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L’antimafia si è fermata a Fondi

Di Antonio Turri il . Lazio

«Le
mafie non sono invisibili se le sai riconoscere. Guarda questo
binario è bloccato da una rete metallica di otto metri che
impedisce ai treni di entrare nel Mof». Così mi disse l’anziano commerciante di Fondi quando si iniziarono le riprese per  il documentario sulla “Quinta
mafia” nella parte che riguardava Fondi. I ragazzi di Libera si
trovavamo proprio davanti la stazione ferroviaria di Fondi, centro
del basso Lazio, noto per il mancato scioglimento del consiglio
comunale per infiltrazioni mafiose, richiesto dal prefetto Bruno
Frattasi e dal ministro dell’interno Roberto Maroni. La
stazione è parallela al Mercato ortofrutticolo, uno tra i più
importanti d’Europa per smercio di frutta e per traffici di armi e
cocaiana. (Operazione Paganese della Dda di Napoli).

Il Mercato
fu costruito con fondi pubblici proprio a ridosso della linea
ferroviaria Roma-Napoli per favorire lo sviluppo dei trasporti su
rotaia e per limitare i costi di trasporto su gomma ed i relativi
problemi di inquinamento ambientale. Ma da oltre venticinque anni
quei binari, realizzati dalle ferrovie dello stato, muoiono poco
prima di entrare nella ragnatela degli oltre 120 stands del
Mof, resi inservibili da una vecchia e cadente rete metallica
che impedisce l’accesso ai treni. Milena Gabanelli nella
trasmissione televisiva “Report” denunciò la  vicenda
dei pomodori “pachino” che prodotti in Sicilia venivano
trasportati sui tir e confezionati in quel di Fondi per poi
ritornare in Sicilia e da lì commercializzati in tutta Europa. Tuttavia dopo quella inchiesta nulla di fatto. Tutto è continuato
come prima. Sono decine le persone attualmente indagate o imputate
in processi di mafia che vedono in quel mercato concentrarsi
le attività delle mafie imprenditrici autoctone e quelle
dei casalesi, della ‘ndrangheta, di cosa nostra palermitana
o catanese ma, nulla cambia. Pochi mesi fa la Dda di Napoli
fece arrestare gli esponenti di un clan del trapanese che, stando
all’accusa, in accordo con i sempre presenti mafiosi di Casal di
Principe e con i boss delle famiglie corleonesi dei Provenzano e
dei Riina, avevano costituito un cartello di
controllo monopolistico del trasporto su gomma di interi
comparti della commercializzazione dell’ortofrutta in Italia ed
in Europa.

In alcuni di questi processi la direzione del Mof
di recente nominata dalla governatrice del Lazio Renata
Polverini, si è costituita parte civile ma, la Regione e le
stesse Ferrovie dello Stato, nulla possono o fanno per abbattere
quegli otto metri di rete metallica che impediscono ai treni di
entrare e minare il potere delle mafie. Allora l’azione di
denuncia di Libera e di quanti ci mettono la faccia continua anche
grazie a giornalisti d’inchiesta di prestigiose testate
nazionali,come l’Espresso nell’articolo a firma di Paolo Biondani,
che raccolgono il testimone e non fanno calare il sipario su
queste incredibili storie della mala Italia. Quei binari morti
devono tornare a vivere ed i treni che passeranno ed entreranno
nel mercato di Fondi saranno il segno del riscatto dei
commercianti fondani onesti che si liberano dal buio delle mafie
economiche, politiche e da quelle della coppola e della
lupara.

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