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Cie dignitosi? Costerebbero troppo!

di Piero Innocenti il . Altre regioni

Si continua a parlare dei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) e non sempre si conosce bene (o si finge di non sapere) la realtà che li riguarda. Ecco, allora, che, dopo alcuni disordini e rivolte (prevedibili) delle ultime settimane nei centri di Crotone, Gradisca, Torino e Modena, si assiste al consueto susseguirsi di dichiarazioni governative (“..quelle strutture vanno ripensate..”la ministra Kyenge), di politici “locali” (“.il Cie di Gradisca va chiuso..” Serracchiani, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia), lagnanze sindacal- poliziesche (“..la polizia, da tempo, lamenta gli organici e l’organizzazione della sicurezza nei Cie..”), considerazioni “tecniche” ( “..strutture inidonee ad ospitare esseri umani..” Chiorazzo, presidente Cooperativa Sociale Auxilium), imprecise valutazioni giornalistiche (“..i Cie sono campi di concentramento illegali..dove le persone devono arbitrariamente sostare non si sa per quanto tempo e poi deportate non si sa dove..” Furio Colombo.

A queste note si aggiunge l’indagine conoscitiva avviata dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza che convoca, per il 28 agosto p.v., una riunione a Roma per affrontare le problematiche gestionali e della sicurezza interna ed esterna dei Cie. Consapevole del rischio che si corre di essere considerato “noioso” su questi temi e prima ancora che il senatore Manconi, a settembre p.v., inizi il preannunciato giro in alcuni Cie, per rendersi conto della situazione, vorrei ricordare come valutazioni critiche sulla gestione e sulle carenze organizzative e sanitarie di tali centri siano già state ripetutamente formulate da molteplici organismi da diversi anni a questa parte. Iniziò Medici senza Frontiere (MSF) nel 2004, seguì l’articolato rapporto De Mistura (2007), ancora MSF nel 2010, la Commissione senatoriale per la tutela e la protezione dei diritti umani (2012) e Medu (Medici per i diritti umani) nel 2013. Ma c’è di più. Soltanto quattro mesi fa, aprile 2013, una commissione (voluta dall’allora ministro dell’Interno Cancellieri), presieduta dal Sottosegretario Ruperto, ha redatto un “documento programmatico” sui Cie, evidenziando, tra l’altro, “discrepanze nella conduzione dei centri” e formulando alcune proposte tra cui l’affidamento di tali strutture ad un unico gestore a livello nazionale e la creazione di un corpo di operatori professionali per gestire le difficili attività di contatto diretto con gli stranieri. Servono, soprattutto, risorse finanziarie adeguate per assicurare condizioni di vita dignitose alle persone “trattenute”. Anche sui periodi di trattenimento si danno, a volte, notizie inesatte. E’ vero che tale periodo di tempo può essere drammaticamente lungo (fino ad un massimo di 18 mesi secondo la legge italiana che ha recepito sul punto una direttiva comunitaria del 2008), ma va detto che, attualmente (agosto 2013) in Italia i giorni di permanenza media sono 42, contro i 38 del 2012, i 41,5 del 2011 e i 50,9 del 2010.

Va anche detto che le procedure per l’identificazione non sempre sono agevoli perché non si riscontra una grande collaborazione da parte delle autorità di alcuni paesi. D’altronde identificare una persona è assolutamente indispensabile. Si pensi alla possibilità reale di presenze di pericolosi delinquenti, di ricercati ( diverse le evasioni, anche recenti, dalle carceri di alcuni paesi africani),di terroristi, di persone comunque da rintracciare per motivi di giustizia o altro. È certo che gli arrivi di questi ultimi mesi ( non solo via mare), in gran parte di stranieri che chiedono asilo ( e per questo i centri appositi sono insufficienti), richiedono un gran lavoro sul campo degli addetti alla sicurezza e al soccorso. Si pensi alle 3.763 persone transitate quest’anno – alla data del 24 agosto- nei Cie ( sono scesi a dieci, su tutto il territorio nazionale, quelli funzionanti), di cui 1.722 rimpatriati, (45,7%), 463 (12,3%) per i quali il giudice di pace non ha convalidato il provvedimento del questore, 209 (5,5%) quelli dimessi perché non identificati alla scadenza dei termini, 779 (20,7%) quelli dimessi per motivi di salute, gravidanza, accoglimento del ricorso, per motivi di giustizia). 411 (10,9%), infine, quelli allontanatisi arbitrariamente e 61 (1,6%) gli stranieri arrestati nei centri per delitti vari. Resta, dunque, un problema molto serio quello della gestione dei Cie ed ho la (quasi) certezza che l’attuale distratta classe politica al Governo, nonostante la buona volontà della Kyenge, non troverà alcuna soluzione. I riflettori mediatici ( e la politica) torneranno a farsi vivi solo tra qualche settimana, quando il papa Francesco visiterà, come annunciato, un centro per rifugiati. Naturalmente tutto si assopirà qualche giorno dopo.

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