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Teatro civile, antimafia sociale, memoria: il raduno dei giovani di Libera raccontato sul mensile de”I Siciliani Giovani”

di redazione il . Sicilia

Il numero di agosto – settembre de “I Siciliani Giovani” ospita all’interno del mensile coordinato da Riccardo Orioles e animato da tanti collaboratori volontari, alcune pagine che raccontano ai tanti lettori della rivista, il  raduno dei giovani di Libera che si è tenuto quest’anno nel mese di luglio in provincia di Trapani, a Marsala. Fra dibattiti, musica, laboratori, lavori in gruppo, incontri e teatro civile la sette giorni è stata raccontata in sintesi da Carlotta Bartolucci, Giuseppe Passalacqua, Salvatore Benintende, Francesco Di Donna. Il numero de “I Siciliani Giovani” è scaricabile dal portale del mensile (Clicca qui per scaricare il pdf) www.isiciliani.it.  A seguire l’articolo che narra dello spettacolo portato in scena dalla Compagnia teatrale “Orme” e ispirato alla storia di Rita Atria, giovane testimone di giustizia morta suicida nel 1992.

 

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Picciridda”: teatro civile e antimafia sociale

Lo spettacolo è finito Rita. Una donna con il vestito bianco e il capo alzato cammina. Poi le luci si spengono. Si chiude “Picciridda”, al quarto raduno nazionale dei giovani di Libera. Una rappresentazione imbastita dalla compagnia teatrale Orme. Figlia di Don Vito Atria – boss di Partanna – Rita vive la sua infanzia nell’oppressione e nelle ambiguità di una famiglia mafiosa.  Poi il cambiamento. Don Vito viene ucciso durante la seconda guerra di mafia. Un passaggio che vede l’ascesa dei corleonesi a Partanna. Appena undicenne, Rita si lega al fratello Nicola. Da lui cerca affetto, protezione, vendetta per il padre. Nel giugno 1991 anche Nicola viene assassinato dalla mafia.  La moglie di Nicola, Piera Aiello, decide di collaborare con la giustizia. Cinque mesi dopo anche Rita, seguendo l’esempio della cognata, chiede un incontro con il giudice Paolo Borsellino.  Le loro deposizioni consentono di fare arrestare diversi mafiosi e di avviare un’indagine sull’assai discusso Vincenzino Culicchia, per trent’anni sindaco, padre e padrone di Partanna.  Intanto, Rita e Piera entrano nel programma di protezione testimoni. Cambiano nome, identità, storia, paese. Entrano nel tunnel dell’ignonimia e della paura. Il giudice Borsellino adotta la “picciridda” Rita, la ragazza trascorre molto tempo con lui e la moglie. Con quella famiglia, rifugge dall’orrore mafioso. Troppo bello per essere vero. Poi la strage di via d’Amelio. Con la morte di Borsellino, Rita perde ogni affetto e il suo unico punto di riferimento.  Non ce l’ha fa a ricominciare daccapo. Si uccide lanciandosi dal settimo piano di un palazzo. E’ una storia al limite quella di Rita e di Piera. Uno storia tra obbedienza e disobbedienza. O meglio una storia di disobbedienza all’obbedienza. L’obbedienza mafiosa. Rita e Piera hanno disubbidito all’ arroganza e alla violenza.  Una biografia attualissima quella di Rita. Storia che agita ancora quella Sicilia, dove  mentalità omertosa e indifferenza continuano a risucchiare tutto e tutti. Una storia che ben si lega al tema del raduno dei giovani di Libera: il potere. O meglio il  “Potere dei senza potere” , per citare Nando dalla Chiesa. Il potere delle donne e di uomini semplici. Il potere che ognuno di noi esercita nella quotidianità: familiare, lavorativa, cittadina. E’ il potere di guardare i propri figli negli occhi senza vergognarsi. Il potere di coloro che ubbidiscono solo davanti alla coscienza.  Ieri, una donna vestita di nero, con il capo chino nascosto sotto un velo, nero anche esso, entra nel piccolo cimitero di paese, si avvicina alla tomba della figlia. La mano impugna un martello, un attimo di esitazione, e con violenza bestiale si accanisce sulla tomba, spacca il marmo dove è inciso il nome, strappa la fotografia di un’adolescente che sorride alla vita. In dialetto stretto inveisce contro la sorte, battendosi le mani al petto. E’ il grido dell’obbedienza.  Disperazione verso una figlia ”fimmina con lingua longa e amica degli sbirri”. Oggi, a quella disperazione risponde la gioia.  Un’altra donna vestita di bianco ha ricomposto quella lapide. Si chiama Piera Aiello. E mentre la calce viene distesa, tutt’intorno silenzio. Eppure, non lontano da villa Macallè, Partanna sembra rimbombare. Lo spettacolo è finito Rita. Alziamoci e applaudiamo.

Di Giuseppe Passalacqua per “I Siciliani Giovani”

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