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L’omicidio di Don Cesare Boschin

Di Antimo Lello Turri il . Lazio

Il ventinove marzo 1995 Don Cesare Boschin aveva 81 anni. Gli ultimi quaranta li aveva passati a servire Cristo come parroco della chiesa di Sant’Annunziata di Borgo Montello, a soli dieci kilometri da Latina. Realtà, questa, di tremila abitanti, che il sacerdote assisteva e di cui conosceva bene le difficoltà, le miserie e le speranze. La più scomoda era quella di cambiare qualcosa in relazione alla discarica situata nel borgo. Un sito realizzato su uno dei terreni più fertili della Provincia di Latina. Ciò, non andava affatto giù a molti di loro che si erano riuniti in un comitato. E, ovviamente, la cosa era ancora meno digeribile quando i sospetti di interramenti di rifiuti tossici da parte delle organizzazioni mafiose, si facevano sempre più consistenti.

Sospetti che, tra l’altro, vennero confermati dal pentito di Gomorra, Carmine Schiavone. Don Cesare aveva deciso di appoggiare quella battaglia dei suoi parrocchiani odiando la violenza e la sopraffazione che era contro il suo modo di essere e di amare Cristo e la vita. Evidentemente quel comitato era scomodo. Dava fastidio. La mattina del trenta marzo la perpetua, come ogni giorno, salì in casa dell’anziano sacerdote per accudirlo. Fece le scale raggiungendo il piano sopraelevato dove si trovava l’alloggio di Don Boschin. Notò subito il disordine ed esclamò: “Don Cesare ma cos’è questa confusione?” Non udendo risposta si recò nella camera da letto del religioso e trovò qualcosa di terribile: Cesare Boschin era morto, incaprettato, legato mani e piedi e imbavagliato con il nastro adesivo. Un asciugamano sporco del suo sangue era appoggiato sui piedi. Terrorizzata e piangente diede l’allarme. Il sacerdote era stato assassinato.

All’arrivo degli altri parrocchiani e, quindi, delle forze dell’ordine, si notò che tutto era stato messo sotto sopra da chi lo aveva ucciso. Ma, la cosa che balzò immediatamente agli occhi, fu che il portafogli era intatto con ancora dentro 800mila Lire di Don Cesare. Eppure, a dispetto dell’evidenza testarda, sulla stampa del giorno dopo, si disse che quella morte probabilmente doveva essere il frutto di una rapina ad opera dei tossicodipendenti della zona che lo stesso Boschin accudiva sia spiritualmente che materialmente. Inoltre, altri soldi, che si trovavano tra i libri del Parroco, non furono neppure toccati.

Altro elemento sconvolgente, che ricorda altri episodi della storia del nostro Paese ben più famosi, fu che i carabinieri scoprirono la mancanza di due agende di Don Boschin, su cui  il sacerdote annotava minuziosamente ogni evento, notizia, informazione. E fu nello stesso stile con cui si disse che don Diana fu ucciso perché molestava delle giovani ragazze, che venne vociferato che il movente dell’omicidio Boschin dovesse essere ricercato nella sua predilezione per i minorenni. Cosa assolutamente e categoricamente falsa, tanto da essere smentita dai suoi parrocchiani e dagli stessi bambini di allora, ormai grandi, che stavano serenamente vicino al sacerdote senza mai aver ricevuto pressione o violenza di sorta.

 Il messaggio veicolato con quell’atto di assurda violenza, fu chiaro. Il comitato a difesa del borgo fece un passo indietro e placò le sue attività, fino a cessarle del tutto di lì a poco. Tuttora non si conoscono i nomi dei responsabili dell’omicidio. Tuttora, i fedeli di Borgo Montello portano fiori sulla tomba di Don Boschin. Lì, in quel luogo a soli sessanta kilometri da Roma, più di qualcuno sta vincendo la paura e ha voglia di parlare. Per non dimenticare.

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