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Aiutò i mafiosi, tornato libero gli dedicano una festa

Di Rino Giacalone il . Sicilia

Il carcere lo aveva tenuto lontano dai luoghi natii e al ritorno, dopo avere pareggiato i conti con la giustizia, c’è stata una festa in suo onore, per la riammissione nella società che così dimostrava che di lui non si era dimenticata. Il protagonista di questa storia è un commerciante di Marsala, Francesco Bonventre, quasi sessantenne, arrestato nel 2002 nell’operazione antimafia «Peronospera» è stato condannato e ha trascorso gli ultimi due anni in carcere. Fu coinvolto nell’estorsione ad un suo conoscente, all’imprenditore Vito Zichittella, titolare di una azienda di produzione di caffè, la Zicaffè, con tanto di candelotto di dinamite lasciato dai mafiosi sul davanzale di quella acsa che Bonventre aveva indicato loro.

Francesco Giuseppe Bonventre, 58 anni, soprannominato “u pannere” per via della sua attività, commerciante di tessuti, cognato del giudice Salvatore Cassata, ora deceduto (giudice noto per essere stato citato in una canzone del cantautore Roberto Vecchioni che da questi aveva patito un arresto) nell’indagine «Peronospera , prima che il suo nome venisse fatto da un pentito di mafia Mariano Concetto, saltò fuori dalle intercettazioni della Polizia: fu sentito a colloquio con uno degli esponenti di spicco della mafia di Marsala, Gigi Adamo, tanto in confidenza da chiedergli notizia di «tale Natale». Adamo in quell’occasione lo zittì, gli accertamenti permisero di appurare che il tizio del quale Bonventre chiedeva notizie non era altro che l’allora latitante Natale Bonafede, capo della mafia marsalese.

Bonventre fa parte degli indagati che hanno preferito il silenzio alle parole, che se hanno parlato lo hanno fatto solo per respingere le accuse. Ma la Cassazione ha riconosciuto piena colpevolezza. È una delle persone che gli investigatori hanno collocato nella «zona grigia» dove, dicono, e mostrano le prove, ad ogni occasione, non ci sono «punciuti» ma complici di Cosa Nostra. Persone che sapevano con quale «amico degli amici» poter parlare in caso di bisogno. Nonostante tutto questo, è successo che al Circolo Canottieri di Marsala, noto ritrovo della società bene marsalese, che si trova sulla costa di capo Lilybeo, dirimpetto alle isole Egadi, Bonventre è stato riammesso come socio. La qualcosa hafatto storcere il muso a molti soci, tra loro vi sono anche diversi magistrati, giudici, funzionari e dirigenti di Polizia, e avvocati; qualcuno medita le dimissioni, ma il presidente del circolo Canottieri, Maurizio Albertini si dice sorpreso di tanto clamore. Conferma che Bonventre «fa parte dei soci» e che «non è sconosciuta la sua vicenda giudiziaria», e però, dice, «non mi sono posto il problema, nè nessuno è venuto mai ad opporre qualcosa, se l’avesse fatto certo ne avremmo discusso». Tutto normale allora? Sembra proprio di sì a sentirlo.

Il Circolo Canottieri, che è quello del quale è stato presidente fino a qualche tempo fa, il sindaco della città di Marsala avv. Renzo Carini, in questi giorni e per le settimane d’estate ospita una rassegna di libri dedicati all’Antiracket (promossa dalla locale associazione). Si può dire, il «solito» mescolamento di carte. La mafia agisce e l’antimafia che talvolta resta «parolaia». Il «pizzo» a Marsala, come ha confermato la recente operazione «Raia», è l’attività che la mafia continua a praticare quasi a setaccio e dalla loro, i mafiosi, hanno il fatto che pochissimi sono quelli che denunciano la richiesta estorsiva. Il «segnale» che una persona coinvolta in estorsioni finisca per essere riaccolta a braccia aperte, al contrario magari della «vittima» che si vede emarginata, rischia però di diventare un segnale scoraggiante. Tra sabato e domenica scorsa l’amministrazione comunale ha voluto organizzare la «notte bianca» all’insegna della legalità, dedicandola all’ex magistrato Roberto Piscitello, oggi nell’ufficio di Gabinetto del ministro della Giustizia alfano, oggetto di ripetuti segnali intimidatori, e al vice questore e capo della squadra mobile di Trapani Giuseppe Linares, contro il quale è comparsa giorni or sono una minacciosa scritta sull’autostrada. È questa la festa dovrebbe essere la linea comune da seguire.

Ma la strada è impervia a volte in un territorio, quello di Trapani, dove si fa festa per chi esce dal carcere avendo saputo stare zitto, e si discute di etica a proposito di chi ha pubblicamente rotto i ponti col passato e collaborato con la giustizia, come succede ad un paio di imprenditori che hanno ricostruito alcuni retroscena sulle commistioni tra mafia, imprenditoria e politica. Per loro niente festa.

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