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Contro la mafia non la pistola, ma la cultura

Di Antimo Lello Turri il . Lazio

Il trentuno maggio si è  tenuta a Genzano, presso il palazzetto dello sport,  la seconda “festa dei diciottenni”, organizzata dagli studenti del Liceo Classico Joyce con il contributo dell’assessorato alla cultura. Un sacerdote contro le mafie. Questo il titolo che i ragazzi di Genzano hanno dato all’incontro.

Ed eccolo arrivare, alle diciotto, quel sacerdote che si fa subito largo per andare ad abbracciare loro, i diciottenni, che lo aspettano tra i banchetti su cui sono esposti i prodotti di Libera Terra. E’ don Luigi Ciotti. Subito si sofferma a commentare con i ragazzi uno striscione scritto da loro: “Contro la mafia non la pistola ma la cultura”. Inizia l’incontro. 

Don Ciotti parla di libertà  ai giovani presenti. “Vi voglio consegnare una parola forte: libertà”. Ed è chiaro come il giorno che la più grande umiliazione della persona umana è la privazione della libertà. Questo è il messaggio che  Libera e con essa le altre realtà che si battono per la legalità, portano avanti da sempre. Le mafie non rendono liberi  perché usura, violenza, ricatto e dipendenze sono generatrici di sudditanza e assassine della libertà. 

Luigi Ciotti ricorda ai ragazzi che in poco tempo sedici imprenditori del nord est si sono suicidati. Uno di questi perché non riusciva più a pagare i suoi operai. Si parla di crisi, ma questa non è solo di tipo economico. Don Luigi, infatti, parla di crisi della politica e dell’etica. E, purtroppo, tutto ciò è sotto gli occhi di tutti noi. Poi, fa riferimento alla crisi della speranza e fornisce un dato che fa riflettere: da pochi anni il consumo di antidepressivi è triplicato. Vivere è anche sperare ed impegnarsi affinchè le speranze diventino realtà. 

A Genzano si parla di Costituzione repubblicana e il pensiero a chi ha lottato per quella carta e per quel catalogo di diritti e doveri, è inevitabile. Don Luigi chiarisce ai giovani che la legalità è un’esigenza irrinunciabile del vivere sociale, ma denuncia con forza e chiarezza che nel nostro Paese troppo spesso si sceglie la “legalità sostenibile” che, più o meno risuona così: se le regole è conveniente rispettarle, le si rispetta; altrimenti si eludono e si ridicolizzano.     

Il “sacerdote della strada”  afferma che la lotta alle mafie inizia dalla giustizia sociale e, quindi, dal lavoro vero. “Ci sono delle priorità-dice-e queste sono ridare la dignità e far diventare carne i diritti, che troppo spesso restano solo sulla carta”.  

L’incontro si conclude con un momento di commozione autentica, quando Luigi Ciotti cita una frase   dal diario personale di Rosario Livatino, giudice ucciso dalla mafia a 37 anni. “Alla fine della nostra vita non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili”. Ed è sulla credibilità che Libera e il suo Presidente, hanno fondato il loro impegno. 

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