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Caso Piera Aiello, un altro indagato

Di Rino Giacalone il . Sicilia

Anzichè protetta si ritrovò all’improvviso scoperta, località segreta e dunque identità di copertura svelate, la vita che si era rifatta di colpo messa in pericolo. Era la primavera dell’anno scorso. Ancora pochi mesi e l’ulteriore «tradimento» con tanta di carta bollata dello Stato, la fine della protezione fino a quel momento garantita dal ministero dell’Interno. Fu a quel punto che Piera Aiello con la sua identità non più nascosta, e senza più alcuna tutela, si presentò nella sua casa di Partanna, con la sola scorta «civile» dell’associazione antimafie «Rita Atria», e quella garantita da Libera e da altre associazioni e di tanta gente colpita dal suo caso.  

In pochi giorni il Viminale fece marcia indietro su tutto, ripristinò sopratutto la protezione per quella donna che giovanissima rimasta vedova, il marito le fu ucciso mentre questi cercava vendetta per la morte violenta del padre, aveva deciso di raccontare al procuratore Borsellino prima e ai giudici di mezza Sicilia dopo le vicende mafiose del Belice e di Partanna, senza mai ritornare indietro sui suoi passi, convinta a dare un serio contributo contro la mafia. Fase dolorosa segnata anche dal suicidio della cognata Rita Atria, come lei testimone di giustizia.

Il 30 marzo Piera Aiello era in Tribunale a Marsala, non come testimone di giustizia, ma come parte offesa davanti al gup Annalisa Amato. La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio del maresciallo Salvatore Ippolito, 38 anni, partannese, che avrebbe rivelato la località segreta dove si trovava Piera Aiello, indagato per rivelazione di segreti. Ippolito non c’era in aula, presente il suo avvocato, Giovanni Caracci, che ha chiesto il rito abbreviato per il suo assistito. Ha acconsentito il pm Giulia D’Alessandro, il processo verrà avviato il 4 maggio. Nel frattempo il gup Amato ha ammesso come parti civili Piera Aiello e l’associazione antimafie «Rita Atria». Sono rappresentati dall’avv. Giuseppe Gandolfo, che ha anticipato la richiesta della Aiello di 1 milione e mezzo di euro per risarcimento danni, richiesta di risarcimenti anche per l’associazione «Rita Atria», 100 mila euro. Gandolfo nel suo intervento ha detto di avere messo in evidenza la clamorosa assenza dello Stato da questa vicenda, ma ha anche voluto sottolineare che la costituzione di parte civile è fatta moralmente anche in nome della stragrande maggioranza dei Carabinieri che al contrario dell’indagato svolgono con grande senso di responsabilità e di impegno il loro lavoro a difesa delle istituzioni e di tutti i cittadini che collaborano con lo Stato.

L’udienza si è  svolta in una camera di consiglio «inviolabile», proprio per la presenza di Piera Aiello, stavolta, almeno, le istituzioni sono state attente. Il 4 maggio potrebbe essere pronunziata la sentenza. Ma il «caso» non sembra essere chiuso. Ci sono ancora indagini in corso per i «buchi» che l’anno scorso si sono aperti nella rete di protezione di Piera Aiello, un altro carabiniere sarebbe indagato.

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