La Campania non è un “paese” per giornalisti. Luciana Esposito: camorra sempre più presente
Quando dici che la Campania è un territorio complicato pensi alle decine di giornalisti e giornaliste che ogni giorno si ritrovano (perlopiù da soli) a raccontare una regione dove la camorra non è stata sconfitta, seppure colpita. Un tipo di criminalità organizzata che teme e odia i giornalisti, gli scrittori, le voci libere e la storia di Giancarlo Siani ne è stata la prova più evidente, dolorosa, incancellabile.
Quella terra detiene il record di giornalisti sotto scorta, 5 ora diventati 6 con Luciana Esposito. Basta questo a dire che non è un “paese” per giornalisti. Chi lo nega mente. Abbiamo ascoltato la voce della cronista che più di tutti ha raccontato cosa succede a Ponticelli e che da qualche giorno è, appunto, la sesta giornalista cui il Ministero dell’Interno ha attribuito la protezione personale a tutela della sua incolumità.
Ventiquattro giornalisti sotto scorta in Italia, di cui (ora, con te) sei in Campania. Bastano per considerare la Campania un luogo impervio per l’informazione?
I numeri parlano chiaro, unitamente a quelli relativi ai Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose e consegnano l’immagine di una regione in cui la camorra è sempre più presente e rivendica esplicitamente il rispetto delle regole d’oro sulle quali fonda la sua ideologia: omertà e connivenza. Per questo il lavoro dei cronisti risulta scomodo, perché accende un riflettore su quello che la camorra esige che resti nell’ombra. Del resto, in una delle ultime minacce che ho ricevuto, gli esponenti del clan attualmente egemone a Ponticelli rivendicavano proprio questo tipo di discrezione, imponendomi di deporre la penna e smettere di scrivere di loro.
Sei una di pochi giornalisti che insistono sulla scalata dei clan campani fuori dalla Campania, come nelle vere holding. Perché secondo te questo tema non fa (quasi) più notizia?
A mio avviso è il tema “mafia” in generale a non fare più notizia. Lo conferma il fatto che ormai solo le notizie eclatanti riescono a conquistare la ribalta nazionale. Come dimostrano i recenti omicidi di giovanissimi avvenuti a Napoli, solo quelli in grado di evocare una certa fascinazione narrativa hanno trovato spazio nei TG e sui media nazionali, al pari dei dibattiti e dei programmi di approfondimento sul tema che ormai vengono trattati come argomenti di nicchia. Questo ovviamente facilita l’ascesa delle organizzazioni che accantonano pistole e cattive maniere per diventare imprese criminali e al contempo sovraespone a un pericolo prevedibile i pochi giornalisti che se ne occupano che sono quindi facilmente identificabili e diventano bersaglio di querele e minacce, come è accaduto a me. Proprio perché zittire una singola voce viene percepita come un’operazione alla portata di un clan che ha tanti interessi da preservare.
Hai partecipato alla prima missione della Commissione Ue sulla condizione dei giornalisti in Campania, pensi che sia arrivato il momento di un secondo approfondimento?
Sicuramente il confronto è sempre costruttivo, al pari di una rete costituita da persone che possono mettere a disposizione della libertà d’informazione le loro competenze, soprattutto se si pensa a quanto sia peggiorata la situazione in Campania nel giro di pochi anni e non mi riferisco solo alla mia condizione attuale. Sempre più colleghi sono vittime di aggressioni, minacce di vario tipo e la libertà di stampa è palesemente compromessa da molteplici dinamiche.
È stato già detto, ma quanto serve stare accanto ai cronisti di frontiera in Italia?
Più che supportare i cronisti, è fondamentale rilanciarne le inchieste. Non vorrei che la notizia sia “la giornalista Luciana Esposito è sotto scorta”, ma che altri colleghi si adoperino per capire perché mi trovo in questa situazione, andando a rilanciare e approfondire quelle notizie che risultano scomode per chi vorrebbe che Ponticelli resti un quartiere in ostaggio del malaffare. Nell’ultimo mese sono esplose due bombe in aree densamente abitate, ma la notizia non ha trovato spazio su nessun quotidiano. Potrei citare decine di altri episodi che consentono di comprendere quanto sia concitato il clima che si respira nel quartiere e, mi duole doverlo sottolineare, il silenzio della stampa agevola l’ascesa della camorra.
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