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L’arresto del boss Dritan Gjika nel quadro del narcotraffico mondiale

Matteo Armelloni il . Droga, Forze dell'Ordine, Giustizia, Internazionale, Mafie, SIcurezza

Lo scorso 26 maggio 2025 potrebbe entrare nella storia dell’Ecuador e, forse, segnare un elemento di chiarezza nella lotta al narcotraffico mondiale.

Questa nostra ipotesi deriva dal fatto che, in questa data, è stato arrestato dall’INTERPOL Dritan Gjika, il quale si trovava da tempo nella città di Abu Dhabi.

La sua cattura ha realmente un aspetto “storico”, essendo considerato uno dei padrini del traffico internazionale di cocaina, in particolare dall’Ecuador al resto del mondo, e detentore di numerosi segreti

Se come è noto, infatti, negli ultimi anni il paese andino è diventato l’epicentro del mercato internazionale della coca (la definizione è di Nicola Gratteri), quello che, forse, è meno noto, è che il capo mafia arrestato ha forti vincoli con il nostro paese.

Da anni, almeno dieci, invia carichi di frutta “contaminati” anche verso il porto di Gioia Tauro (oltre che in Spagna, Olanda e Belgio) ed ha ottenuto il “capitale” originale per inserirsi e dominare il contesto criminale latinoamericano reinvestendo i proventi dello spaccio di marijuana prodotto dal mercato italiano (le inchieste della DIA hanno appurato questa “linea” d’investimento).

La sua forza ed il suo potere sono tali che è stato collegato direttamente con i circoli più aristocratici dell’economia ecuadoregna, direttamente con la famiglia dell’ex Presidente Guillermo Lasso, il cui cognato, Danilo Carrera, è stato condannato a 10 anni di carcere per associazione illecita, proprio con i clan albanesi.

Quest’indagine (chiamata Gran Padrino) ha avuto poca risonanza in Italia, cosa di cui ancora non mi capacito, dato che ha evidenziato una triangolazione criminale che investe direttamente il nostro territorio. Semplice nella sua “tragicità”. La mafia albanese utilizzava i proventi dello spaccio della marijuana per comprare la coca in Ecuador, che a sua volta reinviava presso il porto calabrese. Il Banco de Guayaquil, della famiglia del Presidente della Repubblica, riciclava il tutto tramite i canali legali, per un giro d’affari che, nel 2021, il CELAC ha calcolato di quasi 3500 milioni di dollari annuali.

Molti conti sono ancora in numerosi paradisi fiscali che nella maggior parte dei casi sono negli Stati Uniti d’America (Florida e Delaware), il cui segreto bancario è inespugnabile, come emerso dell’inchiesta giornalistica del 2021 dell’International Consortium of Investigative Juornalists denominata  Pandora Papers.

La cattura di Dritan Gjika ha creato un contrasto giuridico tra Ecuador e Spagna, in quanto la linea d’indagine principale è partita dal sequestro storico di 13 tonnellate di cocaina presso Algeciras.

Dove dovrà essere estradato? Ad oggi ancora non è chiaro, entrambi lo “richiedono”, ma certo se il boss dovesse decidere di venire a patti con le autorità potrebbe terremotare, con le sue conoscenze, molta parte dell’elite finanziaria ecuadoregna e non solo.

Recentemente, prima di questo arresto, il Presidente della Colombia Petro, in un importante discorso pubblico, aveva denunciato che oggi i veri signori dei “cartelli” non vivono a Medellin o a Bogotà ma negli Emirati Arabi Uniti. Solo una coincidenza?

Se ragioniamo sul fatto che la cocaina che parte da Guayaquil è prodotto nella Valle del Cauca colombiano, forse possiamo immaginare che gli effetti dell’operazione dell’INTERPOL potrebbero estendersi verso terreni della politica del riciclaggio fino ad oggi inpensabili.

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