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Trapani, una sentenza condanna la mafia diventata impresa

Di Rino Giacalone il . Sicilia

“Un uomo valoroso”. Uno di quelli che ha saputo “fare da argine al crimine organizzato e mafioso”. Frasi forti, che lo sono ancora di più perchè scritte su di una sentenza, un atto giudiziario che per sua natura alla pari di altri concorre a fare la storia di questo e di qualsiasi altro Paese del Mondo. O almeno così dovrebbe essere, se poi non acacde che mafiosi conclamati vengono presentati come eroi. A Trapani è stato depositato il contenuto di un accertamento giudiziario della verità che è netto, chiaro. In questa sentenza c’è la condanna a 20 anni dell’imprenditore trapanese Francesco Pace che per conto di Matteo Messina Denaro trasformò la mafia in una holding imprenditoriale. L’uomo valoroso e coraggioso ovviamente non è lui, è un ex prefetto della Repubblica, Fulvio Sodano che contro il tentativo di Cosa Nostra di inquinare del tutto il tessuto imprenditoriale della provincia di Trapani dedicò le sue energie, finendo però male, maltrattato dal Governo, dal suo ministero, dalla politica. Contro di lui i mafiosi ebbero ragione solo per una cosa, quando si videro persi, cominciarono a chiamarlo “tinto” e cominciarono a dire, parlando tra loro, “che se ne doveva andare”. E fu davvero così. L’ordine di trasferimento nel luglio 2003 da Trapani ad Agrigento gli arrivò un pomeriggio, poche ore dopo avere ricevuto conferma contraria da Roma e che cioè sarebbe rimasto a Trapani. Ministro dell’Interno era Giuseppe Pisanu, attuale neo presidente della commissione nazionale antimafia.

Cosa racconta questa sentenza. Racconta di come la mafia è diventata impresa, ha controllato le imprese, inquinato gli appalti pubblici. Una sentenza che ha svelato anche altro. I giudici del Tribunale di Trapani, presidente giudice Gaetano Trainito, accogliendo in toto le conclusioni del pm Andrea Tarondo, uno dei magistrati che hanno fatto scrivere tante sentenze di condanna contro i mafiosi trapanesi, determinando la stesura di pagine di storia che però restano non del tutto lette ancora oggi dall’opinione pubblica, in 300 pagine hanno ricostruito gli «affari» di Cosa Nostra trapanese. Appalti, cemento, controllo delle imprese, imposizione di forniture e pizzo. Tutto questo senza incontrare ostacoli e resistenze nel mondo delle imprese. Tra “le scoperte” quella di un preziario per il «pizzo». Un prezzario» che non includeva deroghe.
Nel periodo recente, quello preso in esame dalla sentenza (e cioè tra il 2000 ed il 2005), gli imprenditori che sono venuti a lavorare a Trapani anche da fuori provincia, quelli che si sono aggiudicati gli appalti pubblici, sapevano che dovevano pagare il tre per cento dell’importo stanziato per l’opera pubblica da realizzare, coloro i quali invece hanno costruito appartamenti con l’edilizia privata altrettanto sapevano che dovevano tirare fuori 1 milione di lire a casa realizzata. Per i «palazzinari» c’era poi una regola nella regola: i pagamenti andavano fatti tre volte l’anno, «a ferragosto, Pasqua e Natale».
Ma c’erano anche altre regole da rispettarsi. Le imprese hanno ubbidito all’obbligo di doversi rivolgere alla «cupola», fatta da altri imprenditori, per il movimento terra, «quando c’erano da fare gli scavi», quando «dovevano comprare cemento e piastrelle di varia natura, rivestimenti e infissi», quando veniva il momento di collocare impianti idraulici ed elettrici. In sostanza tutte le fasi dei lavori, pubblici e privati, non potevano sfuggire al «controllo».
Che le cose dovevano funzionare in questo modo, e che era Pace a potere «comandare», fu stabilito con un «pizzino», firmato dal capo mafia di Trapani Vincenzo Virga, il capo mafia che “regnò” tra il 1983 ed il 2001, catturato dalla Polizia nel febbraio 2001. Virga indicò Pace come suo erede in questo modo: «Tutte le imprese con Pace». ma fu il volere di Matteo Messina Denaro a “incoronare” Pace più di quel pizzino. Il boss belicino fece fuori i vecchi boss, Ciccio Genna e Nino Buzzitta, tornati liberi anche loro di recente, perchè oramai come imprenditori non avrebbero potuto fare più nulla. Pace invece era tornato libero dopo una assoluzione, con tanto di risarcimento. Lui si vantava di questa circostanza di aver fatto fesso lo Stato. Ma il sorriso presto gli è sparito dalla sua rotonda faccia.

C’è anche altro dentro questa sentenza. Sono ricordati il consiglio di un poliziotto scoperto essere «infedele» e l’azione di altri poliziotti, quelli della squadra Mobile diretta dal vice questore Linares, che fece scoprire la «tragedia» che stava per essere organizzata. In mezzo l’allora prefetto Fulvio Sodano. Quando i mafiosi si accorsero delle resistenze del prefetto Sodano, niente affatto disponibile a vedere fallita la Calcestruzzi Ericina, azienda confiscata che la mafia rivoleva, ci fu un agente, ignaro delle indagini, che interpellato suggerì il da farsi: suggerì di mandare qualcuno, con un registratore nascosto addosso, a colloquio col prefetto Sodano, «provocarlo a tal punto da ottenere una reazione in modo da porlo in situazione critica» e usare tutto questo «per la cacciata da Trapani». Altri investigatori della polizia erano però sulle tracce da chi «ordiva complotti» e accadde che la Calcestruzzi Ericina non fallì, non fu venduta, nel giro di due anni scattarono gli arresti e si scoprì la tela dell’inquinamento mafioso.
L’unica cosa che le indagini non riuscirono ad evitare fu per l’appunto nel 2003, due anni prima degli arresti, il trasferimento, risultato improvviso, da Trapani di Fulvio Sodano. I mafiosi sono stati ascoltati a parlare di lui con accesa «malevolenza e acredine» (annotano i giudici nella sentenza). I mafiosi volevano che non fosse il solo ad andare via. Tra le pagine della sentenza è riportato ciò che andava dicendo «don» Ciccio Pace e cioè che «Linares (capo della squadra Mobile, ndr), prefetto e questore, se ne devono andare tutti e tre a braccetto».

Solo Sodano andò via. Lo Stato e assieme a questo le istituzioni che lui aveva fatto vincere nella battaglia per salvare la Calcestruzzi Ericina lo ricambiarono con la cacciata e oggi con il fatto che lui resta quasi dimenticato. Una proposta di cittadinanza onoraria a Trapani è fallita (Sodano è però diventato cittadino onorario di Erice e Marsala) perchè il sindaco della città di Trapani, Girolamo Fazio ha messo per iscritto le ragioni secondo le quali Sodano non merita il riconoscimento, per essersi prestato a strumentalizzazione politica. La risposta a questa affermazione sta nella risorta Calcestruzzi Ericina che come Sodano voleva non è fallita e oggi si prepara a diventare la prima impresa del meridione specializzata in riciclo di sfabbricidi, in industria moderna e all’avanguardia.

La calcestruzzi Ericina è oggi più che mai grazie pure ai suoi operai guidati da un raginiere di eccezione, Giacomo Messina, ad un amministratore giudiziario accorto, Luigi Miserendino, una impresa pulita che ha battuto i mafiosi.

E non è poco in una provincia dove la mafia purtroppo continua ad esserci e ad avere a disposizione una incredible serie di “complici”. Anche altolocati.

 

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