NEWS

Su un bene confiscato un centro d’accoglienza per lavoratori migranti

di M. Rallo e I. Bakkum il . Sicilia

Sicilia – Reportage da “Ciao Ousmane” di Campobello di Mazara (Tp) – testo, video e foto a cura di M. Rallo e  B. Irene*///- Un viaggio in macchina verso il campo di accoglienza per i lavoratori stagionali di Campobello di Mazara, mentre fuori dal finestrino corre una bellissima campagna coltivata ad olivi. E a farci compagnia il racconto di quello che qui accade fra settembre e novembre.  “In questo periodo c’è la raccolta delle olive, prima di quelle da tavola, della qualità Nocellara del Belice, e poi quelle da spremitura. La richiesta di manodopera è alta, il lavoro duro e la paga non è un gran che, 25-30 euro per una giornata di lavoro” – ci spiega il coordinatore di Libera a Trapani, Salvatore Inguì. E qui – aggiunge – su un bene confiscato ai boss, un ex oleificio, sorge un progetto di accoglienza per lavoratori stagionali.  Si chiama “Ciao Ousmane” e accoglie storie che arrivano da lontano e qui vivono una parte di un viaggio che è – per quasi tutti – un progetto di vita.

“Ciao Ousmane”. Arrivano un pò da tutta l’Africa, sono senegalesi, sudanesi,ghanesi e magrebini,tunisini e marocchini. Sono centinaia. Nella stagione di carico della raccolta,quando le annate sono buone,possono sfiorare i 900-1000. Questo accade da anni; seguono i raccolti lungo tutto lo stivale con la speranza di lavorare e di riuscire a mandare qualcosa a casa. Sono a Caserta e a Foggia per i pomodori,a Rosarno per le arance,a Pachino per i ciliegini e qui a Campobello per le olive. Di solito si accampano nelle periferie dei centri abitati. A Campobello si sistemavano a sud del paese, poco oltre le case popolari,località Erbe Bianche, dove negli anni si sono arrangiati costruendo capanne con legna,cartone e tanto eternit. Vivono senza luce,senza acqua corrente e senza servizi igienici;ed è cosi ovunque, che si parli di Campobello o di Caserta. Alla fine l’anno scorso qui c’è scappato il morto, Ousmane, un ragazzo senegalese di 25 anni: rimasto ucciso dalle ustioni riportate dall’esplosione di una bombola che usava per cucinare. A lui il centro è dedicato. “Ciao Ousmane”. Come spesso accade non è lo Stato il primo a reagire,ma la società civile,un collettivo di Campobello: LibertAREA. Ragazzi spinti solo da desiderio di accoglienza e corresponsabilità hanno fatto il primo passo, ed ecco allora cibo,vestiti,coperte e persino una piccola fontanella di acqua corrente. Un piccolo miracolo tutto terreno.Poi l’incontro con “Libera, associazioni nomi numeri contro le mafie” con Salvatore. E da qui l’ambiziosa idea: Perché non utilizzare un bene confiscato alla mafia per accogliere meglio queste persone, dandogli acqua corrente, servizi igienici e un posto più decoroso dove stare? Poi il coinvolgimento della prefettura, del dott.Falco, un uomo che ha il coraggio di ascoltare, e del giudice del tribunale di Trapani per l’affidamento del bene sequestrato confiscato dott. Piero Grillo. Così si attiva una sinergia virtuosa fra Stato e associazioni, società civile e singoli contadini, e – pezzo dopo pezzo – si mette in piedi il progetto. A settembre nasce così, in un vecchio oleificio confiscato alla mafia un centro di accoglienza temporanea che viene affidato alla Croce Rossa. Con sole 5 mila euro messe a disposizione dai commissari prefettizi del comune di Campobello (il comune è sciolto per infiltrazione mafiosa) viene costituito un presidio sanitario,con 15 bagni chimici e 8 docce (messe da “LiberoFuturo” ass. di  imprenditori che hanno denunciato i propri estortori),una cucina sicura e  un piazzale dove sistemare le tende. Inoltre la prefettura con l’Asp e la società che gestisce lo smaltimento dei rifiuti hanno risposto anche all’emergenza sanitaria,più volte segnalata dalla cittadinanza,sorta dalla presenza di eternit nel vecchio campo di Erbe Bianche, effettuando una bonifica dell’intera area.

