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La Bari dei “colletti bianchi”

Di ste. fa. il . Puglia

I numeri sono impressionanti. 83
arrestati, 220 milioni di euro sequestrati e centinaia di finanzieri
al lavoro per una operazione che sicuramente ha pochi precedenti
simili. E non solo in termini quantitavi. L’ordinanza emessa dai
giudici baresi tocca infatti non solo vecchi boss della criminalità
barese, come Savinuccio Parisi, ma interessa anche diversi nomi di
professionisti, bancari, avvocati, amministratori che sono accusati,
a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso,
tentato omicidio, usura, riciclaggio, turbativa d’asta, e traffico
internazionale di sostanze stupefacenti. Tra gli indagati figurano
Elvira Savino, deputata del Pdl, indagata per trasferimento
fraudolento di valori e gli avvocati Gianni Di Cagno, ex componente
del Csm ed ex vicepresidente della Provincia e Onofrio Sisto, anche
lui ex presidente della Provincia. Entrambi i professionisti sono
accusati di concorso in riciclaggio.

Mafia barese, nuove mutazioni

Secondo i magistrati l’operazione
riesce a fotografare perfettamente la situazione della mafia
pugliese, il suo vero volto. Con il coinvolgimento di persone
collegate alla “elite cittadina”. Sugli 83 provvedimenti
restrittivi 53 persone sono state poste in carcere e 30 ai
domiciliari: spiccano Parisi, tornato da poco in libertà
dopo aver scontato una pena definitiva, e da tempo noto come
esponente di spicco della mala barese, e Antonio Di Cosola, altro
capo del clan omonimo contrapposto a quello degli Strisciuglio. Per
il procuratore capo Laudati l’importanza è anche quella di aver fatto luce sugli scontri
interni nel barese: «Questa indagine e’ particolarmente importante
perchè, al di là di quella che e’ la composizione dei clan, dirige
la sua attenzione sul caos dello scontro tra i clan nel territorio
pugliese. La causa di questo scontro e’ la gestione di un enorme
flusso finanziario e di un enorme ricchezza accumulata negli anni,
prima attraverso il contrabbando di sigarette e poi attraverso lo
spaccio di stupefacenti»’. Denaro che ora ritorna sotto forma catene
di supermercati, aziende, ristoranti e scuderie di cavalli.

I sequestri e il riciclaggio

Nell’ illustrare i risultati
dell’operazione  Laudati, coadiuvato dal
procuratore nazionale antimafia Grasso, è stato messo in luce
l’importanza all’interno del giro criminale dell riciclaggio che
veniva effettuato attraverso società estere come la
società londinese di bookmaker dedita alle scommesse clandestine, la
‘Paradisebet limited’ di Londra, che secondo l’accusa dal febbraio
2001 ad oggi ha fatturato milioni di sterline raccogliendo scommesse
in molti Stati. Per conto del clan Parisi, essendo costituita da
affiliati dello stesso, stando alla procura. Di sicuro la società
era già stata al centro di indagini da parte della procura barese
nel 2007 e non risulta nuova agli inquirenti che già due anni fa
aveva visto nove indagati con l’imputazione di aver costituito e
preso parte a un’associazione per delinquere finalizzata
all’esercizio delle scommesse clandestine.

Il lavaggio di denaro sporco è anche
al centro del sequestro delle quote societarie di “Sport&More”,
azienda di commercio di abbigliamento sportivo, che aveva, secondo
gli inquirenti, la funzione di lavanderia di soldi illeciti del clan
Parisi. 

Professionisti sotto inchiesta

Coinvolti nell’indagine della Procura
due avvocati di spicco come Gianni Di Cagno e Onofrio Sisto: il primo
consigliere di centrosinistra del Csm, il secondo ex vicepresidente
provinciale, sempre di centrosinistra. Per entrambi la Procura ha
notificato provvedimenti interdittivi dall’attività professionale
della durata di due mesi. L’accusa per i due avvocati è quella di
concorso nel reimpiego di denaro sporco, nello specifico per non aver
rispettato gli obblighi di segnalare le attività sospette alle
autorità competenti. Inoltre di aver avuto rapporti professionali,
per i quali avevano ricevuto regolare mandato, a rappresentare
l’imprenditore Michele Labellarte (morto nel settembre scorso) nei
rapporti con enti pubblici per curare la realizzazione di un campus
universitario che avrebbe dovuto ospitare 3.500 studenti nei pressi
di Bari. Il punto è chiave è proprio Labellarte che secondo la
Guardia di Finanza era colui che, con l’utilizzo di prestanome,
riciclava i proventi illeciti del clan Parisi e quelli derivanti da
una bancarotta che egli stesso aveva compiuto in passato. Anche un
terzo professionista è stato colpito dal provvedimento interdittivo
della durata di due mesi: è il notaio barese Francesco Mazza,
indagato per un falso compiuto in relazione a un’asta giudiziaria.

La politica

Nell’indagine della
Guardia di finanza di Bari sono coinvolti anche amministratori di
alcuni Comuni del barese e professionisti. Per capire la situazione
bisogna ripartire proprio dai proprio dal campus universitario che si
aspirava a costruire nei pressi del capoluogo barese, una
struttura tra le più grandi d’Italia capace di accogliere oltre
3.500 studenti offrendo strutture didattiche d’avanguardia. Ebbene, ecco il coinvolgimento degli amministratori: le concessioni per la
costruzione. L’associazione criminale si sarebbe servita di
insospettabili professionisti e di amministratori pubblici del Comune
di Valenzano, in particolare dell’ex vicesindaco Donato Amoruso e
dell’assessore Vitantonio Leuzzi, che si sarebbero adoperati per
agevolare l’iter burocratico legato all’approvazione delle
concessioni, con la promessa – secondo le indagini – di partecipare
agli utili frutto della vendita dei beni realizzati. Proprio per
questo gli amministratori sono inquisiti: sono indiziati di aver
rilasciato autorizzazioni amministrative per favorire l’attività
imprenditoriale apparentemente lecita del clan Parisi, gli altri di
aver offerto la propria consulenza per favorire gli affari illeciti
del boss.

Ma non è tutto, tra gli indagati anche
la parlamentare pugliese del Pdl, Elvira Savino, 32 anni, inquisita
per aver agevolato l’attivita’ di riciclaggio del denaro proveniente
dalla bancarotta della societa’ ‘New Memotech srl’ per la quale
l’imprenditore barese Michele Labellarte, come già citato, era
stato condannato per bancarotta fraudolenta. La Savino avrebbe
agevolato l’attivita’ illecita consentendo la fittizia intestazione
di un conto corrente bancario. In cambio avrebbe ottenuto – sempre
secondo l’accusa – “numerosi favori e regalie”: la
concessione di una carta di credito collegata alla promozione di un
vettore aereo con addebito sul conto di Labellarte (giugno 2007); il
cambio di un assegno di 3.000 euro datole dal fratello Gianni
(ottobre 2007); tre aiuti finanziari per complessivi 3.500 euro (nel
2008); il pagamento di un biglietto aereo Roma-Bari nel 2008; due
ricariche telefoniche (nel 2008).

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