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Storie ordinarie di Quinta mafia

Di Antonio Turri il . Lazio

A Sabaudia, città in
fase di fortissima cementificazione, al centro del Parco Nazionale del
Circeo, è  caldo e sembra un tranquillo 31 luglio di un complicato
e difficile 2010 per il nostro Paese e non solo. 

I giovani di Legambiente e
di Libera, insieme alle associazioni della Casa del Volontariato, hanno
organizzato su un terreno adiacente il lago di Paola la tradizionale
Festambiente. 

Una festa all’interno di un
Parco sfregiato da innumerevoli abusi edilizi e dallo sfruttamento illegale
di uno dei territori aperti consapevolmente e colpevolmente da pezzi
della politica e dell’economia locale all’invasione delle mafie provenienti
dalla vicina regione Campania e dalle altre regioni del sud. 

Si, a Sabaudia è festa
dopo le battaglie di Libera,di Legambiente, dell’Agesci, dell’Arci,
e di moltissime altre realtà associative del Lazio. 

Si festeggia l’impegno dell’ex
Prefetto di Latina Frattasi, quello del caso Fondi per comprendere lo
spessore di uomo delle Istituzioni, delle Forze di Polizia, della Magistratura
e di giornalisti liberi dalle sirene dei laghi di acqua dolce e salata,
che ha permesso di sequestrare all’interno del lago di Paola darsene
abusive a cui erano ormeggiate centinaia di barche a motore, dove si
trovano ancora immobili abusivi per centinaia di metri cubi privi di
qualsiasi autorizzazione ben visibili da ogni luogo e parte del lago
e del Parco. 

Grazie a costoro sono state
interrotte le devastazioni di un ponte e di un canale romano e non è
stata più consentita la navigazione ad imbarcazioni di 40 metri in
un bacino d’acqua ubicato in un territorio protetto da convenzioni internazionali. 

Si a Sabaudia si festeggia. 

In una città dove si presentano
alle elezioni amministrative e si fanno eleggere consiglieri comunali
con problemi di 416 bis, quel reato depenalizzato dai locali garantisti
che va sotto la denominazione di associazione a delinquere di stampo
mafioso. 

Si a Sabaudia, luogo di residenza
elettiva ed effettiva di capi clan della camorra, dove trovano vasti
consensi elettorali politici e amministratori provinciali rinviati a
giudizio per gravi abusi edilizi e non solo, dove le Direzioni Distrettuali
Antimafia di varie regioni d’Italia hanno operato sequestri di beni
immobili, Libera e Legambiente festeggiano, come pur avviene a Casal
di Principe, a Corleone a Bardonecchia o a Forlì. 

Per festeggiare a modo loro,
i ragazzi di Libera e di Legambiente hanno la cattiva abitudine di organizzare
incontri e dibattiti dove invitano, come nel caso in questione, il comandante
del Corpo Forestale dello Stato, il presidente del Parco Nazionale del
Circeo, giornalisti, il responsabile del rapporto ecomafie di Legambiente
e altri “pericolosi personaggi” che parlano e sparlano di legalità. 

Quindi che avviene? 

A rendere giustizia per questi
gravi misfatti, arriva il giustiziere senza maschera e peccato alcuno,
eletto consigliere comunale di maggioranza in quella città così 
ospitale nei confronti dei perseguitati dalle ingiuste accuse di mafiosità

Ore 11:00, sempre del 31 luglio
2010, va in scena il dramma: “qui il padrone sono io”. 

“Voi ladri abusivi che penetrate
nella mia proprietà dopo aver forzato le serrature verrete fatti arrestare
”. 

Attore principale di questo
psicodramma che deve rispondere degli abusi edilizi, nonchè esponente
di punta della maggioranza comunale che nega l’invasione mafiosa e i
sequestri di immobili per centinaia di milioni di euro ai boss di ogni
mafia esistente nel Paese sui territori governati dalla cricca di Fondi
e Sperlonga, la stessa che chiese, a suo tempo, la cacciata del prefetto
Frattasi e dell’allora presidente del Tar Bianchi. 

Minacce, con relativa foto
ricordo da consegnare a chi di dovere, al vice questore del Corpo Forestale
dello Stato, reo di assistere all’incontro di abusivi, regolarmente
autorizzati, però, dal legittimo amministratore del luogo e del lago
nominato dalla Magistratura, in questo caso non viene  riconosciuta
come legittimo potere dal seguace urlante e dai capi cricca. Ma la festa
continua perchè qualche hanno fa, Paolo Borsellino ci insegnò che
dobbiamo avere tutti più coraggio. 

Quindi senza paura alcuna la
festa continua. 

Questo personaggio e i suoi
referenti non ci intimoriscono. 

Scusate ma, alle ore 19:00
la festa per me si sposta a Terracina dove altri inguaribili visionari,
mi invitano a partecipare ad un dibattito sul monotono tema delle mafie.
In un luogo proprio nelle vicinanze di un palazzo sequestrato, nelle
scorse settimane, dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli a
quei benefattori dell’economia del basso Lazio che vanno sotto il nome
del “cartello di Secondigliano”, uno dei più sanguinari clan della
camorra napoletana. 

Non faccio in tempo a terminare
i miei soliti discorsi, noiosissimi, sulla presenza di tutti i clan
delle varie mafie dal Garigliano a Roma, citando nomi, numeri e opere
dei boss di casa nostra e dei loro referenti locali politici ed economici,così
come recitano sentenze, le relazioni della Dia, oltre quella della commissione
di accesso al comune di Fondi composta dai migliori investigatori delle
varie Polizie d’Italia, che una telefonata interessata mi dice di riportarmi
immediatamente a Sabaudia. Perchè? C’era forse stato un assalto da
parte dei clan? No. Peggio! 

Solerti Vigili Urbani di Sabaudia,
che per anni non avevano nemmeno intravisto la costruzione di darsene
abusive ospitanti centinaia di imbarcazioni a motore, la costruzione
di ristoranti e capannoni di notevoli dimensioni senza autorizzazione
alcuna, avevano però notato su indicazione di un loro consigliere comunale
le tende e gli stand di Legambiente e di Libera che esponevano i prodotti
confezionati sulle terre confiscate alle mafie, tra cui quelli delle
terre pontine. 

I vigili  si sono soffermati
a controllare con fare muscoloso le autorizzazioni, pur richieste e
rilasciate su un terreno privato, ad un gruppo musicale che suonava
per decine di ragazzi diversamente abili seduti su sedie a rotelle organizzati
dalla loro associazioni, che hanno assistito allibiti e si sono resi
conto sul come è difficile lottare le mafie nella terra in cui si chiede
invano giustizia per la morte di don Cesare Boschin, morto incaprettato
per aver lottato contro la eco-camorra di Borgo Montello. I giovani
che non chiedono favori e raccomandazioni per lavorare ma che chiedono
diritti, hanno compreso di quale violenza sono capaci i “dritti”
in terra di quinta mafia. 

Ma la festa continua. Quindi
dieci,cento, mille Festambiente.

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