Ritorno a casa
Il viaggio è finito da dove era iniziato, in Piazza Oberdan. All’una e mezza di notte dell’undici agosto i nostri pulmini hanno fatto rientro a Trieste, dopo dieci giorni passati sulle strade d’Italia e 3500 chilometri percorsi. Dopo l’imbarco a Palermo, l’ultimo giorno è stato un lento e triste ritorno, un filo che si arrotolava a ritroso, un progressivo tornare alla normalità, con la malinconia del rendersi conto, ormai, che l’avventura volgeva al termine.
Ma ci siamo ritrovati anche lì, nel mezzo del Tirreno, a brindare a noi, e a confrontarci, a provare ad esprimere qualcosa su ciò che avevamo appena concluso. Non è stato facile, come non è facile ora descrivere quella sensazione strana di malinconia e felicità allo stesso tempo, di orgoglio e amicizia, che ci ha preso tutti quanti, sulla motonave “La Superba”. Guardandoci negli occhi, fra compagni di viaggio, ciascuno ha scoperto nell’altro la propria espressione, nessuno si sentiva più da solo: e ci rendevamo conto ormai di essere quasi una famiglia. Non è retorica: è qualcosa che abbiamo sentito tutti fortemente.
Quello che a tutti noi resterà di questo incredibile viaggio non sono solo le conoscenze fatte, le meravigliose persone incontrate, ma anche il senso di fratellanza che fra noi si è creato. La gioia di aver condiviso un viaggio che ci ha segnati tutti per sempre. Ma l’augurio che tutti ci facciamo è quello che la Carovana sia stata solo l’inizio di una più grande avventura: quella di raccontare ciò che abbiamo visto, di regalarlo a chi non ha potuto esserci, per far si che sulla strada che abbiamo imboccato ci raggiungano in molti. Torniamo con un numero immenso di esperienze fatte, in questi densissimi giorni, che abbiamo in buona parte raccolto nel molto materiale che riportiamo con noi a Trieste: migliaia di foto e decine di ore di interviste e filmati. Molte altre sono le sensazioni e i ricordi che sarà ben difficile esprimere a chi non c’era, ma questa è la grande sfida che ci aspetta.
Questa Carovana è stata certamente un viaggio di formazione, che è servito a ventiquattro ragazzi per acquisire consapevolezza sui temi che sono tanto cari a Libera, come a Rime: la legalità, la lotta alla mafia e alle sue logiche, il favore per la cittadinanza attiva e l’impegno sociale. Tutto questo per cercare i parametri per la riposta a una domanda, cruciale in questo 2011 di celebrazioni: quali sono, oggi, i caratteri di un vero patriottismo? Penso che dopo questo viaggio, anche guardando l’evoluzione avuta in corso di Carovana dallo spettacolo “Soqquadro”, che proprio sul tema del senso dell’italianità si interrogava, molti di noi abbiano trovato una risposta almeno parziale a questo interrogativo. Altri, forse avranno trovato solo nuove domande, ma pazienza: il dialogo che ne scaturisce sarà un’altra via per cercare la verità, se di verità si può parlare.
Già, perché ognuno a questa domanda può rispondere a modo suo, e trovare il senso del proprio patriottismo nel giocare, per aiutare questo paese, il ruolo che sente più profondamente come proprio. Il tema della eterogeneità dei metodi di “resistenza” è stato infatti una delle chiavi di volta del nostro viaggio: una realtà di cui abbiamo potuto tutti renderci conto incontrando persone diversissime fra loro, confrontando le loro esperienze e storie. E trovando, pur nella diversità, sempre un trait d’union nell’amore per l’Italia, e per la giustizia, nella gratuità e umiltà (la vera umiltà!) dell’impegno, nella gioia di trovare con chi dividere la lotta, e il suo fardello.
E’ questo che, per noi, unisce Nando Dalla Chiesa e Salvatore Borsellino, Guerino Capolicchio e Armando Rossitto, Pino Maniaci e l’ex partigiano Susich, i fratelli Cervi e i lavoratori di Portella della Ginestra, i ragazzi delle Cooperative e Rosario di Scampia, Angelo Venti e Roberto Morrione. E tutti gli altri che come loro si battono in molti modi e con mezzi diversi per un’Italia migliore. Ma quello che da loro dobbiamo imparare è, come dicevo, anche la capacità di condividere le proprie esperienze: guai a noi se le terremo come un tesoro personale.
Senza autoreferenzialità, e senza fare il grave errore di ritenerci migliori solo perché, per la grande fortuna che abbiamo avuto, ora abbiamo una consapevolezza maggiore di molti nostro coetanei, dobbiamo metterci al servizio della nostra comunità. Con l’intento di convincere alla nostra causa quante più persone possibile. Perché, come ricordava recentemente a Firenze Don Ciotti, dato che la mafia è prima di tutto un fenomeno culturale, noi non dobbiamo pensare solo a vincere, ma a con-vincere. A diffondere conoscenza, a far si che le storie delle persone che abbiamo incontrato non rimangano inascoltate, ma siano da modello, si diffondano camminando anche sulle nostre gambe.
In quest’ottica, la promessa a tutta la cittadinanza è quella di organizzare al più presto uno o più incontri di condivisione del materiale (foto, interviste, filmati) raccolto nei dieci giorni, cui tutti saranno calorosamente invitati a partecipare. Ma non ci fermeremo qui: abbiamo intenzione di fare di questa Carovana la molla per spingerci a portare avanti nei prossimi mesi diverse iniziative rivolte alla gente di Trieste. Ma ora è il momento dei commiati. E, a conclusione di questa esperienza, ci teniamo a ringraziare tutti quelli che ci hanno seguito e ospitato in tutta Italia nel corso del viaggio, e tutti quelli che, a vario titolo, ci hanno supportato. In particolare: Don Mario, per le riflessioni che con noi ha condiviso; la pasticceria Eppinger, per il contribuito dato, che ci ha permesso di omaggiare i nostri ospiti lungo tutto lo Stivale con prodotti tipici triestini; e ancora, il Comune e la Provincia di Trieste per il patrocinio che ci hanno concesso. In specie, la vice-sindaco Fabiana Martini, e l’assessore provinciale alle politiche giovanili Roberta Tarlao, per aver partecipato alla nostra prima tappa alla Risiera di San Sabba, e per la vicinanza umana che ci hanno espresso.
Un ringraziamento speciale va anche a Don Dino, direttore della Caritas di Venezia, per averci concesso la disponibilità di uno dei pulmini su cui abbiamo viaggiato.
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Dizionario della resistenza – 10 agosto 2011
CONSAPEVOLEZZA
Forse la consapevolezza rappresenta la sintesi di quanto ci ha visti riflettere nei giorni precedenti ad oggi. Essa ci vede impegnati ad essere presenti, informati e disposti a mettere in campo, anche a costo di sacrifici, scelte coraggiose. E non solo per noi stessi e per la nostra personale realizzazione, consapevoli cioè di far parte di una società che attende, da ciascun individuo, idee, contributi e ricchezza di pensiero, che giorno dopo giorno caratterizzino l’epoca presente.
Don Mario Vatta
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