NEWS

La scelta di Libera: l’impegno per la giustizia sociale

Pierluigi Ermini il . Associazioni, Diritti, Giovani, Giustizia, Mafie, Memoria, Politica, Toscana

Le mafie di oggi trovano terreno fertile in una società dai diritti negati.

La tenuta di Suvignano ha accolto in tutta la sua bellezza la formazione nazionale di Libera rivolta ai referenti dei coordinamenti regionali, provinciali e dei presidi, provenienti da ogni parte del paese.

“Resistenze Libere” è il titolo di un momento importante della vita dell’associazione di associazioni che quest’anno festeggia i 30 anni della sua attività.

30 anni di storia, con tanti segni profondi lasciati nel nostro paese, grazie alla nostra presenza – come ha ricordato la co-presidente nazionale Francesca Rispoli – ma ora occorre uno scatto ulteriore, un passo in avanti nuovo, custodendo sempre la nostra identità.  Libera deve testare uno spazio aperto a tutti, in un rinnovamento nella continuità”.

E questi giorni di conoscenza, confronto, ascolto, con l’aiuto di persone preparate, ci hanno fatto capire che occorre un cambiamento di paradigma, che si deve uscire dal tema della legalità perché oggi, come ci ricorda sempre Francesca, “la lotta alle mafie è una lotta per la giustizia sociale, per l’ambiente, una lotta che affronta tutte le marginalità, sempre in alleanza con gli altri”.

Un cambiamento non di poco conto anche per chi opera in Libera, che vuol dire aprirsi al mondo, uscire da una specificità come la legalità (e come dice don Luigi vuol dire anche smettere di parlare solo di mafie), perché il problema è molto più ampio e profondo dovuto a una stagione di diritti negati e di ingiustizie sociali sempre più profonde, che danno vita ad una società che diventa sempre più terreno fertile per la criminalità organizzata.

C’è una bellissima intervista al filosofo di origine argentina Miguel Benasayag pubblicata sull’ultimo numero della rivista “Animazione sociale”, edita dal Gruppo ruppo Abele, dal titolo “L’epoca è oscura, ma noi siamo vivi”, che ben ci fa intuire il contesto in cui anche Libera si deve ora muovere, e la vivacità e la capacità di rinnovarci che deve essere propria dei suoi volontari.

E da queste affermazioni inizia anche l’analisi di Don Luigi alla conclusione di una tre giorni dove si è parlato di riarmo, ambiente e agricoltura, di politica e di contrasto alle mafie, partendo proprio da queste riflessioni.

Noi oggi siamo qui disarmati, per nostra scelta e siamo qui per gridare il nostro basta a quanti sono senza pietà a livello mondiale e in casa nostra, per resistere perché per noi questo è il nostro modo di esistere – sono le parole di don Luigi, che continua – non possiamo limitarci ad assecondare il corso della storia, ma assumerci la responsabilità di provare a deviare una strada che viola la dignità delle persone. Dobbiamo farlo non solo nelle parole ma nei fatti“.

Si intuisce già da queste prime parole che si apre una fase nuova di Libera, una strada nuova che si chiama giustizia sociale e che esce dal contrasto alla criminalità organizzata verso una visione più ampia della politica, che già si va manifestando nella campagna in corso in tutta Italia “Fame di giustizia” e che invita tutti noi a ampliare il raggio della nostra azione e a vedere il fenomeno mafioso come uno degli attori che sfruttano il contesto sociale, economico e politico che si va delineando, terreno fertile per la cultura, la mentalità e il modo di agire delle mafie.

Dobbiamo avere il coraggio di aprire le finestre per guardarci attorno – è quanto ci invita a fare don Luigi -. Non basta più andare solo nelle scuole, ma c’è anche un altro mondo, periferico, di cui non dobbiamo tenere conto. C’è una umanità che arranca, fa fatica e si devono cercare spazi nuovi. Esclusione, marginalità, dipendenze, coinvolgono i giovani. Esistono periferie esistenziali e geografiche che devono essere abitate dalla speranza. Non possiamo rimanere chiusi solo in alcuni contesti. Altrimenti anche noi rischiamo di restare assuefatti. Nessuno oggi  può solo conservare l’esistente”.

