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Telefonavano da cabine pubbliche per imporre pizzo ad imprenditori

Di Norma Ferrara il . Puglia

Minacciati con “regalini e aperitivini” i nomi in codice che 
gli estorsori avevano dato ad “attentati e incendi”. Vittime di
questa richiesta di pizzo quattro imprenditori di Bari. Minacce e ricatti in
pieno stile mafioso quelle rivolte verso titolari di ditte di
autotrasporti ai quali veniva chiesto di corrispondere “la quota”
altrimenti ci sarebbero stati pesanti conseguenze nei loro confronti e
soprattutto dei loro famigliari attraverso “regalini”, appunto.

I quattro imprenditori opervano a Triggiano a pochi chilometri dal capoluogo
pugliese e qui svolgevano la loro attività “vessati” da queste
imposte dovute ai clan pugliesi, a dispetto di quello che in questi anni in
molti pensano, ancora operativi nella regione. Le mafie hanno le mani ancora
ben salde nel mercato economico: dal contrabbando alle estorsioni, negli affari
illeciti del traffico di droga e di prostituzione, sino ai contatti con la
politica e il mondo
finanziario

E’ stata una operazione dei carabinieri di Bari a raccogliere numerose prove
che hanno portato all’arresto di quattro persone: Domenico Galletta, 49 anni di
Bari, Christian Luca Strisciuglio, di 28 di Cellamare, e i triggianesi Paolo
Petruzzi, di 34 anni e Nicola Sandro Grandolfo, di 43.

I quattro sono stati scoperti grazie alle intercettazioni telefoniche e altri
riscontri investigativi, nonostante la precauzione usata dagli estorsori di
chiamare sempre da cabine telefoniche pubbliche diverse. L’accusa è di
estorsione di 20mila euro e di attentato incendiario ai danni di uno dei mezzi
della ditta di autotrasporti. Per loro sono stati disposti gli arresti
domiciliari.

Estorsione, pizzo e mafie in Puglia non sono argomenti prioritari da quando la Sacra Corona Unita
ha subito battute d’arresto sul versante militare. Eppure proprio in merito ai
dati del pizzo nell’ultimo rapporto di Sos impresa si legge “la pressione estortiva che si concentra nella
città di Bari e il suo hinterland copre una vasta area che va dalla provincia
di Foggia a quella di Brindisi, con una leggera attenuazione, in questo ultimo
periodo al Salento leccese
“. Bari dunque capoluogo anche del
pizzo secondo il rapporto stilato ogni anno da Sos impresa. I numeri del
capoluogo per il 2008 sono di  483 attentati incendiari 292 
danneggiamenti a ditte e macchinari e infine 35 attentati contro persone.

E oltre al pizzo, Bari fa registrare anche una notevole presenza del fenomeno
dell’usura. Secondo il rapporto nella provincia coesistono varie figure di
usurai: “dal vecchio usuraio di vicolo
alla famiglia che fa del prestito ad usura la sua attività lavorativa. Queste
figure popolari, molte volte donne che prestano ad altre donne, convivono o
sono promanazione dei clan di cui è sta
ta accertata, nel corso di indagini ed
operazioni delle forze dell’ordine, un’intensa attività usuraria”.

Numeri che non lasciano intendere la cessazione di attività mafiose della Scu
ma neanche delle mafie dell’hiterland barese che sono da anni dedite al
traffico con l’est europa nel silenzio dei media e della politica continuano ad
operare anche se nell’immaginario comune non ci sono più.

da repubblica.it

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