quindici ore è stato come compiere un viaggio vorticoso dal passato al futuro del Paese. Una sala traboccante di gente, con sempre nuovi spiegamenti di sedie, al Collegio Santa Caterina, pezzo pregiato del sistema universitario pavese. Una sala piena e altrettanto attenta, ma di età più giovane, il mattino dopo a Milano, in un luogo che quanto a mafia e corruzione ne ha viste di tutti i colori: l’aula del consiglio regionale della Lombardia, eccezionalmente (e significativamente) concessa agli insegnanti e alle associazioni che avevano organizzato l’iniziativa.

Chi era a Pavia ha potuto godersi un Virginio Rognoni che a dispetto degli oltre novant’anni mostrava una lucidità politica da fare invidia ai ragazzotti rottamatori. Che ha restituito atmosfere dure e nobili. Come nacque la legge, il contesto di mafia e terrorismo, l’esigenza di colpire Cosa Nostra non solo nelle persone dei suoi affiliati ma anche nei patrimoni. E il ricordo di Pio La Torre, il combattivo dirigente comunista; raccontato anche dal figlio Franco e dallo storico Enzo Ciconte. La memoria di una politica figlia delle divisioni ideologiche ma capace anche di superarle nell’interesse delle istituzioni. Una politica seria. Con la relazione di minoranza della commissione antimafia arricchita -roba di un altro pianeta- da una appendice su ogni singola provincia siciliana a cura delle rispettive federazioni del Pci. Sentire narrare quella politica e ricevere in diretta le ultime notizie sul suo sgretolamento in corso, ha messo nostalgia anche a chi il Pci non l’ha mai votato. E inoltre i rimpianti e le emozioni della giovane rettrice del collegio, Giovanna Torre, da anni promotrice appassionata di cultura della legalità. Che ha proiettato un fermo-immagine in bianco e nero con Rognoni in primo piano. Erano i funerali dello zio: Marcello Torre, il “sindaco gentile” di Pagani, ucciso dai clan di camorra nel dicembre del 1980, la colpa di non piegarsi a loro nella ricostruzione del dopo- terremoto irpino. Ricordi che bruciano. Su tutto, la forza rivoluzionaria di quella legge antimafia che periodicamente qualche sapiente propone di cambiare, con la mafia che non aspetta altro.

Passa la notte e planano su Milano parole di verità profonda dai testimoni venuti dalla Calabria a incontrarsi con una Lombardia stufa di dormire. E che ha capito che solo indebolendo la ‘ndrangheta a casa sua potrà sconfiggerla nella decisiva partita del Nord. Una sequenza mozzafiato. Viltà e coraggi della stampa calabrese nel racconto di Michele Albanese, che a presentarlo solo come “il giornalista con la scorta” gli si fa davvero un’offesa. O il nuovo sindaco di Taurianova, Fabio Scionti, che racconta con commozione, ma con fierezza, la sua storia recente. La scelta della normalità civile e subito le minacce verso i familiari, la bomba che poche settimane fa gli esplode di notte nel giardino di casa. Senza avere mai detto un no a qualcuno, ma semplicemente perché i mafiosi fiutano le persone per istinto criminale. C’è anche Sabrina Garofalo, giovane ricercatrice calabrese, con la sua dolorosa antologia di donne assoggettate ai poteri eterni del maschio. O Claudio Campesi, calabrese laureato a Milano e giornalista a Brescia, che mesi fa ha deciso di tornare nella sua terra per scrivere lì su un quotidiano e sentirsi “veramente utile”.

Ma la storia più dolce e malinconica la racconta Giuseppe Teri, insegnante siciliano a Milano. E’ quella di una classe milanese. Che ha ascoltato la testimonianza di Giovanni Gabriele, il padre di Dodò, il bambino falciato “per errore” su un campetto di calcio a Crotone nel 2009. E che il giorno dopo ha chiesto alla propria maestra di aggiungere Dodò nel registro della classe. E di chiamare anche lui nel momento dell’appello. Un bambino, a turno, avrebbe risposto “presente”. E voi volete rinunciare a credere che ce la possiamo fare? (nella foto una manifestazione per ricordare Dodò)

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