Non basta dunque guardare a quello che abbiamo fatto, anche se in questi anni siamo felici dei risultati raggiunti, ma dobbiamo avere la consapevolezza che tante delle cose fatte non reggono l’urto del tempo. Occorre consapevolezza su quanto sta accadendo, rendersi conto del mondo che cambia.

Migranti ammanettati che scendono da una nave italiana per essere portati in Albania sono una vergogna per un paese come l’Italia, che si riduce a fare queste cose, ma anche una Costituzione non realizzata nella sua concretezza. La mancanza di dignità e sicurezza nel lavoro, migliaia di giovani che se ne vanno via dall’Italia sono mali che dobbiamo combattere – afferma con durezza don Luigi – Queste cose ci devono graffiare dentro e non ci può essere comunità se si pensa più agli interessi economici anziché ai diritti umani riconosciuti a tutti. Tocca a noi essere svegli, nella continuità dei nostri valori, che sono l’àncora che ci impedisce di andare alla deriva. Dobbiamo essere consapevoli che c’è una politica che ha venduto l’anima al consenso e al potere, lasciando soli gli ultimi. Non possiamo essere spettatori di questa deriva e neanche rassegnarci a tutto ciò, dobbiamo fermare il colonialismo economico in corso, perchè anche noi siamo dentro a questo vortice”.

Luigi diventa ancora più esplicito nelle sue riflessioni quando tocca il tema della guerra, dei conflitti in corso e delle posizioni assunte negli ultimi mesi dai paesi occidentali: “Noi siamo in guerra, vendiamo armi a paesi in guerra che portano un arricchimento per alcuni ministeri. Quindi siamo dentro a quel meccanismo economico che attraverso la guerra e la morte soprattutto di civili, porta arricchimento per il nostro paese. Se una pace è possibile si inizia a costruirla nelle nostre relazioni, nel nostro impegno, pensando che ci sono decine e decine di guerre in corso e 23 aree di grande crisi nel mondo. Non ci dobbiamo rinforzare con le armi, come molti pensano e fanno, ma dobbiamo rinforzare gli strumenti della pace, gli aiuti umanitari, la diplomazia, lungo la via di un disarmo e integrale. Dove dilagano gli strumenti di morte non può esserci pace. I 7 paesi con diritto di veto all’ONU sono tutti paesi costruttori di armi. Non possiamo tollerare la carneficina in corso, e non si può giustificare quanto sta accadendo, offendendo la verità anche in nome di Dio. In questi anni abbiamo visto due paesi che si professano cristiani uccidersi e abbiamo visto un patriarca ortodosso benedire le armi che avrebbero massacrato un altro popolo. Credo che così si offende la verità e Dio non ci sta. Di fronte a certo modi di essere religiosi nel nostro mondo è meglio l’ateismo. Sono le parole di don Lorenzo Milani mentre Papa Francesco ci ha ricordato che per Dio è meglio non credere che essere un credente ipocrita”.

C’è poi il tema ambientale che richiede uno scatto in più nelle nostre coscienze per difendere la nostra casa comune.

“Noi dobbiamo capire che la natura è una creatura viva che oggi viene massacrata senza pietà. La terra ci manda dei segnali. Anche qui dobbiamo alzare il tono della voce e delle azioni. Dio è preoccupato perché ama tutti. Basta parlare sempre di mafia, quando c’è una cultura mafiosa che si allarga, una mafiosità che si muove dentro di noi”.

Il pensiero di Ciotti va poi ai volontari di Libera perchè intuisce che ora è necessario vivere nell’anima smarrita delle città, credendo in ciò che facciamo. Siamo un legame e un fondamento fatto di parole come impegno, corresponsabilità, solidarietà che portano a una cittadinanza attiva.

Cittadino e volontario dovrebbero essere sinonimi – è la bella immagine di don Luigi su di noi – Abbiamo bisogno di essere più comunità con un noi plurale e diverso e dobbiamo crederci, anche attraverso nuove idee, progetti, coraggio, autocritica, guardarsi dentro perché è la strada per guardare lontano e l’autocertificazione ci permette di essere liberi. Se non c’e immersione nei fatti della vita di oggi, le nostre parole sono inutili. Oggi è una storia diversa da ieri, che ci porta ad operare per una difesa allo stato di diritto, a dare più attenzione ai valori fondamentali della nostra società”.

