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Nord, tra mafie e affari

Di Stefano Fantino il . Recensioni

Prendiamo due nomi a caso dal cilindro
di storie che Roberto Galullo, storica
firma del Sole 24 Ore, ha riempito meticolosamente
in anni di lavoro. Chi sono
Modesto Verderio e Roberto Cavallone?
Nomi quasi sconosciuti al grande pubblico,
e, non avessi fatto visita al dottor Cavallone
in procura a San Remo, lo sarebbero
totalmente anche per me. Eppure
da queste storie, da questi volti, parte la
ricognizione di Galullo sulle tante, ormai
troppe, storie di capitali sporchi e società
inquinate dalla potenza economica delle
mafie. Cavallone e Verderio, sia ben
chiaro, sono epitomi di storie positive,
volti del cambiamento o potremmo dire
della consapevolezza, che il giornalista,
apprezzato anche per il suo programma
a Radio 24, affianca alle storie e ai volti
che quel malaffare incarnano e rappresentano. 

Si deve, come conferma l’autore
nella prefazione, partire da un qualcosa
di concreto, dai fatti, dalle storie. Se è
pur vero che il fatturato delle mafie sfiori,sicuramente una stima per difetto, i 100
miliardi di euro l’anno, siamo certi che il
dato, seppur mostruoso e spaventoso,
sia in grande di far comprendere la reale
portata di questo cancro?
Forse no, anche perché, cosa peraltro
difficile, riuscire a parlare della portata
economica delle mafie italiane significa
far accettare e riconoscere l’ormai avvenuto
radicamento nel tessuto finanziario
settentrionale, da troppi ritenuto
una roccaforte inespugnabile, di fatto la
chiave di volta per capire l’ingrandimento
economico di ciò che dal Sud ha inevitabilmente
fatto presa sul Nord Italia. E
se è la consapevolezza quella cui si ambisce,
non c’è cosa migliore del parlare
con le storie, i volti, le facce di chi ha
denunciato questa invasione e di chi ha
condotto questa silenziosa infiltrazione
economica. 
A parte una finale parentesi
sulla ‘ndrangheta e sulla sua culla territoriale,
la Calabria, considerata dall’autore
un «buco nero economico, politico e sociale
», tutto il libro scorre, per trecento
pagine, per le strade, le città e i paesaggi
del Nord Italia. Proprio lì nel profondo
settentrione, si annidano, da decenni
le propaggini più avanzate delle mafie
meridionali, siano le potenti ‘ndrine, sia
Cosa Nostra, siano le avanzate manovalanze
del clan dei Casalesi.
Non sono solo dati, sono storie, spesso
sono pallottole, come quelle per l’ex sindaco
di Buccinasco, come quelle, mortali,
che hanno incontrato quasi trent’anni
fa la vita di Bruno Caccia, magistrato che
contro le infiltrazioni ‘ndranghetistiche inPiemonte si era fortemente mobilitato.
E anche la piccola Liguria, dove i soldi
della camorra girano sui tavoli da gioco e
le ‘ndrine hanno da decenni un controllo
proficuo delle attività economiche, senza
che spesso, la luce dei media ne sottolinei
la presenza ormai predominante. 
Mentre ai tavoli del potere si decidono i
grandi investimenti nei colossi Piemonte
e Lombardia, le mafie attendono pronti a
inserirsi. Troppe le storie che Galullo sottolinea,
innestando cronaca e documenti
ufficiali. Troppe per non rendersi conto
degli affari che dall’Emilia al ricco Veneto
le mafie fanno ogni giorno spesso
nel silenzio, rotto solamente da qualche
voce coraggiosa. Verderio lo ricordate?
Lui ad esempio, capace nel Varesotto, di
dare battaglia, da semplice consigliere
comunale. E se nei vicini paradisi fiscali,
Monaco e S.Marino, ben poco può fare
la comunità e la società, qui, da noi, in
Italia, la consapevolezza può portare sicuramente
a meglio equipaggiarsi contro
l’avanzata, economica, delle mafie. Qui
davvero si contano i numeri, e la voglia
di raccontare, documentare, tirare qualche
spallata, magari non decisiva, ma di
rottura, nel muro del silenzio, sono armi
fondamentali per sconfiggere la mafia e
la sua silenziosa mole di affari.

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