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Brindisi, una lezione di democrazia

Di Roberto Iovino il . Puglia

Colori, sorrisi, gioia mista a dolore. Brindisi vuole voltare pagina e, come al solito, sono gli studenti e le studentesse il motore del cambiamento. Un corteo determinato a chiedere verità e giustizia per Melissa e le altre ragazze gravemente ferite, ma anche consapevole che l’unico modo per superare lo smarrimento di questi agghiaccianti giorni è socializzare il dolore, trasformarlo in rabbia e fare la propria parte in una società malata e ingiusta. Io non ho paura è lo slogan della marcia scritto su migliaia di magliette. Un’affermazione soggettiva che diventa immediatamente moto collettivo negli slogan: tutti insieme senza paura è quello prevalente.
Si perchè nonostante qualche titubanza iniziale il corteo diventa una marcia di liberazione dalla paura e dall’angosciaL’angoscia patita per una lunga e interminabile settimana si è trasformata in determinazione e responsabilità collettiva. Gli studenti vogliono verità e giustizia, ma vogliono anche che tutto ciò non accada mai più. Il movente non fa differenza, è la disumanità del gesto, l’assassinio di giovani vittime innocenti a colpire l’immaginario collettivo. È stata attaccata una scuola, l’incubatore per eccellenza dei disagi e dei malesseri, certo, ma anche delle aspettative e dei sogni delle giovani generazioni. Il luogo collettivo di socializzazione per eccellenza minato dalla follia omicida. Gli studenti e le studentesse di tutt’Italia hanno risposto nel migliore dei modi possibili, gli adulti stanno a guardare, e forse in questa occasione è meglio che sia così. Hanno dato risposte inadeguate, il corteo si rivolge anche a loro: Oggi a parlare siamo noi! – dicono  i ragazzi ai giornalisti – mentre  dai balconi la cittadinanza plaude prudente, affetta da sentimenti misti quali il senso di colpa e l’inadeguatezza. Sono soprattutto gli anziani a sostenere i ragazzi, da un finestra si scorge un signora con i lacrimoni e il singhiozzo. C’è senso di colpa per aver consegnato a questa generazione un mondo pervaso da violenza cieca, disumanità, individualismo e insicurezza sociale.
La città sta a guardare, non tanto per negazionismo ma per rispetto: il protagonismo è tutto degli studenti e le studentesse che hanno reagito nel modo più genuino ed efficace. Si sono guardati negli occhi e hanno risposto alla brutale violenza che ha colpito vittime innocenti con la bellezza, con la promessa di occuparsi sempre di più del proprio presente e del proprio futuro, di tenere viva la memoria di Melissa con l’impegno quotidiano, con la cittadinanza attiva, combattendo il disinteresse e la superficialità, presidiando fisicamente le proprie scuole per farle ridiventare luoghi accoglienti e di democrazia reale. Questa è la bellezza di una generazione che resiste, che non ci sta al gioco del terrore, della paura, dell’isolamento e della violenza. È questo il messaggio che emerge dagli interventi dal palco di piazza Vittoria. Non la solita retorica, non interventi in politichese con false promesse e platee da ammaestrare, ma un lungo elenco di interventi di studenti e studentesse delle scuole brindisine e del resto d’Italia, venute con più di trenta pullman da tutta la penisola. Protagoniste le associazioni che hanno promosso il corteo, la Rete della Conoscenza in primis, ma anche l’Arci, Libera e la Cgil. Basta intervistare i mafiosi! La loro giustizia non è la nostra, la giustizia la fa lo Stato, se questo paese è quello che è soprattutto colpa del sangue che gocciola dalle loro mani – tuonano gli studenti brindisini in risposta alla recenti dichiarazioni di esponenti della SCU che hanno preso le distanze dall’attentato – e la piazza, tutta, è in tripudio. Mafia o follia che sia per gli studenti e le studentesse in piazza il sangue versato è lo stesso, sangue innocente, e non possono esistere vittime di serie a e di serie b.
Ma gli appelli più sentiti sono rivolti al mondo degli adulti e alle istituzioni. Si chiede con voce tremante verità e giustizia, si pretende che le istituzioni non si ricordino degli studenti e della scuola solo quando c’è una tragedia, si chiede al mondo degli adulti di solidarizzare di meno e condividere di più, di ricostruire un paese troppo spesso impegnato a piangere i propri morti, troppo poco, invece, impegnato ad indagarne le ragioni, lasciando sempre di più un senso di impunità e di ingiustizia che agli studenti proprio non va giù. Al di là della retorica quali sono state le risposte date dagli adulti e dalle istituzioni? Il pensiero degli studenti va al lungo silenzio del presidente Monti alla domanda di Corrado Formigli: Se dovesse convincere un ragazzo che lavora per 5 euro l’ora in un call center a non emigrare come farebbe? Venti secondi di interminabile e imbarazzante silenzio. Ecco appunto, silenzio, perchè è bene che gli adulti si interroghino su cosa stiano facendo per assicurare un presente e un futuro dignitoso ad una generazione non solo colpita a livello sociale  con le armi della precarietà e della disoccupazione, ma che adesso si sente sotto attacco perchè colpita dall’efferata e incomprensibile violenza.
Spesso si dice che la violenza genera altra violenza, a Brindisi non è stato così. La violenza ha generato coscienza, civile e sociale, voglia di cambiamento, una risposta collettiva volta alla mobilitazione e alla cittadinanza attiva. Lo si leggeva nei pianti, nelle poesie e negli slogan dedicati a Melissa, nella promessa che gli studenti e le studentesse si sono fatti: Il miglior modo per tenere vivo il ricordo di una giovane vittima spezzata è impegnarsi tutti i giorni contro la violenza e l’ignoranza, per questo torneremo a scuola, senza paura, ci proteggeremo gli uni con gli altri, tutti insieme senza paura. Menomale che ci sono gli studenti, menomale che la tristezza dei nostri tempi è stata spezzata dalla vernice colorata sui loro volti, dalla voglia di rendersi protagonisti di un cambiamento possibile e necessario. Tra un po’ le telecamere si spegneranno, Melissa per molti sarà solo un ricordo, per gli studenti e le studentesse no. Ora sta alle istituzioni governate dagli adulti a non mostrarsi cieche e sorde nei confronti di questo straordinario portato emozionale, umano e civico. Per un giorno sono gli studenti e le studente sono saliti in cattedra e hanno dato una lezione di democrazia ad un paese spesso distratto e svogliato.

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