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Spazzato via l´impero di Buttitta, sequestrati beni per 100 mln

Di Nino Fricano il . Sicilia

Beni immobili dal valore di oltre 100 milioni di
euro sono stati sequestrati questa notte dai carabinieri del gruppo di
Monreale ai danni degli eredi dell’imprenditore edile bagherese
Salvatore Buttitta, morto per cause naturali nell´agosto scorso. Sei
mesi prima della morte, Buttitta aveva ottenuto l’assoluzione in primo
grado, seppur con formula dubitativa, dal reato di associazione
mafiosa.

Altri sequestri per decine di milioni di euro avevano già
colpito l´imprenditore nel 2006 e nel 2007. Tra i beni finiti questa
notte sotto sequestro dai Carabinieri ci sono 214 terreni per
complessivi cento ettari adibiti a pascoli, agrumeti, oliveti e
vigneti, e 33 immobili tra Palermo, Bagheria, Altofonte, Altavilla
Milicia, Polizzi Generosa, Santa Cristina Gela, Belmonte Mezzagno,
Santa Flavia e Termini Imerese. I beni erano intestati alla moglie di
Buttitta, Giuseppa Avorio, ai figili Francesco, Gaetano, Giuseppe e
Laura Buttitta.

Sequestro nonostante l’assoluzione.
Le misure di “prevenzione patrimoniale” come il sequestro dei beni non
sono necessariamente collegate allo svolgimento del processo penale.
C’è un altro giudice, che si occupa appunto delle “misure di
prevenzione”, che analizza tutti gli elementi probatori e procede ad
una valutazione autonoma. Per ricorrere al sequestro, inoltre, basta il
“fondato sospetto” dell’appartenenza del soggetto all’associazione
mafiosa, invece della “certezza” che è richiesta in sede di processo
penale. Tutto, ovviamente, deve essere suffragato non da “mere
congetture”, ma da “indizi concreti”.

Le accuse dei pentiti.
L’ultimo sequestro ai danni della ditta Buttitta è frutto di due anni
di indagine, scaturite dalle dichiarazioni del boss di Trabia Diego
Rinella, arrestato nel 2003 dopo una lunga latitanza. Le rivelazioni di
Rinella ricalcano quelle di altri collaboratori di giustizia come
Pietro La Chiusa, Angelo Siino, Ciro Vara e Nino Giuffrè. Secondo i
pentiti, Buttitta avrebbe sfruttato l’appoggio della famiglia mafiosa
di Bagheria per raggiungere una posizione dominante nel settore edile
della città di Bagheria, acquisendo – per esempio – una grossa cava
all’interno del territorio comunale, e divenendo il fornitore
principale per le imprese edili operanti a Bagheria. Col passare del
tempo, l’imprenditore avrebbe esteso le sue attività fino ad Altofonte
e Caccamo, godendo dei “trattamenti di favore” dei boss locali, tra i
quali – appunto – i Rinella di Trabia. Secondo i pentiti, inoltre, le
cave di Buttitta sarebbero state utilizzate più volte per importanti
riunioni tra gli esponenti di spicco di Cosa Nostra. La sentenza di
primo grado, emessa ad inizio 2008, confermava molte delle collusioni
di Buttitta con la mafia, ma assolveva l’imprenditore perchè in qualche
modo era stato “costretto” ad avere determinati rapporti. La sentenza,
senza mezzi termini, definisce la zona di Bagheria degli ultimi
trent’anni come “un contesto in cui tutte le scelte imprenditoriali
devono tener conto della presenza di Cosa Nostra”.

Sequestro nonostante il decesso.
Il decreto di sequestro, emesso dal Tribunale di Palermo su richiesta
della Procura Antimafia rappresenta la prima applicazione di una norma
contenuta nel cosiddetto “pacchetto sicurezza” varato dal governo nel
maggio scorso. La norma prevede che le misure prevenzione patrimoniale
possano essere applicate anche agli eredi, in caso di morte del
soggetto.

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