Un’altra pensiero importante don Luigi lo dedica all’educare all’interno delle sfide del mondo di oggi, sapendone cogliere le inquietudini, le aspirazioni, i pericoli.

Per educare si deve stare nel mondo, cogliere le grandi questioni che ci riguardano tutti. E il sociale è l’ossigeno delle persone, è il luogo dove le nostre vite respirano, il luogo dove rispondere ai bisogni dei più poveri e degli ultimi. Educare vuol dire mettere a disposizione e dare a ciascuno gli strumenti per realizzarsi insieme agli altri. Non bastano le strutture, ci vogliono le persone, i progetti, le competenze, dando risorse a chi nel territorio sta già operando. Invece il governo sembra avere altre priorità riguardo ai giovani. Si adopera per abbassare la punibilità penale dell’area dei minorenni a 14 anni. Così riempiremo un’altra volta le carceri di minorenni. Invece di offrire spazi e servizi alle persone, si risponde solo con la repressione“.

Viviamo in una stagione di diritti negati e qui, dentro questa lotta per i diritti,  è oggi il posto di Libera. In ogni città c’è una periferia esistenziale e geografica. Lì dobbiamo esserci, noi siamo nati sulla strada e lì dobbiamo esserci.

Fare le sentinelle sulle inadempienze del potenti e dei politici è giusto, ma denunciare le colpe di altri non basta più – ci spiega don Luigi – Il nostro lamentarci non basta, perchè se si fa solo questo si resta passivi e si delegano ad altri le decisioni. Noi non siamo solo le sentinelle delle inadempienze degli altri, dobbiamo essere di più. La strada ci è stata maestra di vita, in modo simbolico e reale. Siamo chiamati ad animare una cultura di socialità e a saper leggere i problemi del nistro tempo partendo dalle persone più fragili. Anche per noi di Libera queste persone raramente sono il soggetto del nostro impegno, magari sono l’oggetto delle nostre parole. Ma sulla strada ci sono dei saperi importanti, da valorizzare. Sono i saperi grezzi, di chi c’è lì in quelle periferie. Costruire speranza, a partire da chi arranca e fa più fatica è il nostro compito.

Nella riflessione del fondatore di Libera non può mancare il pensiero rivolto ai familiari delle vittime innocenti delle mafie dove si deve lavorare ancora di più per il diritto alla verità.

È una battaglia dura, lunga ed è necessario che loro facciano la loro parte e che noi non li lasciamo  da soli. Non vogliamo più celebrazioni, ma un impegno a liberare il passato e a liberarci dalla retorica che ci porta a celebrare in morte ciò che si è omesso in vita. Siamo scesi in strada, nei tribunali per alcune situazioni insieme a loro e continueremo a farlo”. 

Il fenomeno mafioso sarebbe già debellato, se non ci fosse il coinvolgimento tra mafia, corruzione e politica.

Dopo 170 anni continuiamo a parlare di mafia, mentre la politica in questi tempi ne parla molto poco.

Ecco perché è urgente anche per noi cambiare passo.

Ecco perché è urgente cambiare paradigma, alzare lo sguardo verso una visione più ampia dove la criminalità organizzata è una parte di un sistema economico, finanziario e politico dove il più forte vince e il più debole subisce.

Così ci troviamo di fronte anche nel nostro paese a leggi rigorose verso i poveri e ad armi spuntate verso chi corrompe, è ricco, potente.

Siamo chiamati a un salto di qualità, ad avere una visione dell’impegno in Libera come un impegno politico, a fare nostre le forme di lotta alle disuguaglianze sociali, a fare nostre le rivendicazioni per i diritti negati, aggiornando gli strumenti del nostro operare con le parole, le azioni e i fatti, mai abdicando ai nostri principi che sono scritti nella Costituzione e che sono la luce accesa che illumina il nostro cammino.

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link