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Dopo le inchieste “sgradite” di Estreme Conseguenze arrivano le minacce

Monica Andolfatto * il . Informazione, Veneto

estreme-conseguenzeScegliere un argomento, di cronaca recente o passata ma che comunque investe per valenza e portata un pezzo della nostra vita o della nostra storia. E scandagliarlo, vivisezionarlo, portando alla luce aspetti rimasti in ombra, trovando collegamenti sfuggiti, scoprendo relazioni impensabili e addirittura insospettabili. Accertando contraddizioni, svelando omissioni, smascherando notizie false o addomesticate. Per poi scrivere e condividere le conclusioni cui si è arrivati con i lettori. Nel caso specifico con i fruitori della Rete.

Un metodo. Scomodo. Quello del giornalismo, ancor più se d’inchiesta. Che fa e si fa domande, spesso fastidiose. Così, in sintesi, William Beccaro spiega Ec, ovvero Estreme conseguenze, il sito di informazione che ha contribuito a fondare, mettendolo on line dal settembre 2018. La sede della redazione è a Verona, ma i quattro redattori assunti, direttore responsabile compreso, girano per l’Italia.

Da allora diverse le inchieste pubblicate con cadenza settimanale e che hanno suscitato dibattito e a volte scalpore. Vari i filoni aggrediti: dall’Ilva di Taranto all’inquinamento da Pfas in Veneto, dall’uranio impoverito nei poligoni della Sardegna, al traffico d’armi e ai fighters italiani partiti per combattere contro le milizie dello stato islamico, dalla strage di Bologna all’omicidio Pecorelli, dai mafiosi pentiti alla questione di genere e ai diritti civili.

Temi scottanti che più di qualcuno preferirebbe abbandonare. Temi che suscitano reazioni scomposte e che sfociano in minacce e insulti recapitati via mail o via social. “Cose che abbiamo messo in conto e con cui ci confrontiamo. Per certi versi scontate specie se si parla di migranti o di sicurezza”. Ma le intimidazioni vere sono altre. Come ricevere – è successo la scorsa settimana – una busta con un proiettile. E per i cronisti è stata come una fucilata in piena faccia. Sull’episodio stanno indagando i carabinieri che hanno chiesto il più stretto riserbo.

“Una missiva a cui fatichiamo attribuire una paternità precisa. Non ci sono caratteristiche o indicazioni tali da far ipotizzare una eventuale pista. Un nostro reportage ha fatto riaprire alla Procura di Roma il caso Pecorelli e, anche se non ci sono prove dirette di un eventuale correlazione; Orazio Pino, affiliato a Cosa Nostra e ex collaboratore di giustizia, è stato assassinato due settimane dopo la nostra intervista in cui, chiedendo di essere nuovamente protetto dallo Stato, parlava degli affari di Misterbianco. E poco dopo nella stessa cittadina catanese sono state arrestate 26 persone”.

Gli investigatori considerano la busta con il proiettile tutt’altro che una bravata da sottovalutare e lo inquadrano in una sorta di escalation del terrore. “Sì siamo spaventati. No, non ci fermeremo – continua Beccaro, sulla linea dell’editoriale con cui informava del fatto – perché se EC chiude le inchieste si fanno lo stesso. Quello che produciamo noi cronisti è un lavoro collettivo. Il giornalismo lo intendiamo così: ognuno fa il suo pezzettino, a prescindere dalla testata per la quale scrive, e c’è sempre qualcuno che continua il lavoro fatto da un altro giornalista. Nessuno è indispensabile. Ci sono molti colleghi bravi e sono molto fiducioso. Siamo in tanti e intimorire tutti non è possibile”.

Fra i pericoli in agguato, il più subdolo è l’isolamento. Ma appena appreso dell’accaduto, Ec ha ricevuto da più parti solidarietà e sostegno. Senza perdere tempo la Fnsi, del presidente Giuseppe Giulietti e del segretario generale Raffaele Lorusso, con l’Assostampa lombarda e il Sindacato giornalisti Veneto, ha espresso vicinanza all’intera redazione, attivando quella scorta mediatica che gli stessi investigatori hanno definito “il miglior giubbotto antiproiettili”.

