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Le pistole dei vigili per la camorra

Da La Nazione il . Toscana

DICIOTTO MESI di indagine per scoprire — stando alle convinzioni cui
sono giunti i carabinieri — che qualcuno aveva scambiato il posto tra
guardie e ladri. Tra i ladri, cioè, c’era anche una guardia che
all’epoca del furto si era pure fatta derubare. Il furto è quello
commesso il 23 marzo dello scorso anno all’interno del comando della
polizia municipale di Follonica,
un colpo durante il quale furono portate via sette pistole d’ordinanza
in dotazione agli agenti municipali. Lo scambio di ruoli, invece, è
quello che i carabinieri hanno addossato a Cheti Chelini, 33 anni,
vigilessa in servizio in quello stesso comando con la qualifica di
agente. Anche il suo armadietto risultò fra quelli scassinati, ma il
fatto che nessuna effrazione fu necessaria per entrare all’interno
degli uffici fece subito pensare ai carabinieri che un complice, la
banda, doveva averlo anche all’interno. Magari in grado di fornire le
chiavi.

CON LA DONNA (ora detenuta nel carcere di Livorno) sono finiti in cella
(loro a Pisa) il suo compagno Vincenzo Petrazzuolo (22 anni, residente
a Riotorto), Ciro D’Avino (21, residente a Follonica)
e Francesco Amura (29) residente a Torre del Greco, paese di origine
anche degli altri due uomini. Un quinto complice, residente in Sicilia,
è irreperibile perché si trova all’estero — in Germania — per lavoro.
Nel suo caso, l’ordine di custodia cautelare in carcere firmato dal gip
del tribunale di Grosseto Pietro Molino non è stato ancora eseguito.
Un’indagine lunga e complessa, l’hanno definita i carabinieri che sono
partiti dall’analisi dei tabulati (centinaia di pagine, migliaia di
chiamate) con le telefonate «captate» dal ripetitore che copre la zona
dove si trova la caserma della polizia municipale tra la mezzanotte e
le sei del mattino, orario durante il quale si presumeva fosse stato
commesso il furto. I carabinieri hanno notato un fitto «fraseggio» di
chiamate tra due numeri, uno appartenente al cellulare di Petrazzuolo,
l’altro all’uomo siciliano ancora irreperibile. Da lì sono iniziate le
intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno portato gli uomini
della compagnia di Massa Marittima (diretta dal capitano Umberto
Centobuchi) e quelli della tenenza di Follonica
(guidati dal tenente Luigi Ciccarelli) a ricostruire la tela di
amicizie e accordi. Secondo gli elementi raccolti, quindi, le persone
arrestate erano complici nel furto e le sette Beretta 7.65 (armi
semiautomatiche con 13 colpi nel caricatore) sarebbero state portate da
Petrazzuolo a Torre del Greco e consegnate ad Amura. Delle armi si è
poi persa ogni traccia, ma «è verosimile — spiega il colonnello Luigi
Cortellessa, comandante provinciale dei carabineri — che siano finite
in mano alla camorra».

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