NEWS

Benvenuti nella terra di Messina Denaro

di Rino Giacalone il . Sicilia

E’ la pista dei “soldi” che oggi viene battuta dai “cacciatori” del super latitante Matteo Messina Denaro. “Piccioli” e “casseforti”, ma non sta solo lì il potere del sanguinario boss di Castelvetrano, classe 1962, ricercato dal giugno 1993, latitanza prossima al traguardo dei 20 anni. Matteo Messina Denaro riesce a stare latitante perché esiste una cerchia di persone che lo protegge, che non è fatta da “picciotti” qualsiasi, non solo uomini con coppole e lupare, che costituiscono la mafia armata che non ha mai abbassato la cresta e che per adesso si mantiene “dormiente”, ma di questa cerchia di “protettori” del boss fanno parte uomini,e donne, in grisaglia, colletti bianchi, professionisti.

E poi a favorire la latitanza e anche in sostanza la stessa organizzazione mafiosa, sono tutta una serie di atteggiamenti e comportamenti che arrivano dalla politica che tende a ridimensionare il fenomeno mafia. Questi possiamo catalogarli come “favoreggiatori” ma….”a loro insaputa”. Benvenuti a Trapani. La città della vela e del sale, si legge all’ingresso della città sui cartelli turistici. La città, e la provincia, dove i sindaci andavano dicendo che la mafia non esisteva mentre Cosa nostra piazzava autobombe e ammazzava magistrati, e oggi ci sono sindaci, come l’attuale primo cittadino di Trapani, Vito Damiano, ex generale dei carabinieri, che dice che di mafia a scuola non bisogna parlarne, oppure che invece di chiamare i boss come è giusto che vengano appellati, cioè mafiosi, li indica come “malandrini”, o ancora c’è un deputato regionale (che fa parte di quelli entrati all’Ars con due condanne definitive sul groppone) che da sindaco, l’ex primo cittadino di Trapani Girolamo Fazio, andava sostenendo che l’antimafia è peggio della mafia.

L’elenco dei politici “…a loro insaputa” (sic) è lungo: l’attuale sindaco di Valderice, Camillo Iovino, è stato condannato per avere favorito un imprenditore mafioso, giorni addietro ha annunciato che non si ricandida ma non per le pendenze giudiziarie, c’è l’ex sindaco di Campobello di Mazara, Ciro Caravà arrestato per mafia l’anno scorso, sotto processo dal prossimo febbraio, che da primo cittadino ufficialmente recitava il ruolo di antimafioso e i boss intercettati dicvevano che lui quella parte “la recitava davvero bene”, ci sono un paio di consiglieri provinciali inguaiati per i loro rapporti con la mafia, uno, Pietro Pellerito, accusato di falso sempre per aiutare un imprenditore di Cosa nostra, è stato condannato e sospeso dal prefetto, un altro ha appena subito analoga sorte, Santo Sacco, è stato arrestato dai carabinieri la scorsa settimana, anche lui legato da tempo a Messina Denaro. Il senatore D’Alì, che è stato anche presidente dell’amministrazione provinciale, è sotto processo per concorso esterno, l’ex vice presidente della regione, on. Bartolo Pellegrino, ha avuto dichiarata la prescrizione per essere stato corrotto dal capo mafia di Trapani Francesco Pace, e come non citare Vittorio Sgarbi, il famoso critico d’arte che per alcuni anni ha fatto il sindaco di Salemi, prima città capitale d’Italia, così proclamata da Garibaldi, ma anche terreno fertile della mafia finanziaria grazie agli esattori Salvo, che in giro hanno anche lasciato un bel po’ di “eredi” a disposizione di Cosa nostra; a Salemi appena qualche mese addietro amministrazione e consiglio sono stati sciolti per inquinamento mafioso, e Sgarbi ancora oggi va sostenendo che tutto è stato colpa di un complotto ordito dalle istituzioni, e che la mafia non esiste e se esiste bisogna cercarla solo nell’ambito dello sfruttamento dell’energia eolica, spalancando una porta (investigativa) già aperta da anni. Intanto lui si è scoperto era nelle mani di un sorvegliato speciale, un politico famoso, dc e andreottiano, ma in grado di influire un po’ dentro tutti i partiti, Pino Giammarinaro.

