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Tizian a Bologna: «è la corruzione l’arma con cui mafie colpiscono Nord»

Di Ilaria Giupponi il . Emilia-Romagna

“Ho una richiesta da fare alla politica, se posso: che si lavori sul frazionamento del sistema dei subappalti e delle commesse, perché con l’esternalizzazione selvaggia che arrivano le mafie”. La circoscritta e diretta richiesta appartiene a Giovanni Tizian, invitato a partecipare al  convegno organizzato in suo sostegno da Ossigeno per l’Informazione e dall’ Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna per tornare a parlare in pubblico dopo le recenti minacce di matrice mafiosa che lo hanno obbligato a vivere sotto scorta.  “Vorrei – continua Tizian– che le attestazioni di solidarietà diventassero azioni concrete”.

A Palazzo d’Accursio, sede del comune di Bologna,  sono a fianco del cronista della Gazzetta di Modena (ora assunto dal Gruppo Editoriale l’Espresso con un contratto di due anni senza vincolo di esclusiva). C’era il presidente dell’Odg regionale Emilio Bombonato, il primo cittadino Virginio Merola accompagnato dalla vicepresidente della Provincia Simonetta Saliera; c’era il procuratore aggiunto di Modena Lucia Musti (per otto anni alla Dda di Bologna) e c’era soprattutto Alberto Spampinato, presidente e fondatore di Ossigeno per l’Informazione (l’osservatorio sui giornalisti minacciati) e fratello di Giovanni Spampinato, il cronista dell’Ora ucciso a Ragusa in circostanze mai del tutto chiarite nel 1972. “Assassinato perché cercava la verità” titolò il suo giornale dopo l’omicidio. In sala, anche l’onorevole Sandra Zampa e Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi.

L’autore di Gotica (Round Robin edizioni) ha colto l’occasione per lanciare da Bologna un messaggio allo stato: “Se la politica vuole può fare delle cose concrete, si possono fare: dando delle regole all’economia”. Non solo regolamentazione degli appalti, incalza il cronista di origini calabresi , ma una presa efficace anche in settori come l’autotrasporto, dove le agenzie fanno da mediatori fra padroncini e committenti, così come nel mondo delle concessionarie del gioco d’azzardo o nelle società di recupero credito. Tutte “autorizzazioni legali” tramite le quali la mafia si impone nel sistema economico.

 “Legale e illegale in Emilia si confondono – chiosa Tizian – in un corpus unico in cui i capitali mafiosi si ripuliscono e diventano attività legali: bar, imprese edili, aziende di trasporto”. “Ma quando i capitali mafiosi diventano attività – continua il cronista – si possono mappare”.  Motivo per cui l’istituzione della Dia (Direzione investigativa antimafia) a Bologna  appare quanto meno in ritardo visto che è stata voluta solo recentemente del ministro degli Interni Annamaria Cancellieri.

Tizian ha raccontato come le cosche mafiose si siano spartiti l’Emilia Romagna, dove a oggi regna la “pax mafiosa”: non si spara inutilmente perché in alternativa si potrebbe nuocere agli affari. Un punto già analizzato all’inaugurazione dell’anno giudiziario dal procuratore generale Emilio Ledonne. Ma l’assenza di sangue per le strade distrae l’attenzione nonostante “negli atti della Dda di Reggio Calabria o Torino, l’Emilia Romagna compare sempre più spesso, perché qui ci sono personaggi importanti a cui si riferiscono i boss delle altre regioni”. Un esempio fra tutti: i sequestri che hanno scoperchiato il radicamento del clan Mancuso che da Vibo Valentia si è trasferito in terranostra, assieme a quintali di cocaina e ai capitali illeciti reinvestiti e riciclati.

Il convegno è stato l’occasione cercata per ribadire il sostegno di istituzioni e del mondo del giornalismo agli oltre 324 giornalisti a cui solo nel 2011 si è tentato di impedire di pubblicare o svolgere il proprio lavoro, come riporta il dossier sull’Emilia Romagna presentato da Spampinato, nel quale compaiono oltre al giovane cronista, numerosi colleghi vittime di intimidazione come David Oddone (minacciato di morte nel 2010 per essersi occupato delle infiltrazioni mafiose e dei reati finanziari nella repubblica sanmarinese) e Daniele Predieri (querelato per diffamazione, insieme a Marco Zavagli e al direttore della Nuova Ferrara Paolo Boldrini per essersi è occupato proprio del caso Aldrovandi). Sono 19 i giornalisti a cui si è tentato di impedire di fare il proprio lavoro, solo dall’inizio del 2012. Per il direttore di Ossigeno “Giovanni è come Spampinato”. Un magra consolazione, ma è per questo che il giornalista ammonisce: “Giovanni non è un eroe, non è un simbolo. Lui è un sintomo che ci dice dove è arrivata questa infezione”. Le minacce al lavoro del giovane cronista “sono un’intimidazione collettiva, un attacco a tutta la società”. Proprio il numero di giornalisti intimiditi ha fatto scivolare l’Italia fra i paesi in cui l’informazione è “semilibera” (rapporto di Reporters sans frontières).

Tra gli interventi dei numerosi presenti, quello del procuratore aggiunto Musti che ha focalizzato l’attenzione sui “reati-campanello”, quei reati minori puniti con multe di bassa entità – come il reato di esplosione pericolosa per cui si può essere imputati in caso di ritrovamenti di bossoli inesplosi (200 euro di multa) – che nascondono però interi formicai mafiosi: “non passa un giorno in cui non ci sia un incendio. Cos’è, autocombustione?”. No, mafia. E come ricorda anche Tizian: “La mafia vive di relazione col potere politico e imprenditoriale. Senza, non sarebbe niente. E al nord, la corruzione è la prima arma della mafia, non il piombo”.

Giovedì prossimo, Giovanni Tizian  sarà ascoltato dalla Commissione parlamentare Antimafia per approfondire il fenomeno dei giornalisti minacciati in Italia.

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