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“Italian sounding”, lo stop è necessario

Gian Carlo Caselli, Stefano Masini il . Ambiente, Diritti, Economia, Giustizia, Istituzioni, Politica

Il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del Ministro dell’agricoltura Lollobrigida e del Ministro della giustizia Nordio, un disegno di legge intitolato “Disposizioni sanzionatorie in materia di agricoltura e pesca”.

Esso dà seguito alla risistemazione della normativa in materia agroalimentare avviata dalla Commissione di studio istituita nel 2015 presso il Ministero della Giustizia, di cui i sottoscritti Caselli e Masini facevano parte (rispettivamente come presidente e vicepresidente). Obiettivo della Commissione era una risposta adeguata ai fenomeni di contraffazione e frode, elaborando un diritto penale capace di interpretare le sfide globali del mercato, sempre più influenzate dall’impiego di tecniche di comunicazione a distanza, senza dimenticare il valore aggiunto delle produzioni territoriali.

Il ddl governativo assume tale obiettivo come antidoto contro l’attuale carenza di un sistema sanzionatorio specifico per comportamenti criminosi capaci di causare danni al mercato, alla concorrenza e ai consumatori, sempre più spesso fuorviati nell’acquisto di prodotti che richiamano falsamente la provenienza italiana o imitano gli originali del nostro patrimonio agroalimentare.

In particolare si vuol colpire il cosiddetto “Italian Sounding”, cioè la commercializzazione di prodotti che esteriormente gridano Italia! Italia! con dovizia di bandiere tricolori e scritte inneggianti al gusto o stile italiano, mentre in realtà di italiano non hanno proprio nulla. E non si tratta solo del fenomeno che conosciamo dalle cronache dei giornali: è una faccenda  terribilmente seria, dal momento che l’Italian Sounding ha un giro d’affari di almeno 63 miliardi di euro. Una cifra gigantesca che danneggia il made in Italy anche in termini di valore reputazionale.

Nel ddl si fa poi riferimento a reati finora impuniti e radicati nel malcostume commerciale, in cui il falso è messo a punto da operatori italiani: ad esempio immergendo in formulati di terriccio locale patate provenienti dalla Francia per acquisire l’origine regionale; o importando dalla Cina sementi da orto corrispondenti a varietà tradizionali; o ancora facendo transitare dalla Grecia angurie e meloni rapidamente rietichettati con simboli e colori italiani, acquistando un maggior valore sul mercato con  un vero e proprio “furto di identità”.

Sanzioni ulteriori sono previste per il commercio di alimenti con segni ingannevoli, idonei a indurre in errore il consumatore sulle caratteristiche di origine, provenienza, qualità e quantità, anche attraverso il ricorso a strumenti digitali.

Sono circostanze aggravanti la particolare gravità dei fatti e la recidiva specifica, che possono comportare anche la chiusura temporanea dello stabilimento o dell’esercizio in cui il fatto è stato commesso. Previsti aumenti di pena se i reati di frode riguardano una Dop o una Igp, come in caso di impiego di falsi documenti di trasporto o di false dichiarazioni all’organismo di vigilanza.

Un’importante novità è il reato di “agropirateria”, che ricorre quando gli illeciti di frode sono commessi da soggetti che, pur non facendo parte di vere e proprie associazioni criminali, agiscono attraverso l’allestimento di mezzi e l’avvio di attività penalmente rilevanti in modo continuativo e organizzato.

Sul piano procedurale, tra l’altro, il ddl conferma la necessità di superare le difficoltà di accertamento delle frodi nel settore alimentare assicurando il ricorso alle analisi sperimentali. Modifiche sono previste anche in ambito amministrativo attraverso un aumento delle sanzioni in materia di tracciabilità, pratiche leali di informazione, denominazione dell’alimento, elenco degli ingredienti, indicazione del paese di origine o del luogo di provenienza. Specifiche disposizioni riguardano, ancora, la filiera lattiero-casearia e la pesca, attraverso l’allestimento di un quadro rafforzato di sanzioni amministrative.

Si auspica che il testo approvato in Consiglio dei Ministri possa proseguire l’esame in Parlamento e costituire oggetto di confronto politico e di dibattito scientifico per approfondirne l’analisi conoscitiva, favorendo ancor più l’individuazione di sistemi efficaci di contrasto dei fenomeni che ledono il patrimonio agroalimentare italiano.

Fonte: La Stampa

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