Beccaro ammette che la decisione di rendere pubblica la minaccia è stata oggetto di un’articolata discussione: “Ringrazio tutti per le attestazioni di stima e per le manifestazioni di sostegno e partecipazione. E un grazie particolare va anche alle forze dell’ordine per la tempestività dell’intervento e per la professionalità con cui stanno conducendo le indagini”.

L’editore di Ec è H34, una holding dal forte carattere editoriale, che a sua volta nasce da Nove34, società di comunicazione. La proprietà è condivisa in parti uguali da Damiano Beltotto, esperto di progetti editoriali e di marketing territoriale, ha lavorato anche per gli eventi speciali del Sole 24 Ore, per l’Anci e per Federsanità, da Andrea Cinerari, già project manager della comunicazione di Tod’s e inventore del sistema di formazione on line di Rfi, e dallo stesso Beccaro, con in curriculum Radio Popolare di Milano, Diario, L’Unità, la Rai e l’essere stato il giornalista che ha fatto scoppiare il caso di Stefano Cucchi.

“Io – spiega Beccaro – sono entrato l’anno scorso per ampliare il raggio di attività e il fatturato. Il modello di business prevede il finanziamento di Ec, prodotto core del gruppo. Rifuggiamo dalla logica dei clic e stiamo saggiando due strategie: internet a pagamento e testi tradotti in inglese per superare il confine linguistico e nazionale, cioè ampliare il pubblico”.

Ec si alimenta dei proventi di sponsorizzazioni: “Siamo fortemente specializzati sulla raccolta pubblicitaria non intermediata bensì diretta. Quella che viene chiamata programmatic advertising, quella digitale per antonomasia, nativa del web, sempre più protagonista della raccolta sulla Rete”.

Un terreno per certi versi ancora da esplorare, ma sicuramente in fortissima espansione in Italia, dove ci si scontra con resistenze e poteri forti nel momento in cui l’approccio alle notizie è giornalistico: “Ec era stato concepito in realtà come un format video tarato sulla caccia alle fake news nel mondo della salute. E di fatti – prosegue Beccaro – doveva andare on line su Medicitalia, piattaforma di consulti medici con 6 milioni di visualizzazioni al mese, 300mila al giorno. Avevamo preteso e ottenuto la garanzia di totale autonomia giornalistica, sancita anche da un contratto con Digital Solution, concessionaria pubblicitaria di Medicitalia e garante dello streaming audio e video di Qui Radio Salute sul portale dei consulti medici. La messa in onda del format sulle fake news, mentre tutti gli altri programmi andavano on line, è stata più volte rimandata per questioni tecniche. All’inizio di quest’anno ne era stata annunciata la messa in onda dalle pagine di Prima Comunicazione, poi però ai primi di aprile è arrivato lo stop da Digital Solution e questa volta le questioni tecniche era evidente che non c’entravano più. Fortunatamente siamo tutelati da un contratto blindato, che, a prescindere dalla mancata messa in onda sul portale medicitalia.it del format sulle fake news, ci permetterà di continuare a finanziare per un bel po’ la redazione e le inchieste che pubblichiamo sul sito estremeconseguenze.it. Nato come sito vetrina, in attesa della messa in onda del programma in streaming, è diventato il cuore pulsante del progetto. L’inchiesta d’esordio è stata sull’Ilva ed è andata talmente bene che nei primi dieci giorni non riuscivamo a gestire gli accessi per il numero troppo alto di richieste. E ora siamo qua. Il pezzo più letto in assoluto? Quello sul traffico d’organi, versione in lingua inglese”.

Ec privilegia anche il rapporto con i lettori ai quali chiede notizie, apporto, segnalazioni attraverso la sezione “In cantiere” in cui vengono annunciati i nuovi fronti di lavoro: “Un’impostazione che sul lungo termine pagherà o almeno noi, che ci scommettiamo tutti i giorni, la pensiamo così”, conclude Beccaro.

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