E se non c’è la negazione della mafia c’è chi addirittura dice che “Matteo Messina Denaro non è il principale dei problemi” come ha dichiarato a più riprese il neo sindaco di Castelvetrano, l’avvocato Felice Errante. E chissà forse Matteo Messina Denaro ascolta, legge e magari ringrazia pure. L’elenco dei politici che sarebbero “poco seri” potrebbe continuare, basta sfogliare le migliaia di pagine dei più recenti atti giudiziari per scoprirne tanti che “a loro insaputa” hanno stretto le mani dei mafiosi o dei complici dei mafiosi. “Trapani è un territorio dove non viene mantenuta da parte dei politici la distanza di sicurezza dalla mafia” ha detto proprio di recente ad un convegno uno dei magistrati che si occupano di colpire Cosa nostra nei suoi ingranaggi vitali che, per inteso, sono quegli ingranaggi che negli anni hanno inghiottito fiumi di denaro pubblico, destinato alla crescita del territorio. Trapani è una provincia povera dove la povertà ha attirato pubblici stanziamenti ma la ricchezza si è prodotta solo a favore di pochi. Raccontiamo di una “terra” dove lo Stato da sempre è Cosa Nostra, anzi “Cosa Loro”.

Dove per costruire il nuovo Palazzo di Giustizia ci sono voluti decenni. Dove anche i fidanzamenti e i matrimoni sono regolati dalle regole dell’onorata società. Dove potrebbe anche non essere necessario leggere atti giudiziari, intercettazioni, relazioni della Commissione antimafia, saggi e articoli di stampa per farsi un’idea di cosa si intende per mafia. Basterebbe vedere il numero delle estorsioni denunciate per capire quante non lo saranno mai. Basterebbe contare gli sportelli bancari in tutta la provincia e vedere all’alba quanti ventenni affollano i pullman che salgono la penisola e arrivano fino in Germania, Svizzera, Belgio. Basterebbe sapere delle decine, centinaia di milioni di euro che ogni anno arrivano dalla Unione europea e poi andare negli uffici di collocamento, nelle agenzie interinali, nei luoghi dove si affolla quel umanità dolente e rassegnata e capire che qui, nella “Gomorra” di Cosa Nostra, tutto parla di mafia. Tutto è povertà che produce ricchezza che riproduce altra povertà. Ecco … questa è la terra dove si nasconde Matteo Messina Denaro. Anzi…dove il boss “è tenuto ben nascosto”.

E’ la terra che nel tempo ha dato rifugio ad altri e più importanti latitanti, Riina trascorreva le vacanze a Mazara del Vallo, Provenzano aveva i figli, quando erano in età scolare, che andavano in una scuola elementare del centro storico di Trapani, Brusca, Bagarella, sono anche loro passati per le strade di questa provincia. Nascondigli sicuri, fortezze economiche per decenni rimaste inespugnabili ed inespugnate. Ora qualcosa comincia a cambiare. Le “casseforti” non restano più nascoste, ma il potere politico invece di cambiare musica, continua spesso a comportarsi con il solito adagio…..ieri la mafia non c’è oggi dice che la mafia è sconfitta, a guardare ed ascoltare bene si persiste nel negare l’esistenza di Cosa nostra.

Benvenuti a Trapani. La città dove Cosa nostra e massoneria continuano ad animare le stanze del potere segreto nemmeno tanto segreto perchè pubblicamente riconosciuto. Qui la mafia si è sommersa secondo una precisa strategia, è diventata impresa, ha fatto diventare legale il proprio sistema illegale, qui la mafia “vive” mentre la gente è costretta a “sopravvivere” e spesso di questo i cittadini non si rendono conto. Per disattenzione, per complicità, per quieto vivere. Benvenuti nella Trapani che ci piace sentire raccontata ancora dalla voce del pm Andrea Tarondo, che si occupa delle connessioni tra mafia, politica, impresa, il pm che insegue le “tracce” lasciate dal denaro della mafia sporco del sangue di tanti morti ammazzati, è anche altro: “A Trapani – dice – le maggiori insidie arrivano da quegli ambienti che dovrebbero essere dall’altra parte della barricata, dalla parte della legge, con l’antimafia”.

