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Latina, al processo Damasco ricusati i magistrati

Di Elena Ganelli il . Lazio

“Caso Fondi” ancora sotto i riflettori per la troppa attenzione sul piano mediatico ed un collegio giudicante che mostra un «comportamento colpevolista». E’ l’ennesimo attacco sferrato ai magistrati da alcuni legali della difesa al processo “Damasco”, quello che vede sul banco degli imputati 28 persone accusate di far parte, a vario titolo, di un’associazione di stampo mafioso, guidata dalla famiglia Tripodo, in grado di condizionare pesantemente l’operato dell’amministrazione comunale di Fondi e gli operatori del locale Mercato ortofrutticolo. L’operazione condotta dalla Dda di Roma e sfociata nel luglio 2009 in una serie di arresti, chiama in causa oltre a Venanzio Tripodo e al fratello Carmelo, Aldo Trani, gli operatori commerciali Franco e Pasqualino Peppe, Antonino D’Errigo, Massimo Anastasio Di Fazio, i funzionari del Comune di Fondi Dario Leone, Pietro Munno, Gianfranco Mariorenzi, Tommasina Biondino e l’ex assessore ai lavori pubblici Riccardo Izzi.

In un clima che fin dall’inizio ha fatto registrare scontri tra Tribunale e legali, la difesa ora ha deciso di giocare la carta dell’istanza di remissione del processo per «motivi di legittimo sospetto» ed ha chiesto alla Corte di Cassazione la sua sospensione e l’affidamento ad un altro collegio giudicante, diverso da quello presieduto da Lucia Aielli, oggetto peraltro anche di alcune minacce in aula da parte di un imputato. Gli imputati, insomma, vorrebbero che sull’inchiesta condotta dall’Antimafia calasse il silenzio e mal digeriscono quella che a loro avviso è una campagna mediatica volta a descrivere il regno del senatore Claudio Fazzone come «un centro mafioso, di interesse di camorra e ‘ndrangheta e di pressioni politiche».

Così come contestano l’ammissione agli atti del processo (con la sola possibilità di consultarla) della relazione stilata dalla Commissione di accesso nominata dall’allora Prefetto Bruno Frattasi che doveva portare allo scioglimento del Consiglio comunale fondano per infiltrazioni mafiose. Ma il Governo bocciò quella richiesta (un fatto senza precedenti in Italia) ed ora le sorti del processo “Damasco” sono nelle mani della Suprema Corte che deve decidere entro il 5 luglio, data fissata per la prossima udienza.

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