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‘Ndrangheta: si è pentito Femia, il boss del gioco d’azzardo

Sofia Nardacchione il . Emilia-Romagna

nicola-rocco-femiaSi è pentito Nicola ‘Rocco’ Femia, il boss di ‘ndrangheta condannato a 26 anni e 10 mesi nella sentenza di primo grado del Tribunale di Bologna all’interno del processo Black Monkey.
Ma già nel 2012 Femia – che si era trasferito nel 2002 a Conselice, in provincia di Ravenna, per creare un vero e proprio impero del gioco d’azzardo legale e illegale – era stato condannato in via definitiva dal Tribunale di Paola a 23 anni e 4 mesi per narcotraffico internazionale. Una sentenza pesante, che aveva stabilito la presenza di una rete di persone – non era stata riconosciuta l’associazione – “finalizzata all’acquisto, vendita, offerta, cessione, distribuzione e commercio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e hashish”, con centro operativo a Santa Maria del Cedro, in provincia di Cosenza. Femia era al vertice di questa rete, poiché coordinava coloro che svolgevano le singole operazioni: il suo compito era in particolare quello di smerciare nel territorio del Tirreno cosentino e del Nord Italia le sostanze stupefacenti.

La notizia del pentimento di Femia è emersa la settimana scorsa all’interno del processo Anje sul narcotraffico tra Calabria e Albania, ma i fatti risalgono al 16 febbraio, prima che arrivasse la sentenza di Black Monkey, in cui sono stati condannati anche i due figli Nicolas e Guendalina.
Femia si è quindi rivolto ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri e Vincenzo Luberto, procuratore aggiunto, per parlare. Un fatto non frequente nelle fila dell’ndrangheta, soprattutto per i vertici di una associazione così “camaleontica”: una associazione che, soprattutto in Emilia Romagna e al Nord, tende a confondersi, in una zona grigia in cui si incontrano il legale e l’illegale. Nel processo Aemilia, con i suoi 239 imputati, solo uno, Giuseppe Giglio, ha deciso di pentirsi.

Secondo quanto riportato da Francesco Dondi sulla Gazzetta di Reggio, Femia starebbe parlando anche con il Pubblico Ministero della Procura di Bologna Francesco Caleca. Un fatto non secondario, anche perché, mentre i fatti riguardanti il narcotraffico risalgono agli anni ’90, quelli del gioco d’azzardo sono molto più recenti. Tra questi, anche l’intercettazione che ha portato il giornalista Giovanni Tizian a vivere sotto scorta, dopo che in una telefonata con Femia, l’imprenditore Guido Torello dice al boss “stai tranquillo, se non la smette (di scrivere su di te, ndr) gli sparo in bocca”.

Ma non sono solo questi i collegamenti che possono venire fuori dal neo collaboratore di giustizia: se davvero Femia ha deciso di dire tutto, le sue parole potrebbero investire anche gli imputati del processo Aemilia.
Già nel 2015, durante un’udienza di Black Monkey, era emersa una telefonata risalente al 2012 tra Femia e Michele Bolognino, l’unico boss imputato nel “maxiprocesso all’ndrangheta emiliana” che non ha chiesto il rito abbreviato. Nell’intercettazione i due si confrontano in modo acceso su un litigio avvenuto tra il figlio e il nipote di Femia – Nicolas e Francesco – con un noleggiatore di auto: mentre ‘Rocco’ difende il nipote dall’accusa di avere minacciato e aggredito il noleggiatore, Bolognino afferma di non essere intervenuto solo perché si trattava di un suo parente. Emerge quindi chiaramente il rispetto che Bolognino riconosce alla persona di Nicola Femia.

Processo Black Monkey, sentenza storica

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