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Minori in carceri per adulti? Una nota della Società Italiana di Criminologia

Società Italiana di Criminologia il . Brevi, Carceri, Costituzione, Criminalità, Diritti, Giovani, Giustizia, Politica

La Società Italiana di Criminologia rileva che è stata introdotta nella prassi dei collocamenti dei detenuti minorenni in carcere una rilevante eccezione al principio generale per cui i minori devono essere separati dagli adulti: una nota del Capo del Dipartimento della Giustizia Minorile e di Comunità dello scorso 19 marzo 2025 suggerisce infatti, sfruttando il c.d. “decreto Caivano”, la recente modifica molto afflittiva del sistema della giustizia minorile, di trasferire soggetti detenuti in Istituto Penale Minorile presso Istituti penitenziari per adulti.

La stessa sembra voler tranquillizzare sulle finalità di tali trasferimenti, sottolineandone la natura provvisoria e garantendo il rispetto dei principi fondamentali posti alla base dell’esecuzione penale minorile: la separazione dagli adulti, la gestione da parte di personale non in divisa o comunque afferente al Dipartimento della giustizia minorile e la centralità del trattamento.

Tuttavia, una lettura attenta di tale documento e, più in generale, dei numeri dei minori in istituto penale, e degli accadimenti che caratterizzano l’attuale situazione, non può non mettere in luce il grave vulnus che il sistema penale minorile sta subendo: Istituti Minorili strapieni, e minori e giovani adulti etichettati come soggetti ormai irrecuperabili, per i quali le uniche soluzioni all’incapacità di gestione paiono essere il precoce inserimento negli istituti per adulti, la mancanza di prospettive trattamentali e, più di tutto, la mancanza di ascolto.

Ascolto che potrebbe invece fare la differenza: parlandosi– autori di reato e operatori – potrebbero ragionare su come affrontare le difficoltà di un sistema ormai snaturato rispetto alla primigenia configurazione che l’aveva reso un modello a livello europeo; e questo potrebbe costituire un punto di partenza, comunque in grado di evitare irreversibili (soprattutto dal punto di vista delle conseguenze) spostamenti come quelli adesso progettati.

Il provvedimento citato è ancor meno comprensibile se si considera che l’intransigenza degli adulti verso i più giovani non pare trovare giustificazione in un eclatante aumento delle denunce nei confronti di soggetti minori, come riferito dalle recenti relazioni delle Procure minorili e dal recente rapporto di Antigone.

L’applicazione del decreto Caivano, consentendo di trasferire più facilmente giovani adulti in istituti per adulti sulla base di ritenute difficoltà gestionali di alcuni di essi da parte degli operatori penitenziari, rischia, in definitiva, di dare loro la patente di “cattivi”, di “criminali difficili da gestire”: siamo sicuri che questo sia quello di cui hanno bisogno? Senza scomodare palesi connessioni con le note teorie dell’etichettamento, a noi sembra evidente che attribuire amministrativamente il certificato di “duro” a un ragazzo che sta compiendo un percorso penale crei un concreto ostacolo a ogni sua eventuale decisione di modificare il proprio atteggiamento deviante.

Non stiamo forse rinunciando, con questi interventi, all’idea che questi ragazzi possano davvero cambiare strada? Che il mondo dei giovani stia attraversando un momento particolarmente complesso, dentro e fuori le mura degli Istituti Penali Minorili, pare evidente; cercare una soluzione ricorrendo a un sistema che ha già dimostrato la propria assoluta fallacia, il sistema dell’esecuzione penale degli adulti, costituisce un grave errore.

Si tratta, in sostanza, dell’ennesimo esempio di violazione, in questo momento storico, dell’art. 27 comma III della Costituzione da parte dello Stato italiano: la pena carceraria attuale è contraria al senso di umanità, e tende non alla rieducazione, ma alla neutralizzazione del condannato. Gli operatori del trattamento sono allo sbando, e i suicidi stanno aumentando anche quest’anno al di là di ogni previsione. Un Paese civile non può certo tollerare la violazione dei diritti dei detenuti e anche di chi presta servizio a diverso titolo negli istituti penitenziari. Se collochiamo anche i minori nelle carceri per adulti la situazione peggiorerà ancora: la Società Italiana di Criminologia si oppone fortemente a tale prospettiva, non degna del nostro Paese e delle nostre tradizioni.

Società Italiana di Criminologia

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