“Un cancello sempre aperto per accogliere”. Quando arriviamo la prima cosa che noto è il cancello volutamente aperto, qui nessuno è trattenuto contro la sua volontà,questo non è un altro centro d’identificazione ed espulsione, un ennesimo lager.  Si apre un panorama di centinaia di tende,rafforzate con coperte e teloni di plastica, sento il vociare di tante lingue lontane,vedo gente che gioca con i tappi di bottiglia, si alzano odori africani dai  tre raffinati ristoranti itineranti che si spostano insieme ai braccianti per tutta Italia,uno senegalese, uno sudanese e uno magrebino. C’è anche un barbiere, due spacci,due bar e una moschea. Il campo viene pressoché autogestito,con la presenza di alcuni volontari di associazioni come LibertAria, Libera, Libero Futuro,Arci e Addio Pizzo, che cercano di andare incontro ai bisogni di questa gente venuta da lontano: a chi serve una coperta calda, a chi cibo, a chi solo un paio di scarpe. Inoltre vengo a sapere di una sorta di consiglio di campo, che si riunirà anche stasera, costituito dai portavoce dei vari gruppi etnici, quasi sempre anziani o figure religiose come l’imam, che si riunisce per risolvere le problematiche che insorgono.

Le video – interviste 

Il progetto

 

La storia di Ismael* 

(Ismael ha autorizzato la video intervista e rilasciato il consenso alle riprese integrali)

 

Le storie dei migranti e il destino del bene confiscato ai boss. Facciamo subito un giro con Salvo e Ismael, un ragazzo nigeriano che vive a Palermo da sette anni e lavora con Addio Pizzo. Un ragazzo ci ferma per chiedere una coperta,la notte è davvero fredda. Se ne andrà a breve,è riuscito a lavorare solo un giorno in un mese; quest’anno l’acqua è stata poca, e il raccolto scarso. Un altro ci indica quello che rimane delle sue suole, ha bisogno di un paio di scarpe. Chiedo a Ismael di fare una piccola intervista, di raccontarmi la sua storia. Viene dal nord della Nigeria, scappato dai massacri di Boko Haram  con un viaggio di 8 mesi. Niger, Algeria, Libia, poi il mediterraneo, la paura, lo sbarco alla porta d’Europa: Lampedusa, e infine l’arrivo a Palermo e l’incontro con Addio Pizzo. Ismael ora è la colonna portante di questo campo. Mentre aspettiamo Peppe Di Stefano, del collettivo libertaria, lo sguardo va oltre il campo, tra le abitazioni popolari, da cui vediamo salire un pesante fumo nero. Bruciano materiale, sicuramente rifiuti, magari di quelli speciali che costa troppo smaltire, non ci avviciniamo. Veniamo, in seguito, a sapere dai residenti che è normale, anche in pieno giorno. Sono le quattro del pomeriggio. Ci avvisano che è inutile chiamare, non verrà nessuno. Pensiamo subito a Napoli, alla cosiddetta “Terra dei fuochi”.  Poi incontriamo Peppe, ha capelli lunghi e maglietta con simbolo della pace, la prima cosa che viene in mente è chiedere cosa pensino proprio i cittadini di Campobello del progetto.Tanti sono i cittadini che hanno apprezzato e sostenuto il lavoro, tante le dimostrazioni di solidarietà e di tolleranza e non pochi gli aiuti arrivati al campo – ci spiegano.  A Campobello si avvicinano però le elezioni amministrative e il rischio di speculazione e strumentalizzazione è alto.”Difendiamo Campobello, mandiamoli a casa” è una pagina Facebook apparsa poco dopo l’istituzione del campo. Richiama  i cittadini alla riappropriazione della terra inneggiando alla violenza e all’intolleranza. Ma non è forse, al contrario, proprio “Ciao Ousmane” un esempio di riconquista della propria terra? Un bene sotto confisca, strappato alla mafia e riconsegnato alla comunità, simbolo di uno stato forte, che alza la testa grazie anche ad un “prefetto del popolo” e tanta gente coraggiosa. Impegnare se stessi e la propria terra nella difesa dei diritti e della dignità umana non è forse una riconquista? Non è ancora nota, fra l’altro, la destinazione del bene confiscato, quando in dicembre sarà riconsegnato all’amministrazione comunale e  la preoccupazione per il futuro rimane. Cosa accadrà quando il prossimo anno torneranno i 400-600 lavoratori stagionali? Probabilmente è in questa realtà appena descritta il più grande e lungimirante esempio di antimafia sociale, di impegno e responsabilità compartecipata. Qui tutti hanno teso ad un obiettivo comune, che è quello della “giustizia sociale”. La mentalità mafiosa gode e si nutre della nostra incapacità di collaborare e sostenerci. Si arricchisce con la nostra povertà culturale, istigandoci all’intolleranza. “Ciao Ousmane” non è solo il tentativo di tener viva la storia di tanti ragazzi come Ousmane,ma anche un monito e uno stimolo ad uscire dall’ignoranza e il sospetto.

 

 

* Foto – video e testo di Michele Rallo e Bakkum Irene

 

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link