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Centocelle, incendi e paure

Giuseppe De Marzo * il . Lazio

4845802_2119_pecora_elettrica_corteoNella notte tra l’8 ed il 9 novembre è stato incendiato un altro locale a Centocelle, nella periferia est di Roma. Ad andare in fumo il Baraka Bistrot, in via dei Ciclamini. Il terzo rogo doloso in poche settimane, il quarto in sei mesi. Il primo era stato alla libreria Pecora Elettrica, in via delle Palme, data alle fiamme tra il 24 e il 25 aprile. Poi è toccato alla pizzeria a pochi metri, Cento55 Pinsa Romana, incendiata tra l’8 e il 9 ottobre.

Nella notte del 5 novembre, a poche ore dalla sua riapertura resa possibile grazie alla solidarietà di tanti che aveva consentito di raccogliere 50 mila euro, hanno nuovamente dato fuoco alla Pecora Elettrica. Subito dopo una manifestazione spontanea ha attraversato il quartiere.

Dopo nemmeno poche ore l’attentato incendiario al Baraka Bistrot, aperto da nemmeno due mesi grazie all’impegno ed alla passione del suo gestore Marco. Non conosceva i proprietari della Pecora Elettrica, ma aveva espresso solidarietà per quanto accaduto. Oggi anche lui alza bandiera bianca. Non ha mai ricevuto minacce, ma dopo il rogo non intende più riaprire. È rassegnato. Un altro pugno in faccia al quartiere ed alla Capitale.

Chi ha compiuto questi attentati ha dimostrato tutta la fragilità e l’inefficacia del dispositivo securitario messo in campo dalla questura e dalla giunta Raggi. Nonostante le camionette ed il dispiegamento delle forze dell’ordine, l’attenzione mediatica prodotta dal rogo di poche ore prima alla Pecora Elettrica, i bar aperti tutta la notte, gli attentatori hanno agito comunque.

Spaccio, racket, politica, pizzo, usura, speculazione sul futuro sviluppo di un quartiere molto vivo negli ultimi anni?

Le motivazioni possono essere diverse, ma ad ora l’unica certezza è la paura di molti. Paura e rassegnazione sono obiettivi importanti da raggiungere per qualsiasi interesse privato o mafioso si voglia fare beffa di istituzioni, delle regole e del bene comune. Con la paura e la rassegnazione si può governare meglio e fare affari, omologando gusti e consumi. Con la paura si isolano e cancellano gli anticorpi sociali, gli unici rimasti a difendere l’interesse generale ed a promuovere una politica fondata sul bene comune.

La partecipazione dei cittadini e l’affermazione dei diritti sociali sono infatti l’unico antidoto agli interessi criminali e mafiosi ed al loro potere violento. La sicurezza per le strade la fanno i cittadini che vivono il quartiere, le realtà sociali con le loro attività di mutualismo, le scuole e le insegnanti con il loro impegno civile, gli anziani ed i bambini con le famiglie nelle piazze e nei parchi, i comitati di quartiere con le loro attività culturali accessibili a tutti.

Le istituzioni sociali sono state invece gradualmente abbandonate in questi anni dalle istituzioni rappresentative. L’interesse della politica si è spostato sulla piazza virtuale, che ha sostituito quella reale. La politica è oggi dematerializzata, oltre che privatizzata.

Roma è specchio della rappresentazione di un scontro politico in atto nel paese, tutto personale ma senza rappresentanza. Un populismo senza popolo, ma che nel suo nome rafforza esclusivamente interessi privati ed impedisce una presa di parola collettiva, generando frustrazione e livore in basso.

Uno scontro che non produce cambiamento reale e non migliora la condizione materiale di un paese che da più di 10 anni vive una crisi senza precedenti che ha trasformato Roma nella capitale delle disuguaglianze e della corruzione e l’Italia nel paese tra i più diseguali e impoveriti del Continente.

Per uscirne fuori abbiamo bisogno che la democrazia ritorni a dare speranza a chi è in difficoltà, ai cittadini comuni, ed a fare paura a tutti coloro che in questi anni hanno usato la violenza, l’odio ed il ricatto come strumenti per portare avanti i loro interessi privati.

* Responsabile di Libera per le politiche sociali; coordinatore nazionale Rete Numeri Pari

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