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Il gioco d’azzardo legale e illegale

Di Alessia Frangipane il . Liguria

E’ considerata una nuova frontiera, da subito sfruttata dai boss per fare “investimenti” e ripulire denaro sporco. Ne ha parlato la Cei, e numerose associazioni italiane, prima fra tutte Libera. A Genova la questione del gioco d’azzardo è stata affrontata in uno dei seminari tematici del 17 marzo. Tra i relatori Mauro Croce ricercatore, neuropsicologo, responsabile associazione Asga; Daniele Poto ricercatore di Libera; Filippo Torriggiani assessore del Comune di Empoli, da poche settimane Cavaliere del Lavoro per l’impegno profuso nello sviluppo di buone prassi a contrasto del gioco d’azzardo illegale. A coordinare il dibattito Matteo Iori, dell’associazione Centro Sociale Papa Giovanni XXIII Onlus di Reggio Emilia.

«Ultimamente in Italia si sta parlando del fenomeno del gioco d’azzardo. La società civile si sta svegliando». Apre così i lavori Matteo Iori che aggiunge: «Dal 1990 in poi c’è un costante aumento dei giochi su proposte politiche, sia dei governi di una parte che dell’altra. Oggi sono saltate molte limitazioni. Nel 2011 si è arrivati al gioco del Bingo a distanza. Sono nati 7.000 nuovi punti vendita per le scommesse. Il 34% del mercato mondiale è dell’Europa, e l’Italia spicca in Europa con un grande acquisto, ad esempio di gratta e vinci. Se l’Italia spende 54,4 miliardi in gioco, la Spagna 17 e la Francia 19,3». Sulla stessa linea d’onda il ricercatore Mauro Croce: «Il gioco d’azzardo è uno tsunami, se Cavour diceva che il gioco d’azzardo è la tassa degli stupidi oggi possiamo dire che è la tassa della povertà». «Su internet – sottolinea – tutto è quotato, si può scommettere su tutto, anche sulla morte dei personaggi famosi». Per quel che riguarda i giocatori Croce snocciola alcuni dati preoccupanti: il 56% proviene dalla fascia medio bassa della società, di questi il 66% sono disoccupati. Persone che: «Trovano nel gioco una dimensione extra quotidiana, una nuova vita».

Per Daniele Poto, curatore dello specifico dossier di Libera sul gioco d’azzardo: «Il giocatore patologico è un giocatore che si nasconde e pensa di poter controllare il problema. A volte arriva a farsi arrestare… il carcere è l’unico luogo in cui non può giocare. L’Italia è agli ultimi posti nella varie liste delle nazioni rispetto alle libertà civili ma è ai primi posti per la spesa nel gioco d’azzardo». «Con il tempo – aggiunge Poto – soprattutto con l’impennata e la totale liberalizzazione progressiva dagli anni ’90 che facilita una pubblicità ingannevole e altamente rischiosa, un guadagno smisurato per i gestori e un notevole coinvolgimento della criminalità organizzata ampliando il versante illegale, i giochi che proponevano una certa abilità come il totocalcio sono stati piano piano aboliti o resi residuali al massimo. Le stesse scommesse ippiche stanno morendo. Tutto per quei giochi veloci, fulminei, di vincita immediata come le videolottery».

Un piatto ghiotto dove le organizzazioni criminali hanno fiutato un nuovo business. Sono 41 le cosche che si spartiscono la torta del gioco illegale, ma anche del gioco legale. «Le mafie sono sempre un buon passo avanti. La camorra – spiega il ricercatore di Libera – compra i biglietti del vincitore al Superenalotto pagando lo il 10% in più, questo permette un riciclaggio di denaro sporco pazzesco e la possibilità di avere soldi puliti da investire anche nel mercato legale per drogarlo, appunto. Le leggi attuali sul gioco d’azzardo non aiutano, neppure la pubblicità sta facendo un pensiero etico. Il gioco legale ed illegale si confondono, il limite è sempre più invisibile. Libera – aggiunge Poto – non è proibizionista, ma i facili slogan e una totale deregulation come sta accadendo in questi ultimi dieci anni fa male alla gente, alle persone. Va fatto un filtraggio attento e controllato del sistema altrimenti la popolazione ne rimarrà soffocata».

 

 

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