Parole precise che hanno ricevuto precisa inequivocabile risposta. Qualche giorno addietro la scorta di questo magistrato ha fatto una scoperta incredibile. Qualcuno si era introdotto nella Bmw blindata usata dal pm per i suoi spostamenti, sotto al cruscotto sono stati trovati un paio di fili scoperti, un lavoro da specialisti, doveva suonare l’allarme a Trapani per questa “intimidazione” e invece c’è stato solo silenzio, anzi pure qualche fastidio per la notizia diffusa. A Trapani la mafia resta quella che nel 1988 veniva raccontata da Mauro Rostagno, ammazzato proprio per quello che diceva contro la mafia da Rtc, nonostante ancora oggi qualcuno (che mente sapendo di mentire) insegue le piste delle corna e della droga, Rostagno ogni giorno parlava della mafia forte e inviolabile, protetta da insospettabili alleati.

L’ultimo blitz in ordine di tempo è stato condotto dai carabinieri, “operazione mandamento”, sei gli arrestati anche un consigliere provinciale di Trapani, ex consigliere comunale di Castelvetrano e per anni sindacalista della UIL, Santo Sacco., politicamente vicino all’ex presidente dell’Ars Nicola Cristaldi, ex vice capogruppo di An alla Camera e oggi sindaco di Mazara, Santo Sacco sarebbe un uomo della cosca, avrebbe ricevuto sostegno elettorale, e sarebbe stato uno dei distributori dei pizzini da e per il boss Messina Denaro già quando questi comincio’ ad essere latitante nel 1993.

Sacco non andava tanto per il sottile, è stato ascoltato mentre collocava bottiglie incendiarie, dicendo “iniziamo a dare qualche segnale giusto perché qua non ci capiamo più…accussì niavutri subito subito cominciamu, ci cominciu a fare capire che la minchia un mi l ‘ava a rumpiri, e poi andava in Consiglio comunale contestando la decisione del ministero di Grazia e Giustizia di sopprimere la sede staccata del Tribunale, “qui – diceva – si mette in pericolo la legalità”, lui che avrebbe praticato sistematicamente l’illegalità mafiosa. Benvenuti in provincia di Trapani dove da Castelvetrano attraverso precisi imprenditori si dipanano i fili del potere più potere che ci sia e che arriva nel cuore delle city della finanza europea: sino a pochi anni addietro la maggiore catena commerciale, i Despar, era nelle mani di Matteo Messina Denaro grazie al potente soprannominato “re dei supermercati”, Giuseppe Grigoli, dove è in corso un procedimento contro il cavaliere Carmelo Patti, patron della Valtur, al quale la Dia sta tentando di ottenere dai giudici la confisca di un patrimonio da 5 miliardi di euro: “diventeremo ricchi grazie a Patti” andava dicendo negli anni ’80 il patriarca della mafia belicina Francesco Messina Denaro.

Qui a Trapani una serie di imprenditori hanno fatto finta di essere vittime della mafia, sono invece cresciuti a dismisura preoccupandosi di non dispiacere al boss, come avrebbe fatto l’ultimo degli imprenditori colpiti dalle indagini, Vito Tarantolo, siamo a Trapani dove solo adesso i familiari di Messina Denaro, arricchitisi risultando quasi nulla tenenti, stanno subendo il sequestro dei beni. Benvenuti a Trapani dove la trama mafiosa è quella di sempre, gli anticorpi sociali preventivi sono pressocchè assenti, ci prova l’associazione Libera a segnare la presenza opure ci sono solo i rimedi giudiziari che arrivano quando il danno è oramai fatto e la giustizia deve anche difendersi da chi sostiene che non c’è stato danno. Benvenuti a Trapani, dove la mafia sa votare bene quando c’è da votare bene, come hanno fatto scoprire le intercettazioni della Squadra Mobile. Quelle che trascrviamo di seguito sono le voci che arrivano dal cuore della mafia belicina, quella di Matteo Messina Denaro, “il numero uno” come viene chiamato: “Se salgono i comunisti semo consumati”. …votiamo giusti!…ce ne possiamo andare dall’Italia se salgono…Prodi… questo babbu ci consuma a tutti…votiamo giusto”.

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link