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I carabinieri del Ros arrestano in provincia di Pavia un minorenne per propaganda jihadista

Fabrizio Feo il . Criminalità, Eversione, Forze dell'Ordine, Giovani, Terrorismo

Quattro indagini in tre mesi dicono che la galassia delle formazioni jihadiste, le reti impegnate nell’attività di propaganda a favore delle organizzazioni terroristiche, non smettono di fare proselitismo. E puntano ad attrarre nella loro rete soprattutto giovani e giovanissimi.

L’ultimo arresto con l’accusa di terrorismo internazionale i carabinieri del Ros l’hanno compiuto in provincia di Pavia, fermando proprio un minorenne di origine tunisina. Il ragazzo ha aderito ad un circuito telematico internazionale – su cui chattavano anche altri fondamentalisti, già arrestati per reati di terrorismo, accusati di aver diffuso in rete propaganda che incitava alla violenza – impegnandosi poi in una serrata attività di indottrinamento, di esaltazione del jihad e del martirio in nome della “guerra santa”.  Nel giro di un anno aveva moltiplicato i suoi contatti.

Il giovane arrestato, via social, aveva manifestato ripetutamente la volontà di andare a combattere, e a questo scopo aveva compiuto una intensa attività di auto addestramento. Nella prima fase si  era procurato diversi  manuali  che – per fare un esempio – forniscono  istruzioni per la costruzione di ordigni esplosivi o incendiari, utilizzando materiali e sostanze facilmente reperibili (e che spesso è possibile acquistare senza destare sospetti) .

Nel corso dell’indagine il reparto antiterrorismo del Ros ha individuato numerosi profili social utilizzati dal ragazzo per mantenere i contatti con i follower – istigando altri ragazzi, anch’essi minorenni, a giurare fedeltà allo Stato Islamico e a seguire il suo esempio esaltando gli “insegnamenti” e le azioni di importanti esponenti del terrorismo Islamico.

Da settembre ad oggi i carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale hanno compiuto indagini che hanno portato ad arresti, o all’emissione di altri provvedimenti cautelari, oltre che in Lombardia, nell’ambito di inchieste delle procure di Trieste, di Roma e Salerno.

Da ognuna delle attività investigative è emerso che la propaganda jihadista – di  solito su profili  Tik Tok – poteva contare su un numero di follower straordinariamente elevato e da una gran quantità di condivisioni e like, con un rischio elevato di emulazione di azioni violente.

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